“La fiaccolata immaginata… Ci piace immaginare così la giornata del 25 aprile 1945, giorno dell’insurrezione a Savona. Come se fosse oggi, e come se ci fossero tutti, i vivi insieme ai morti, pronti a manifestare con le fiaccole per via San Lorenzo nella città Medaglia d’oro per la Resistenza.
Sono presenti quindi tutti: i rappresentanti dei “Comitati di Agitazione” di Vado, Savona, della Val Bormida, pronti – in questa calda mattina del ’45 – a liberare la città dai fascisti; ci piace pensare che non fossero stati fucilati nei mesi precedenti. Ci sono anche gli operai dell’Ilva, della Brown Boveri, della Servettaz Basevi, del porto, quelli degli scioperi del ’44: vogliamo supporre per un solo istante che non fossero stati deportati e uccisi a Mauthausen per la sola colpa di aver protestato.
Ci è caro anche poter ritrovare idealmente oggi i partigiani delle montagne sopra la città, quelli della divisione “Gin Bevilacqua”, o i reparti della “Divisione Fumagalli” che, dopo aver rifiutato il giorno prima la proposta di trattativa avanzata dallo Stato Maggiore tedesco, sono pronti ad affrontare in giornata le truppe nazi-fasciste distaccate nel centro cittadino e prossime alla fuga; vogliamo supporre per un momento che avessero saputo superare incolumi i rastrellamenti nazifascisti dell’ultimo inverno.
Non manca davvero nessuno all’appello in questo corteo: c’è Cristoforo Astengo, idealmente scampato insieme a altri antifascisti all’esecuzione alla schiena nell’eccidio di Madonna degli Angeli; c’è Paola Garelli davanti ai fucili del plotone d’esecuzione sotto il muro del Priamar, con in mano la sua lettera alla figlia, parole dure come pietre, che ora sono le nostre: “Mimma cara, la tua mamma se ne va pensandoti ed amandoti. Non devi piangere né vergognarti di me. Quando sarai grande capirai meglio…”. C’è Nello Bovani, c’è Aldo Tambuscio, raffigurati per un momento come sopravvissuti miracolosamente alle raffiche di mitra nell’uliveto di Valloria, di fronte al mare. C’è Ines Negri, che accompagnava i militari disertori della “S. Marco” in montagna per aderire alla Resistenza.
Tutti oggi in via San Lorenzo, le mani dei vivi e dei morti, dei torturati, dei deportati, “con lo stesso impegno” nel tenere alte le fiaccole della loro -della nostra- dignità, nel corteo che passa per il quartiere operaio di Villapiana.
E ci piacerebbe anche immaginare che tutte queste persone, che volontarie si sono adunate “per dignità non per odio”, che non si sono fermate (esattamente tre quarti di secolo fa) fa davanti all’ingiustizia anche a costo della vita, non dovessero idealmente fermarsi oggi per un’altro ‘nemico’, certo senza volontà o intenti, ma che in qualche modo paradossalmente sta generando effetti sociali simili nella nostra comunità. Un nemico subdolo, che colpisce i più deboli, che genera paura, sospetto tra simili e distanziamento sociale. Che ci rinchiude di nuovo soli e timorosi in casa. Il virus.
Passerà. L’anno prossimo saremo di nuovo tutti al nostro posto. La vera immunità di gregge della nostra Repubblica resta sempre quella contro tutti i fascismi”.
Stefano Milano