Celle Ligure. Li chiamavano semplicemente “I Bergamaschi”, i cittadini di Varazze e di Celle Ligure, indicando quel lungo caseggiato bianco addossato alla “Punta dell’Uomo” (o Olmo), e facevano parte del panorama, soprattutto varazzino, che non mancava mai nelle cartoline che i lombardi mandavano agli amici rimasti in città, e che voleva dire, con una punta d’ironia “sem al mar!”.
Parliamo al passato perché tra poco non ci saranno più, scomparsi in una nuvola di polvere e di ricordi. Fantasmi che hanno fatto a modo loro la storia, non solo di Varazze e di Celle, ma della stessa Italia.
Sorti come colonia balneare ed elioterapia per i bimbi scrofolosi del bergamasco, hanno percorso un cammino in accompagnamento con gli eventi militari degli anni ’40, allorché, sospeso il loro ruolo precipuo, vennero utilizzati come ospedale militare per i feriti provenienti dal fronte di guerra greco-albanese, in un primo tempo, ed in seguito da quello russo.
Varazzini e cellesi si recavano allora, specie nei giorni festivi, a portare arance, qualche sigaretta, un dolce fatto con non poca fatica e tanto amore casalingo, a quei ragazzi colpiti nel fisico (tanti con gravi congelamenti) e nello spirito, che parlavano dialetti diversi, ma tutti accomunati dallo stesso crudele destino. Nacquero amicizie e anche amori.
L’oratorio Salesiano di Varazze fu sempre presente con la sua efficiente “Filodrammatica”, ma anche altri complessi di “Arte varia”, come si chiamavano allora, operarono con canti e intermezzi comici, sul palco allestito dalle maestranze del Cantiere Baglietto, su iniziativa del dott. Giuseppe Massone, allora Ufficiale Medico, insieme ai dottori Tega, Chieffi, Montanaro, eccetera.
Fu un caldo e significativo abbraccio fraterno di due città a tanti giovani in cura e convalescenza, in un momento tragico, che lasciò ricordi indelebili.
Dopo l’8 settembre 1943, altra pagina per “I Bergamaschi”, diventato campo di concentramento, soprattutto per i famigliari dei giovani di leva datisi alla macchia, molti dei quali passati nelle file partigiane.
Tralasciamo dettagli che il tempo ha ormai giudicato, per soffermarci ancora su quelle cartoline che mostravano il golfo di Varazze con il “cappello bergamasco”. Al suo posto sorgeranno nuovi edifici, belli, lussuosi, nella ruota del tempo che non si ferma e guarda, necessariamente, avanti.
Rimangono, tra i sassi delle sue scogliere, le grida festose dei bambini che si rigeneravano al nostro mare e al nostro sole. Rimangono tante altre storie, tragiche e umane.
Il nostro sguardo, oggi, è però rivolto ai Bergamaschi, in supporto e conforto a quella comunità di un territorio così duramente colpito dal Coronavirus.
Passerà anche questa, cari amici. La vostra tempra ha solide fondamenta come quelle che per lunghi anni hanno sostenuto la “Colonia Bergamasca” da voi costruita per il bene di tanti bimbi, che non vi hanno dimenticato.