Liguria del gusto

Il brandacujun, dal 1400 un simbolo della Liguria a tavola

"Liguria del gusto e quant'altro" è la rubrica gastronomica di IVG, ogni lunedì e venerdì

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La buridda di stoccafisso è uno dei simboli della Liguria del gusto. Ma, con gli stessi elementi, patate, stoccafisso (ma, in questo caso, anche baccalà, merluzzo conservato sotto sale anzichè essiccato dal vento delle Isole Lofoten, Norvegia fredda, nel Mare del Nord), olio extravergine, olive taggiasche e aglio di Vessalico può diventare un altro piatto, famoso, ricercato, buono come antipasto accompagnato da crostini, ottimo come secondo o piatto unico (dipende sempre dalle porzioni): il brandacujun, il “branda” per gli amici.

In Liguria arriva attorno al 1400, i commercianti genovesi e norvegesi, lo sbarcavano a Genova e a Porto Maurizio, all’epoca importante porto sotto il dominio genovese. Dalla Riviera lo si porta, lungo le vie del sale, verso il Piemonte, ma conquista anche il gusto dei liguri. Si conserva a lungo, occupa poco spazio. Ottimo alimento per i marinai, calorico ed economico. Ma anche per chi rimane a casa, per i liguri il mare è una via di comunicazione, non una risorsa (tolte le acciughe) per sfamarsi.

Per almeno tre secoli lo si mangia così, bollito, magari con erbe aromatiche, poi, inizio ‘800, Parmentier “sdogana” le patate, arrivate in Europa dal Nuovo Mondo, ma guardate, al pari del pomodoro, con sospetto, tuberi velenosi… L’incontro è una esplosione di amorosi sensi… Nasce, probabilmente su un veliero, il brandacujun. Si fa bollire lo stoccafisso, lo si raccoglie e, nella sua acqua, si fanno bollire le patate sino a farle diventare morbide. Si scolano, si uniscono, in una grande pentola, la stessa della bollitura, patate e stoccafisso, si “annega” nell’olio di oliva, si aggiunge aglio tagliato fine, olive. E poi? Si “branda”, dal provenzale “brandade”, scuotere, per amalgamare (senza farlo diventare crema) patate e stocco.

E il volgare cujun? Due le scuole di pensiero. Il pentolone va sbattuto, forse da un “mozzo”, insultato in dialetto, forse, più probabile, perchè lo sbattimento, fatto da un uomo, fa picchiare inevitabilmente il pentolone in zone mai battute dal sole… Il vino? Nessun dubbio, Ormeasco sciac-tra, un rosato che non ha nulla da invidiare alla Provenza.

“Liguria del gusto e quant’altro” è il titolo di questa rubrica curata da noi, Elisa (alla scrittura) e Stefano (alle ricerche), per raccontare i gusti, i sapori, le ricette e i protagonisti della storia enogastronomica della Liguria. Una rubrica come ce ne sono tante, si potrà obiettare. Vero, ma diversa perché cercheremo di proporre non solo personaggi, locali e ricette di moda ma anche le particolarità, le curiosità, quello che, insomma, nutre non solo il corpo ma anche la mente con frammenti di passato, di cultura materiale, di sapori che si tramandano da generazioni. Pillole di gusto per palati ligustici, ogni lunedì e venerdì: clicca qui per leggere tutti gli articoli.

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