Il 28 e 29 aprile

Coronavirus, bar e ristoranti scendono in piazza: “No a ripartenza che ci consegni al fallimento”

Cartelli di protesta alla mano, saranno riconsegnate le chiavi dei locali ai sindaci: tante adesioni anche a Savona

Risorgiamo Italia

Savona. “Siamo stanchi e ci sentiamo abbandonati. Paghiamo tasse su tasse e nessuno si è ancora preoccupato di quello che dirci cosa succederà con gli affitti e le utenze. Siamo chiusi da due mesi e non possiamo spendere altri soldi. Il fatto che ci autorizzino a riaprire non significa che saremo in condizioni di farlo. Quindi diciamo no ad una modalità di riapertura che ci porterà a fallimento sicuro”. È questa la motivazione, figlia dell’emergenza Covid-19 e della imminente Fase 2, che ha spinto diversi esponenti del mondo della ristorazione nazionale a dire “basta” e a scendere in piazza.

È nata così “Risorgiamo Italia”, manifestazione di protesta organizzata dai movimenti di imprenditori del mondo HO.RE.CA e dei Locali di Pubblico Spettacolo uniti per la prima volta nella storia del settore. La protesta si svolgerà in tutto lo stivale, con modalità analoghe, nelle giornate del 28 e 29 aprile. In particolare, martedì 28 aprile alle 21 le luci delle insegne delle attività si accenderanno simbolicamente per l’ultima sera. Il 29 aprile, invece, si terrà la vera e propria manifestazione di piazza.

Per quanto riguarda Savona, i gestori di bar e ristoranti si ritroveranno alle 10 in piazza Sisto, davanti al municipio, con cartelli dal messaggio eloquente (“Io non posso riaprire”) ed in mano le chiavi delle loro attività. I mazzi (ovviamente simbolici) saranno lasciati a terra, in segno di protesta. Tutti, ovviamente, indosseranno mascherine, guanti e manterranno la distanza di sicurezza, dando vita ad una manifestazione “pacifica e non politica. Perché in questo momento la politica non ci interessa”. In tutta Italia saranno idealmente riconsegnate ai sindaci di ogni Comune chiedendo di “rovesciarle sui tavoli del Governo”. 

Nella nota, diffusa dagli organizzatori a livello nazionale, si legge: “Le probabili misure che lo stato prenderà per l’eventuale riapertura di ristoranti, bar, pizzerie, pasticcerie, discoteche e lidi balneari sono insostenibili per la gestione ordinaria di un locale e insopportabili economicamente. Ecco perché il 29 aprile, la mattina dopo aver acceso per la ultima volta le luci, gli imprenditori andranno davanti ai loro comuni a consegnare le chiavi dei propri locali. Sebbene loro vogliano fortemente aprire e tornare al proprio lavoro, oggi non ci sono i presupposti economici per poterlo fare”.

“In sintesi ci stanno chiedendo di aprire con gli stessi costi, se non più di prima della emergenza epidemiologica, con una previsione di incassi nella migliore delle ipotesi pari al 30% sull’anno precedente”.

La federazione M.I.O raccoglie le realtà, nate i primi di marzo, per chiedere, ancora prima del decreto Conte dell’11 marzo, la chiusura dei loro locali per la tutela della salute dei clienti, dei dipendenti e della propria. Questi gruppi sono apartitici e slegati dalle associazioni di categoria, alle quali non vogliono sostituirsi ma esserne eventualmente la base popolare, raccogliendo il sentimento di chi ha dedicato e dedica la vita alla propria attività.

I portavoce della federazione nazionale dichiarano: “Al ristorante, in un locale notturno, al bar si va sicuramente per mangiare o per bere qualcosa di buono ma soprattutto per vivere un’esperienza di socialità, di convivialità che con le misure previste dal governo andranno perse del tutto. Siamo piccoli imprenditori, e le nostre attività, spesso familiari, sono state tramandate di generazione in generazione con enormi sacrifici. Lavoriamo 7 giorni su 7 insieme ai nostri dipendenti, con i quali abbiamo un rapporto che va oltre il professionale. Sia chiaro che non cerchiamo assistenzialismo: le misure previste per l’eventuale riapertura di maggio, se non collegate a tutele economiche, quali cassa integrazione fino a Dicembre 2020 e moratoria sugli affitti e sulle utenze, ci costringeranno a licenziare, se non a chiudere del tutto, le nostre attività. Come possiamo mantenere gli stessi costi di una situazione di normalità sapendo che i nostri locali saranno a produttivi al massimo al 30%?”

In Italia, il fatturato prodotto dal mondo Ho.re.ca è di 87 miliardi (secondo l’osservatorio nazionale distributori HO.RE.CA 2018/2019) con circa 500.000 attività commerciali che impiegano circa 1.500.000 dipendenti incluso l’indotto di forniture e servizi: “Si prevede purtroppo che un locale su due dovrà chiudere o ancora peggio verrà ceduto a pochi euro a chi magari vuole riciclare denaro sporco. Il sostegno della collettività è necessario nell’interesse comune ed è impensabile immaginare una società in cui crolli l’attività produttiva della piccola impresa ma resti tutto invariato per la componente politica, amministrativa e burocratica: se falliscono queste attività, le conseguenze coinvolgeranno tutti”.

M.I.O (Movimento Imprese Ospitalità) sta studiando un protocollo Haccp da proporre al presidente Conte e chiede che “nella task force dell’emergenza governativa ci sia una delegazione del Movimento per illustrare le reali necessità e incongruenze che ci sono nei decreti attuali. Chi meglio di chi fa questo lavoro può rappresentare istanze e necessità di un settore?”

Concludono i portavoce: “Ristoranti, bar, pizzerie, locali da ballo ed il settore del turismo sono le attività che mandano avanti il nostro Paese e in questo momento, ahimè, le più penalizzate. Se lo Stato non interviene immediatamente, con gli adeguati strumenti rischiamo di perdere il patrimonio economico più importante del nostro Paese. Per questo con la manifestazione del 28 aprile, oltre ad un segno di protesta, il Movimento Imprese Ospitalità indice la giornata nazionale dell’universo HO.RE.CA con la speranza, che il prossimo anno, in questa data, potremmo tutti scendere in piazza per celebrare la rinascita, il risorgere di una categoria che rischia con il suo indotto di scomparire ma che grazie alla sua coesione, forza e unione ha resistito e potrà celebrare questa vittoria.”

Ecco le sigle di associazioni e gruppi spontanei nati sui social, confluite nella federazione nazionale di imprenditori della ristorazione M.I.O (Movimento Imprese Ospitalità), Treviso Imprese Unite, Comitato Ho.re.ca Milano, Rinascita Pubblici Esercizi Rimini, Ristoratori Emilia Romagna, Allarme Italia Liguria, Ristoratori Toscana, Ho.re.ca Umbria Uniti, Consorzio Foligno InCentro, RistorItalia Marche, Associazione Pizzaiuoli Napoletani, Brand Partenopei Uniti , Io Non Apro, Associazione Commercianti per Salerno, Gruppo Avellino, Movimento Impresa Puglia, Associazione operatori turistici Porto Cesareo, Associazione Ristoratori Trapanesi, Carboni Attivi Sicilia, Comitato Ho.re.ca Nord Sardegna-Alghero ed il gruppo nazionale di Ho.Re.Ca Unita e l’Associazione GPN che aderiscono alla manifestazione (in ordine geografico da nord a sud) per un numero stimato di circa 75.000 imprese.

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