È veramente una delle eccellenze della Liguria. Assieme alla zucchina trombetta, al pomodoro cuore di bue e il carciofo spinoso è uno dei quattro moschettieri della Piana di Albenga: stiamo parlando dell’asparago violetto, protagonista di pranzi di stato (è stato più volte nei menù del Quirinale, compreso il pranzo per la Regina Elisabetta, qualche decina di anni or sono), presidio Slow Food e imperatore dell’agricoltura ligure, per la sua bontà, certamente, ma anche per l’abilità che serve alla sua coltivazione.
Oggi, con meno produzione, l’asparago violetto è utilizzato dagli chef stellati, compreso quel Mauro Colagreco, tre stelle Michelin a Mentone, che ogni settimana, in stagione, riceve dall’azienda Sardo di San Fedele d’Albenga, mazzi di asparagi. Ed ecco, che proprio da Sardi, ieri mattina, ha fatto la sua apparizione il primo asparago del 2020 (almeno nella sua azienda).
Il suo colore strano non dipende dalla tecnica di coltivazione, ma è legato al suo patrimonio genetico: possiede 40 cromosomi anziché 20 come tutti gli altri asparagi, e questo fatto ne garantisce la purezza. Il Violetto, infatti, non può incrociarsi con altre varietà (i figli sarebbero sterili) e quindi non può imbastardirsi. Hanno provato a brevettarlo e coltivarlo in California, Nuova Zelanda, Australia ma, niente, il Violetto si trova bene solo nella Piana grazie al profondo strato sabbioso e limoso e al microclima. Eppure, in Liguria, questa varietà, che negli anni Trenta del Novecento era coltivata su più di 300 ettari è quasi completamente abbandonata.
La coltivazione del Violetto è completamente manuale e la raccolta avviene da metà marzo (non a caso è chiamato la verdura di San Giuseppe, perchè si inizia a raccoglierlo il 19 marzo) a metà giugno, il 24, San Giovanni per l’esattezza. Un tempo, per anticiparne la raccolta, si scaldava il terreno con il cascame del cotone (scarto dei cotonifici della Piana, un tempo famosa per la produzione di cotone), impregnato d’acqua, che a volte prendevano fuoco per l’azione del sole. Le preparazioni più adatte a questo asparago morbido e burroso (e senza la fibrosità dei colleghi) sono quelle che ne esaltano la delicatezza. Lessati poco, con l’aggiunta di olio, offrono profumi e sapori inimitabili, ma sono ottimi anche crudi.
“Liguria del gusto e quant’altro” è il titolo di questa rubrica curata da noi, Elisa (alla scrittura) e Stefano (alle ricerche), per raccontare i gusti, i sapori, le ricette e i protagonisti della storia enogastronomica della Liguria. Una rubrica come ce ne sono tante, si potrà obiettare. Vero, ma diversa perché cercheremo di proporre non solo personaggi, locali e ricette di moda ma anche le particolarità, le curiosità, quello che, insomma, nutre non solo il corpo ma anche la mente con frammenti di passato, di cultura materiale, di sapori che si tramandano da generazioni. Pillole di gusto per palati ligustici, ogni lunedì e venerdì: clicca qui per leggere tutti gli articoli.