Coronavirus

Decessi al Trincheri, in un documento l’ammissione del direttore sanitario: “Quanti morti per Coronavirus? I numeri suggeriscono tutti”

Istituto e Comune hanno parlato di “un caso accertato”, “forse due”: una lettera al personale fa emergere un’altra verità

Esclusiva IVG Trincheri

Albenga. “Non posso dimostrare quanti possano o meno essere deceduti per infezione da virus. I numeri ci potrebbero suggerire ‘tutti’”. È questa la clamorosa verità (e non è la sola) contenuta nella lettera firmata da Lucio Porcu, direttore sanitario dell’Istituto Domenico Trincheri di Albenga, finito nell’occhio del ciclone dopo l’inchiesta di IVG.it sulle oltre 20 morti (nel weekend si sarebbero aggiunti ulteriori decessi ai 18 comunicati lo scorso 28 marzo) avvenute a cavallo tra fine febbraio e i primi di marzo.

La nostra redazione, pur mantenendone anonime le identità, ma non senza verificare il ruolo degli intervistati, ha riportato tre diversi interventi da parte di altrettanti membri del personale, spaventati dall’alto numero dei decessi e dalla convinzione che “gli organi ufficiali non stessero dicendo la verità sulla situazione e sulle cause delle morti”.

Abbiamo dato spazio a tutti, al personale, ma anche alle repliche del presidente dell’Istituto Trincheri e al Comune di Albenga, che hanno parlato rispettivamente di due e di un solo caso accertato di infezione da Covid, smentendo anche le notizie su possibili contagi tra i lavoratori.

Va precisato, però, che, oltre ai lavoratori, negli ultimi giorni ci hanno contattato anche diversi famigliari degli ospiti della struttura. La cosa curiosa è che, solo nella giornata di ieri, le telefonate sono state tre e tutte relative al presunto, unico caso accertato. Tre famiglie diverse, la stessa versione: parente deceduto, con conferma diagnostica di positività al Covid-19. E la medesima domanda: ‘Quell’unico caso è lui/lei?”.

Ma, nonostante questo, abbiamo comunque voluto raccogliere tutte le voci dei vari interlocutori nella speranza, in questo modo, di far luce sul reale stato delle cose. Ma ciò che ne è emerso è stato un quadro ancora più confuso, con versioni rimaste contrastanti. 

A noi, però, lo “spaccato” della situazione era già stato presentato con dovizia di particolari lo scorso 27 marzo. E non a voce. Come? Con un documento ufficiale e dai contenuti fortissimi che, fino ad oggi, avevamo preferito non pubblicare ma che, alla luce degli ultimi sviluppi, riteniamo doveroso fare.

Si tratta di una lettera inviata ai lavoratori e firmata dal direttore sanitario della struttura Lucio Porcu. La cosa incredibile oltre ai contenuti? Il fatto che la missiva rechi proprio la data del 27 marzo (venerdì), quando il primo pezzo della nostra inchiesta è uscito addirittura il giorno successivo, il 28 marzo. Ma, nonostante questo, nelle comunicazioni ufficiali pervenute dopo il primo articolo non abbiamo mai trovato traccia di quanto invece è contenuto nella lettera.

Di seguito vi riportiamo integralmente il documento, che fa comprendere il dramma vissuto all’interno della struttura e racconta una realtà ben diversa da quella riportata nei comunicati ufficiali pubblicati sino ad ora.

Non ci è stato permesso di eseguire tamponi né analisi per individuare i casi positivi e isolarli. Le spiegazioni che vengono date dall’ASL sono: ‘manca il reagente’, ‘sarebbe inutile perché i negativi potrebbero positivizzarsi comunque’. La malattia non presenta sintomi comprensibili in anticipo utile rispetto alla morte, che permettano di isolare per tempo di chi ne è affetto. All’inizio non avevamo neppure uno spazio dove isolare qualcuno”.

“Soprattutto, non abbiamo farmaci. La terapia antibiotica è stata sempre intrapresa con solerzia, forse in certi casi ha permesso di evitare una polmonite; nella maggioranza dei casi non è servita, ma non abbiamo nulla di utile; è un virus, non un batterio”.

“A diversi pazienti ho fatto somministrare Plaquenil, che mi ero procurato prima della razzia da parte degli ospedali, di fatto ottenendo la terapia che oggi si dà in medicina interna per i Covid positivi. Il problema è che la maggioranza delle morti non è stata anticipata da sintomi manifesti nei giorni precedenti (febbre, tosse, diarrea, dispnea). I sintomi per lo più si manifestano a ridosso della morte”.

Gli ospedali ci rimandano indietro gli ospiti che inviamo. Vi prego di leggere le indicazioni di Alisa dateci oggi, per comprendere quanto disorientati e inutili siano, in questo momento; l’unico suggerimento proposto è il lavaggio delle mani e i DPI che già utilizziamo”.

“Sono dell’opinione che molti assistiti stiano rinunciando a vivere perché allontanati dagli affetti e confinati in camera. Non posso dimostrare quanti possano o meno essere deceduti per infezione da virus. I numeri ci potrebbero suggerire ‘tutti’. Tuttavia, ci sono troppe persone che si rifiutano di mangiare e di bere. Stiamo sopperendo con fleboterapia, ma questo peggiora di sicuro le possibilità di sopravvivenza”.

“Sono come voi del tutto frustrato e impotente di fronte a tutto questo. Sono in prima linea con chi di voi ha deciso di continuare ad assistere i malati, così come la direttrice: non siamo mancati un solo giorno al vostro fianco”.

Cartello Trincheri Coronavirus

A posteriori, sembra scontato pensare a ciò che si sarebbe potuto fare per prevenire ovvero chiudere gli accessi prima, impedire gli ingressi (ricordiamo che il Trincheri ha chiuso le visite lo scorso 5 marzo, n.d.R.) certamente diventa lezione per prossimi eventi, ma la progressione dei provvedimenti è stata coerente anche e soprattutto con quanto indicato dalle istituzioni e dall’Asl”.

“Vi ringrazio (rivolto alle lavoratrici, n.d.R.) per quanto fate ogni giorno: è immenso e riconosco ogni difficoltà cui siete sottoposte. Prego che Dio ve ne renda merito e prego perché questa situazione si auto-limiti al più presto”.

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