Parla il killer

Omicidio Ballesio, Massari in aula: “Deborah mi ha rubato il futuro, non fatemi passare per un mostro” fotogallery video

"Mi sono costituito solo perché ho saputo di aver ferito una bambina di 3 anni. Su di me tante falsità"

Foto Massari

Savona. “Non ho ucciso una persona per gelosia, ho ucciso Deborah perché mi ha rubato il futuro. Quando qualcuno ti porta via tutto è come se ti avesse ucciso. E non mi sono costituito perché ‘braccato’, ma solo perché ho saputo di aver ferito una bambina. In questi mesi su di me si sono dette un sacco di menzogne, si è parlato di violenza e maltrattamenti… condannatemi per quello che ho fatto, è giusto, ma non fatemi passare per un mostro“.

E’ un fiume in piena Domenico “Mimmo” Massari, ossia l’uomo di 54 anni che lo scorso 13 luglio 2019 ha ucciso la ex compagna Deborah Ballesio ai bagni Aquario di via Nizza a Savona. Il killer, questa mattina, chiamato a deporre in tribunale, ha letto una lunga lettera in cui ha accusato i media di aver spesso riportato verità distorte (una rabbia che lo ha spinto anche a non autorizzare fotografie in aula da parte dei giornali) e ha precisato la sua versione dell’accaduto, le ragioni che lo hanno spinto a compiere l’omicidio e gli stati d’animo che lo hanno guidato.

“Ho conosciuto Deborah nel 2013, a un raduno di moto – racconta – Nei sei mesi prima di sposarci mi aveva raccontato che a 15 anni aveva fatto la spogliarellista e che sognava di aprire un locale di lap dance. Io l’ho aperto con i miei soldi: era mio, ma l’ho intestato a lei perché non potevo comparire avendo un debito di 600 mila euro con Equitalia. Nel locale ho investito circa 400 mila euro, tutti in contanti perché frutto anche del traffico di stupefacenti”.

I problemi, però, sono nati quasi subito: “Durante i lavori di ristrutturazione le forze dell’ordine non mi hanno lasciato entrare nel locale anche se io mi limitavo ad aiutare a portare via la spazzatura. E anche una volta a regime non potevo entrare nel locale perché, diceva Deborah, i carabinieri non volevano: sosteneva avessero il timore che potessi proseguire lì ‘i miei traffici’. Poi ho capito che non era vero, che era tutto studiato a tavolino da lei e sua madre“.

A quel punto sono nati i primi contrasti. Sempre, ha ribadito più volte Massari, di natura squisitamente economica e non sentimentale: “Quando l’ho minacciata di bruciare il locale volevo solo i miei soldi, di lei non mi importava più. Hanno scritto che ho bruciato la casa di lei ma non è vero, l’ho soltanto allagata. Avrei potuto ucciderla prima ma a me di lei non importava nulla, volevo solo i miei soldi”.

Dopo il rogo del night Follia di Altare Massari è finito in carcere: “Ho fatto 3 anni di galera solo per aver bruciato un night, a farmi rimanere sereno era solo sapere della mia ‘pensione’ sotterrata – ricorda – Ma quando sono andato a Plodio a prendere i soldi che avevo nascosto non c’erano più e il terreno era pieno di buche, tutto scavato. Quando ho visto le arbanelle vuote sono caduto nello sconforto, in una crisi depressiva. Pensavo agli anni passati in galera credendo di potermi poi rifare una vita… Nel 2013 stavo bene, cinque anni dopo ero stato in galera e mi ritrovavo a 54 anni senza più nulla“.

Un omicidio, quindi, dovuto solo alla rabbia e alla disperazione per quei soldi scomparsi. “I giornalisti hanno detto un sacco di menzogne, pensando solo a vendere copie – tuona Massari – parlando di abusi e maltrattamenti solo per farmi sembrare un mostro. Hanno scritto che avevo 19 denunce e non era vero (un errore da parte dei media confermato in aula anche dal pubblico ministero, ndr). A nessuno è interessata la verità, in Italia tutti lanciano la pietra e nascondono il braccio. Lo hanno definito ‘femminicidio’, ma se fossimo stati due uomini sarebbe finita allo stesso modo. Non ho mai fatto male a una donna, mai”.

Anche sulle ragioni per cui si è costituito Massari ha voluto fare chiarezza: “Nei mesi prima dell’omicidio la figlia della mia ‘figlioccia’ Giulia è stata la mia unica ragione di vita. Le davo il latte, la accudivo come un padre. Quando ho avvicinato il giovane automobilista mi ha chiesto se ero ‘lo zio di Beatrice’… sapeva cosa avevo fatto e si capiva che aveva paura. Ma quando mi ha raccontato che nell’omicidio avevo ferito una bambina di tre anni la cosa mi ha colpito al punto che ho deciso di costituirmi, chiedendogli così di portarmi a Sanremo”.

Senza quel dettaglio, ha chiarito l’assassino, non avrebbe avuto problemi a nascondersi: “Da ragazzo, dai 12 ai 18 anni, ho preso frustate. A 16 vivevo a spiaggia e ho conosciuto la droga. Ho avuto una vita in cui me la dovevo cavare. Io sono un solitario, fin dalla tenera età: ho sempre fatto tutto da solo senza mai chiedere aiuto a nessuno. Quindi non avrei avuto problemi a vivere nei boschi o in montagna e a nascondermi. Hanno detto che mi sono costituito perché ‘ero braccato’: non è vero, l’ho fatto solo pensando a quella bambina”.

Nel corso della mattinata, di fronte ai giudici Marco Canepa e Francesco Giannone e ai giudici popolari, è stata sentita anche Giulia Costantini, l’amica che gli ha offerto ospitalità nei mesi precedenti all’omicidio una volta uscito dal carcere. “Era triste, taciturno e arrabbiato nei confronti dell’ex compagna – ha ricordato – mi ha spiegato che non aveva soldi ma che non aveva bisogno di nulla. In un anno non si è mai potuto comprare niente, nemmeno vestiti: gli unici capi nuovi glieli ha regalati mia mamma. Mi ha aiutato con la bambina, si prendeva cura di lei”. Dal cellulare della donna risulta, mesi prima dell’omicidio, una telefonata di 15 secondi alla vittima: “Non lo sapevo, lo scopro ora. Massari non aveva un telefono suo”.

La discussione si terrà il 9 marzo alle ore 9.30, mentre la sentenza è attesa per il 24 marzo.

Corte d'Assise savona

LA RICOSTRUZIONE. Massari uccise la donna, che in quel momento stava cantando al karaoke, con sei colpi di pistola, tra cui uno (quello fatale) alla testa. Al killer sono contestati diversi reati: oltre a quello di omicidio volontario aggravato ci sono anche quelli di lesioni personali volontarie (per il ferimento di una bimba di 3 anni e di due donne che erano presenti nel locale dove è avvenuto l’omicidio), ricettazione di arma (la Smith & Wesson 357 Magnum con cui ha ucciso Deborah Ballesio), porto e detenzione abusiva di arma da sparo, sequestro di persona (per aver costretto, minacciandolo, un automobilista ad accompagnarlo nel carcere di Sanremo dove si è costituito) e porto abusivo di coltello. Un quadro accusatorio decisamente grave di cui l’uomo deve rispondere davanti alla Corte d’Assise di Savona.

Sul movente del terribile omicidio, già davanti al pubblico ministero Massari (nelle immagini qui sopra il giorno del suo primo interrogatorioaveva voluto precisare che le ragioni del gesto erano esclusivamente economiche e non passionali. “Ho fatto giustizia alla mia persona” aveva detto l’uomo, che aveva investito un’ingente somma per comprare il locale “Follia” di Altare (quello a cui poi aveva dato fuoco nel ad agosto 2015) alla ex compagna. Ma ci sarebbe stata anche un’altra somma che, secondo il racconto del killer, lui aveva nascosto e non aveva più trovato una volta uscito dal carcere.

Denaro che, questa la convinzione dell’ex compagno di Deborah Ballesio, era stato preso proprio dalla donna. Per questo, nel maggio del 2018, una volta uscito dal carcere (dove aveva scontato la pena patteggiata per il rogo del locale, maltrattamenti e stalking) lui l’aveva cercata, ma lei non aveva risposto al telefono. Fino a quando non è scattata la vendetta.

Le immagini all’Aquario subito dopo l’omicidio

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