Nera-mente

“C’era una volta… A Hollywood”: l’eccidio di Cielo Drive e il riscatto di Quentin Tarantino alle sue vittime

"Nera-Mente" è la rubrica di Alice, appassionata di criminologia

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In caso non aveste visto il film “C’era una volta a…Hollywood” e abbiate intenzione di farlo, non leggete l’articolo. Contiene spoiler.

Difficile non aver sentito mai parlare di Charles Manson. Considerato uno degli assassini più spietati e pericolosi della storia. Nato nel 1934 in Ohio. Abbandonato dal padre ancora prima di nascere, la madre, all’epoca del parto sedicenne, viveva di espedienti e si prostituiva. Pericoloso soprattutto per la sua capacità di manipolazione mentale, appresa in carcere, dove, insieme ai riformatori, passò la maggior parte della sua vita, fino al rilascio all’età di trent’anni. All’inizio della detenzione, Manson, che era piccolo e debole, subì violenze e stupri, poi iniziò a praticarli lui stesso. Durante gli anni di prigionia imparò anche varie tecniche di vendita, di persuasione, studiò le religioni ed entrò in contatto con adepti di Scientology. Uscito dal carcere nella primavera del 1967, iniziò ad adescare ragazze in difficoltà, farci sesso e poi convincerle a unirsi al suo gruppo, che con il tempo divenne una vera e propria setta. In quel periodo, a San Francisco, Manson trovò terreno fertile per i suoi interessi. Ci troviamo infatti negli anni della “Summer of love”, durante i quali migliaia di giovani affluivano nella città californiana in cerca di pace, amore e libertà. Molti di questi ragazzi erano adolescenti, spesso scappati di casa, spaesati, senza fissa dimora e denaro. Le vittime ideali per Manson, che alle sue naturali doti di manipolatore unì le tecniche imparate in carcere per spacciarsi come santone, guru o addirittura profeta. Nel giro di poco tempo, proclamando a gran voce l’amore libero, si creò un vero e proprio harem, costituito però anche da ragazzi, che venivano reclutati dalle femmine del gruppo. Nell’autunno successivo, Manson si trasferì con la “Famiglia” nello Spawn Movie Ranch, a Los Angeles: un luogo dall’ambientazione western, in passato rinomato per essere stato luogo di serie tv e film western, in quel momento ormai semiabbandonato. Il ranch era di proprietà di George Spahn, un uomo anziano, cieco e malato, che fu persuaso da Manson a far vivere lì la famiglia in cambio di prestazioni sessuali di almeno una delle ragazze.

La vita al ranch era così organizzata: la mattina le ragazze andavano in giro a mendicare ed elemosinare cibo. Al pomeriggio avvenivano sessioni di LSD, che spesso sfociavano in orge, durante le quali Manson vaneggiava riguardo all’essere la reincarnazione di Gesù Cristo, con tanto di missioni salvifiche non ben definite. Lui era il capo assoluto e misogino e le altre persone obbedivano ad ogni suo ordine.

Ma anche i personaggi più cattivi hanno un’autostima che, se colpita, può provocare dei grandi tumulti, purtroppo non solo interiori. Il signor Manson, infatti, sognava di diventare un musicista e riuscì ad ottenere degli incontri (spesso in cambio di prestazioni sessuali da parte delle ragazze della Famiglia) con diversi produttori, mai andati a buon fine. Il suo sogno venne poi definitivamente infranto dopo essere stato ascoltato dal produttore influente Terry Melcher, figlio dell’attrice Doris Day. Melcher, che viveva a Beverly Hills, al numero 10050 di Cielo Drive, gli fece capire senza tanti mezzi termini che non era fatto per la musica.
Come se non bastasse, la Famiglia viveva di stenti. Manson si era indebitato con alcuni spacciatori, che uccise con l’aiuto dei suoi seguaci, uno dei quali fu prima sequestrato al ranch.

Manson ordinò di spostare il cadavere e cercò di far credere che la Famiglia fosse estranea ai fatti. Uno dei suoi “discepoli” fu però arrestato e Manson decise, per scagionarlo (ed evitare che confessasse, accusando quindi anche lui) di ordinare altri omicidi con simili modalità, così che la polizia pensasse di aver arrestato la persona sbagliata. Decise che gli omicidi si sarebbero dovuti compiere “nel modo più brutale possibile”, nella notte tra l’8 e il 9 agosto proprio lì, al 10050 di Cielo Drive.
A quell’indirizzo però, e questo sembra che Manson lo sapesse, da alcuni mesi non abitava più il produttore che aveva infranto il suo sogno, ma vi si erano trasferiti il famoso regista polacco Roman Polanski, acclamatissimo per aver diretto “Rosemary’s Baby”, con la giovane e bellissima moglie, l’attrice e modella Sharon Tate, incinta di otto mesi. Una coppia innamorata e famosa, facente parte dell’elitè di Hollywood.

L’ECCIDIO DI CIELO DRIVE
In quella notte tristemente nota, la Tate, che aveva ventisei anni, si trovava al 10050 di Cielo Drive. Polanski era partito per l’Europa per girare un film, ma si era accertato che tre amici rimanessero in casa con la moglie per accudirla e farle compagnia. Si trattava dell’ ex fidanzato di lei, Jay Sebring , trentacinquenne che era diventato molto amico di Polanski, un noto parrucchiere di Hollywood , Wojciech Frykowski , di trentadue anni e la sua fidanzata, Abigail Folger , venticinquenne.
Poco dopo la mezzanotte, quattro membri della Famiglia (un uomo e tre donne ) si recarono nella vecchia casa di Melcher. Per prima cosa uccisero con quattro colpi di pistola Steven Parent, un ragazzo di diciotto anni che si trovava da quelle parti più o meno per caso, dopo avergli reciso i tendini di una mano con un coltello. Poi, dopo aver tagliato i fili della luce, entrarono nella villa, legarono e minacciarono i quattro occupanti e poi li uccisero, tutti in maniera tremendamente brutale. Per ultima Tate, con sedici coltellate, nonostante supplicasse di tenerla come ostaggio fino al momento della nascita del suo bambino. Infine intrisero i muri di scritte volgari, con il sangue della donna, e se ne andarono.

I membri della Famiglia furono arrestati tutti ad ottobre, incluso Charles Manson, condannato alla pena di morte, commutata poi in ergastolo per l’abolizione della stessa, che successivamente era subentrata in California. Manson morì in carcere di infarto nel 2017. Gli omicidi di cui si macchiò sono ancora oggi una ferita aperta nella memoria degli americani.

Ma fortunatamente il mondo del cinema, come quello della scrittura, tutto può. Ed è così che Quentin Tarantino, il famoso regista di film indimenticabili come “Le Iene” e “Pulp Fiction”, con il suo ultimo “C’era una volta….A Hollywood” ha voluto riscattare la memoria delle vittime di cielo Drive, in particolare di Sharon Tate, icona da lui molto amata.

Leonardo Di Caprio e Brad Pitt sono i due attori principali di questo film in cui, con ritmi un po’ particolari tipici del regista ma in maniera molto fedele, Tarantino ci riporta nelle ambientazioni e nel periodo in cui si svolsero i fatti.

Di Caprio veste i panni di Rick Dalton, un famoso attore in preda alla paura del declino, accompagnato da un fedele amico nonché sua controfigura, Cliff Booth, interpretato da Brad Pitt. Rick Dalton abita a Cielo Drive, proprio vicino alla coppia Polanski-Tate (quest’ultima è l’attrice Margot Robbie).

Nell’epilogo finale sarà proprio Cliff, capace di mosse fisiche impossibili anche solo da immaginare per la maggior parte delle persone, sotto l’effetto di una sigaretta bagnata nell’LSD e con l’aiuto del suo fedele e addestrato grosso cane, ad uccidere violentemente i quattro componenti della Famiglia, entrati nella loro abitazione anziché in quella di Polanski, con lo stesso intento di sterminare con modus atroci.

In un commuovente finale, con gli adepti della Famiglia messi ko e gli abitanti di casa Dalton in salvo, Sharon Tate, con toni preoccupati, chiede attraverso il citofono a quest’ultimo “State tutti bene?”.

Così la fantasia geniale di Quentin Tarantino, con l’aiuto di un cast eccezionale ha dato, anche se non definitivamente, un po’ di sollievo a questa brutta ferita che mai si potrà chiudere.

“Nera-mente” è una rubrica in cui parleremo di crimini e non solo, scritta da Alice, studentessa ed aspirante criminologa: clicca qui per leggere tutti gli articoli

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