Trattativa

Autostrade, Anas pronta a gestirle ma con garanzie: si pensa allo “scudo penale”

Allo studio una clausola che escluda responsabilità dei dirigenti in caso di nuovi crolli

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Liguria. Sulla tabella di marcia siamo in netto ritardo, ma la strada è segnata: a gestire i circa 3mila chilometri di rete autostradale attualmente affidata ad Aspi sarà in pratica lo Stato, sotto le insegne di Anas. Probabilmente non accadrà subito e non sarà così semplice. Eppure le conferme arrivano non solo dal decreto Milleproroghe, che la prevede come soluzione d’emergenza fino alla gara per trovare un nuovo concessionario, ma anche da fonti interne alla società pubblica che ritengono l’operazione non solo fattibile ma già avviata.

L’ultimo episodio sulla A26 ha reso la questione ancora più rovente. L’argomento, da quanto trapela, non è stato ancora affrontato in consiglio d’amministrazione, ma i vertici e il Governo ci stanno lavorando da mesi. A preoccupare non sarebbe tanto l’aspetto finanziario, visto che Anas gestisce già 30mila chilometri di strade e avrebbe le entrate dei pedaggi a copertura dei nuovi investimenti, quanto invece i rischi legati alle manutenzioni. Tanto che si profila sempre più chiaramente l’ipotesi di uno scudo penale sul modello dell’ex Ilva: una clausola che escluda responsabilità imputabili ai dirigenti in caso di incidenti riconducibili a inadempienze degli attuali gestori.

Sarebbe questo, insomma, il vero nodo da sciogliere prima di formalizzare il passaggio. D’altra parte il Governo ha tutto l’interesse a temporeggiare. La società Autostrade, convocata d’urgenza dal ministero dopo il crollo a Masone, ha promesso controlli su tutte le gallerie entro due mesi. Per gli interventi più urgenti sui viadotti sono già pronti 370 milioni, soldi che altrimenti dovrebbe spendere il futuro gestore della rete. Alcuni cantieri sono già partiti. Togliere la concessione proprio adesso vorrebbe dire correre ulteriori rischi per la sicurezza quando invece si può ancora approfittare della capacità finanziaria di Atlantia.

La trattativa gravita più che mai intorno alla Liguria. Anzitutto perché i fattori scatenanti sono concentrati in questo territorio: il crollo di ponte Morandi, l’inchiesta sui falsi report e le manutenzioni dei viadotti e adesso anche l’allarme gallerie. Ma non solo. È genovese infatti l’attuale presidente di Anas, Claudio Andrea Gemme, già manager di Fincantieri e indicato come possibile commissario alla ricostruzione prima delle nomina di Marco Bucci. Poi è sul nuovo viadotto Polcevera che l’ente si sta giocando una delle sfide più delicate, quella dei collaudi tecnici da cui dipende almeno in parte la data di consegna del ponte. Inoltre ci sono due concessioni prossime alla scadenza, quella della A12 tra Sestri Levante e la Toscana e la A10 tra Savona e Ventimiglia, entrambe del gruppo Gavio. L’uscita di Autostrade sarebbe quindi l’occasione per mettere mano a tutto il sistema.

Ma visti i fatti di cronaca recente, e tenuto conto dell’incertezza legata all’integrazione col comparto ferroviario, in Anas nessuno vuole rischiare guai con la magistratura. E quindi sul tavolo ci sarà anzitutto la “manleva” pronta da firmare come conditio sine qua non per sobbarcarsi gli oneri di gestione. Un meccanismo simile a quello che aveva ottenuto ArcelorMittal prima di acquisire le acciaierie. Nella peggiore delle ipotesi, cosa succederebbe se crollasse un altro viadotto dopo la fine del rapporto con Autostrade? Un pensiero che toglierebbe il sonno a qualunque futuro concessionario. Il problema andrà quindi affrontato in ogni caso, anche qualora – e non è detto che la strada debba essere questa – venisse bandita una gara per individuare un altro gestore privato.

Tre gli strumenti in mano al premier Giuseppe Conte per mettere Aspi fuori dai giochi: revoca, decadenza o recesso. Le differenze sono notevoli e non riguardano solo le eventuali penali da versare ai Benetton. “L’obiettivo è decidere entro fine anno”, dichiarava a Genova il sottosegretario Roberto Traversi a inizio dicembre, annunciando la stretta finale sul dossier. Come prevedibile il 2019 si è chiuso con la questione ancora sul tavolo. Ma la svolta potrebbe essere vicina.

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