Cultura e turismo

Borgio Verezzi lancia un nuovo sito archeologico: ecco il progetto

"Alle origini delle nostre borgate. La riscoperta del Castellaro di Verezzi" è il titolo dell'iniziativa

Borgio Verezzi lancia un nuovo sito archeologico grazie alla valorizzazione del Castellaro di Verezzi, un progetto promosso dal Comune e sostenuto dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Liguria e dal Museo Archeologico di Finale Ligure.

“Alle origini delle nostre borgate. La riscoperta del Castellaro di Verezzi” è il titolo dell’iniziativa.

Il sito del Castellaro di Verezzi si presenta attualmente in totale stato di abbandono, semisepolto dalla vegetazione, dalla quale affiorano numerose e possenti strutture murarie. Ad oggi non esiste un rilievo delle strutture, né tanto meno esse sono mai state oggetto di specifica lettura stratigrafica delle murature per individuare le diverse fasi di costruzione ed effettuare un inquadramento cronologico relativo.

Peraltro, pur essendo stata verificata la presenza di deposito archeologico, non sono mai stati effettuati scavi sistematici che permetterebbero di reperire in maniera ordinata reperti con relativa distribuzione spaziale, di ricavare informazioni sul paesaggio antico e l’economia di sussistenza sulla base di resti archeobotanici e datazioni assolute per un più corretto e preciso inquadramento cronologico.

Gli obiettivi del progetto sono: tutela e valorizzazione del sito e una indagine conoscitiva del sito medesimo. “Una iniziativa davvero importante, di rilevanza culturale e di richiamo turistico” afferma Daniele Arobba, direttore del Museo Archeologico del Finale.

Il progetto, della durata di due anni, prevede diverse fasi, per la tutela del sito: pulizia del sottobosco dell’area del sito archeologico; apertura di un sentiero di accesso al sito archeologico; rilievo georeferenziato delle strutture archeologiche.

Per la valorizzazione del sito: realizzazione di segnaletica direzionale e pannelli illustrativi; promozione del sito archeologico (dépliant, web, social network); organizzazione di attività di fruizione dell’area.

Altra fase operativa l’indagine conoscitiva del sito: survey sistematico di superficie e l’individuazione di aree per l’esecuzione di saggi archeologici.

“Dal progetto ci aspettiamo una migliore conoscenza del sito archeologico attraverso una precisa perimetrazione e il rilievo delle strutture appartenenti alle diverse fasi storiche (castellaro dell’età dei Metalli; torre di età storica; ecc.), oltre ad una maggiore tutela del sito attraverso la sensibilizzazione della popolazione affinché sia consapevole del patrimonio presente e ne diventi “custode”. Infine una valorizzazione del sito archeologico attraverso un sistema di fruizione costante indirizzata sia agli abitanti, sia al settore turistico, sia alle scolaresche, con l’organizzazione di visite guidate e libere – supportate da apposita pannellistica – e la pubblicazione di un dépliant e di una guida cartacea da presentarsi in occasione di una giornata di studio dedicata al Castellaro di Verezzi” sottolinea Andrea De Pascale, conservatore del Museo Archeologico del Finale.

STORIA E ORIGINI:
Dalle fonti antiche, in particolare da Tito Livio in merito alla narrazione delle guerre tra Romani e Liguri, sappiamo che il sistema d’insediamento dei Liguri preromani era composto da castella – quelli che oggi chiamiamo “castellari” – i vici (villaggi) e centri maggiori definiti oppida.

Nella seconda metà del secolo scorso Nino Lamboglia avviò nel Ponente ligure alcune ricerche in merito e definì “castellari” una serie di siti posti in altura, in posizioni naturalmente difese, ulteriormente protetti da strutture murarie in pietre a secco di una certa consistenza. A seguito dell’ampliamento delle ricerche su questa tipologia di abitati protostorici il termine “castellaro” è stato impiegato anche per indicare insediamenti d’altura privi di strutture di fortificazione.

Allo stato attuale delle ricerche sono noti in Liguria circa cinquanta “castellari”, molti ubicati nella provincia d’Imperia, alcuni nel Levante ma il fenomeno dei siti d’altura e delle strutture murarie protostoriche non può essere considerato come conosciuto in maniera del tutto esauriente.

Nel Finalese e nelle aree limitrofe sono ad oggi conosciuti almeno tre siti arroccati risalenti a diverse fasi dell’età del Bronzo: Sant’Antonino di Perti, caratterizzato da strutture di terrazzamento a scopo abitativo con reperti risalenti a circa 1500-900 a.C., Bric Reseghe, che presenta un grande muro interpretato come elemento di fortificazione impiegato durante l’età del Bronzo recente (1350-1200 a.C.) e Castellari di Loano che conserva invece strutture fortemente erose e ha restituito frammenti ceramici riferibili all’età del Bronzo antico e medio (circa 1600-1350 a.C.).

Per la successiva età del Ferro è parzialmente documentato il cosiddetto “Villaggio delle Anime”, ubicato sulla Rocca di Perti a circa 397 m di quota, dove furono messi in luce muri a secco destinati a ottenere superfici piane per l’insediamento costituito da strutture rettangolari anch’esse in pietre a secco identificate come basi di capanne che dovevano avere gli alzati in materiali deperibili (legno, frasche, pelli). I materiali archeologici rinvenuti provano una frequentazione di questo ultimo sito dal IX agli inizi del IV a.C.

Altro insediamento arroccato dell’età del Ferro si trova in località Rocca delle Fene, sulla sommità del Monte Trabocchetto alle spalle dell’abitato di Pietra Ligure. Resti di un muro di cinta in pietre a secco e strutture di abitato, tra cui buche per palo, muri a secco, acciottolati e un silos granario, sono stati datati all’VIII-VII sec. a.C.

A questi contesti si deve aggiungere il Castellaro di Verezzi, finora praticamente mai indagato. Il sito venne per la prima volta segnalato nell’aprile del 1967 dal Gruppo Ricerche del Museo Archeologico del Finale e fu oggetto di sporadiche raccolte di superficie di alcuni reperti affioranti nel terreno. Solo alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso la Soprintendenza effettuò due piccoli saggi per verificare la presenza di deposito archeologico, che venne accertata, portando al recupero di numerosi frammenti ceramici genericamente inquadrati tra le ultime fasi dell’età del Bronzo e l’età del Ferro. Agli inizi degli anni Duemila, una ricerca di superficie, ha portato al recupero in punti di erosione di diversi frammenti ceramici riferiti alle ultime fasi dell’età del Ferro (VI-III secolo a.C.) e ad un paio di frammenti d’ansa di anfore e un frammento di ceramica a vernice nera che attesterebbero una frequentazione dell’area anche in epoca successiva, per lo meno fino all’età romana repubblicana.

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