Liguria del gusto

Gli esperimenti di Fausto De Andreis, dal Pigato “troppo alcolico” a quello “Senzatempo”

"Liguria del gusto e quant'altro" è la rubrica gastronomica di IVG, ogni lunedì e venerdì

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Lo conosciamo da trent’anni e forse qualche cosa in più. Un anarchico, testardo, “rustegu”, ma anche generoso e amicale vignaiolo e cantiniere che corrisponde al nome di Fausto De Andreis, cantina Le Rocche del Gatto a Cisano sul Neva, Ciamboschi, al confine con Albenga. Nei primi anni ’90 facemmo assieme una battaglia (coinvolgendo Mario Fazio, all’epoca presidente di Italia Nostra) per scongiurare la devastazione di una parte importante di Piana di Albenga da parte di uno scellerato (e poi ritirato) progetto di spostamento a monte della Ferrovia. Negli stessi anni lui fece una battaglia contro la burocrazia del vino. Erano i primi anni della Doc a Pigato e Vermentino, il suo Pigato era più alcolico di quanto previsto dal Disciplinare, e lui anzichè “correggere” in cantina la gradazione sbattè la porta in faccia alla commissione e mise in commercio il suo “non pigato” con il nome di “Spigau”. Un successo.

“Semplicemente non mi andava di fare dei vini diversi da quelli che facevano i nostri padri e i nostri nonni. La tecnologia, anche in cantina, è utile, ma non deve stravolgere i gusti, i profumi, i sentori. Vengo dall’elettronica, non sono certo un luddista, ma il vino è storia, tradizione, territorio, lavoro sapienziale. Ero tornato da Torino, dove lavoravo come elettronico, dopo la morte di mio padre, prendendo in mano l’azienda agricola e la cantina. Sarebbe stato un tradimento fare il vino in modo diverso”, racconta.

Accanto allo Spigau, oggi, a 30 anni di distanza, in cantina ci sono pigati e vermentini Doc, rossese ed ormeasco. Ma… Il ma è chiaro: ci sono vini, bianchi e rossi, vecchi anche 13, 15 anni e, grazie ai gradi, sono ancora molto, molto interessanti. Certo, al naso gli idrocarburi si sentono eccome, il pompelmo è forte, la frutta rossa si mischia alla bianca anche nel pigato… La verticale, limitata per via dell’ora della visita (le 11 del mattino), ha portato nel bicchiere pigati del 2015, 2016 e un 2011 di grande struttura, capace di abbinamenti anche con carni rosse. Il vermentino, poi, è capace di dare grandi emozioni in tutte le annate assaggiate. Chiusura con un ormeasco del 2006, tannico, caldo, emozionante. Ho assaggiato anche un goccio di Oltre, un “intruglio” (in senso più che buono) che ricorda i sentori dell’Armagnac, fatto con un blend di pigati invecchiati.

La lista dei vini, Doc o non Doc, con nomi immaginifici (ma quello che conta sono le date, qualcuno è del 2006… ma tranquilli, Fausto, non luddista, è stato tra i primi a usare i tappi sintetici…), è lunghissima, dipendono dalle annate, dalla fantasia di Fausto, dagli esperimenti. Per i rossi (lo confesso, sono curioso per la granaccia) mi sono ripromesso una seconda visita nei prossimi giorni. Anche perchè i vini migliori Fausto, un tempo anche floricoltore, li custodisce in una grande e suggestiva serra, “sono fior fiore di vini”, commenta ironico.

Due le novità che Fausto ha presentato a Sestri Levante al “Revolution wine”: il Senzatempo, un pigato del 2011, veramente di nicchia, per intenditori, e il …..intin, un vermentino invecchiato di grande struttura, capace di essere abbinato a piatti di grande gusto come carni grigliate.

“Liguria del gusto e quant’altro” è il titolo di questa rubrica curata da noi, Elisa (alla scrittura) e Stefano (alle ricerche), per raccontare i gusti, i sapori, le ricette e i protagonisti della storia enogastronomica della Liguria. Una rubrica come ce ne sono tante, si potrà obiettare. Vero, ma diversa perché cercheremo di proporre non solo personaggi, locali e ricette di moda ma anche le particolarità, le curiosità, quello che, insomma, nutre non solo il corpo ma anche la mente con frammenti di passato, di cultura materiale, di sapori che si tramandano da generazioni. Pillole di gusto per palati ligustici, ogni lunedì e venerdì: clicca qui per leggere tutti gli articoli.

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