Causa

Diocesi Savona, nessun accordo con le presunte vittime di Nello Giraudo

Le cinque persone che hanno denunciato abusi chiedevano in totale quasi 5 milioni di euro, ma per la Curia "non ci sono prove"

Cattedrale Savona
Foto d'archivio

Savona. Niente accordo tra la diocesi di Savona e le cinque persone che avevano chiesto un risarcimento per presunti abusi subiti dall’ex sacerdote Nello Giraudo. Secondo la diocesi, infatti, non ci sarebbero prove delle violenze subite. Senza contare che i fatti risalgono a più di 30 anni fa e quindi, per legge, sono prescritti.

A darne notizia è Francesco Zanardi, portavoce della Rete L’Abuso. “Nel giugno scorso – racconta – dopo un tentativo di conciliazione avanzato da cinque vittime di pedofilia e concluso con una proposta indecente del vescovo di Savona Calogero Marino, che avrebbe voluto indennizzarle per le violenze subite con l’istituzione di un numero verde gestito dalla diocesi, che non avrebbe neppure dato l’opportunità alle vittime di avere un’occupazione, gli avvocati della Rete L’Abuso Elena Peruzzini e Francesca Rosso, hanno citato in giudizio la diocesi savonese”.

La citazione si riferisce al caso del sacerdote Nello Giraudo e ai presunti abusi da lui commessi, secondo l’accusa, con il favoreggiamento dei vescovi, dal 1980 al 2000 circa (anche se l’ultimo episodio risale al 2005 ma in questo caso la vittima sarebbe già stata risarcita nel 2012, dopo che Giraudo patteggiò una condanna a un anno e sei mesi per le molestie inflitte al giovane scout, all’epoca dei fatti quindicenne). Respingendo la possibilità di un risarcimento extragiudiziale (di poco inferiore ai 5 milioni la cifra totale richiesta), la Diocesi e lo stesso Giraudo hanno deciso di costituirsi in giudizio: il 15 novembre la prima udienza nel tribunale savonese.

“Dall’indagine della procura di Savona condotta dal pubblico ministero Giovanni Battista Ferro – racconta Zanardi – emerse che le coperture della chiesa a tutela del sacerdote iniziavano nel 1980, lo stesso anno in cui don Giraudo prende i voti e quando una mamma di Valleggia, denuncia all’allora vescovo di Savona Giulio Sanguineti, molestie sessuali sul proprio figlio. In un batter d’occhio Giraudo viene spostato, a soli 15 km da Valleggia a Spotorno, in una parrocchia ancor più gremita di minori, dove produrrà altre vittime. Negli anni novanta, oltre che in diocesi, anche a Spotorno, le tendenze pedofile del Giraudo erano diventate di dominio pubblico, al punto tale che la stessa parrocchia e il nuovo vescovo, Dante Lafranconi, visti i precedenti del prete, ben catalogati negli archivi diocesani, ritenne di doverlo trasferire in un’altra parrocchia. Lo nominò parroco di un piccolo paesino sulle alture di Finale Ligure (SV), Orco Feglino, lontano da occhi indiscreti, dove con la benedizione dello stesso vescovo che lo aveva trasferito, aprì una comunità per minorenni in difficoltà nella quale per circa un decennio proseguì indisturbato la sua missione pastorale in alternanza con le sue perversioni”.

“L’atteggiamento – prosegue Zanardi – dell’allora vescovo di Savona, Dante Lafranconi, non passò in’osservato agli inquirenti, che nel 2012 ne chiesero il rinvio a giudizio dal quale però, il Lafranconi si salvò grazie alla prescrizione, alla quale, per suo diritto e soprattutto volendo chiarire la propria posizione, avrebbe potuto rinunciare. Ma non lo fece”.

Il Giudice del tribunale di Savona Fiorenza Giorgi, sulla base della documentazione emersa dalle indagini della procura, se pur costretta ad archiviare in quanto il reato era estinto, lo fece con parole durissime nei confronti dell’allora vescovo: “La disposta archiviazione nulla toglie alla pesantezza della situazione palesata dalle espletate indagini dalle quali è emerso come la estrema gravità delle condotte criminose del Giraudo non fosse stata per nulla considerata; dai documenti, perfettamente in linea con l’atteggiamento omissivo del Lafranconi, risulta – è triste dirlo – come la sola preoccupazione dei vertici della Curia fosse quella di salvaguardare l’immagine della diocesi piuttosto che la salute fisica e psichica dei minori che erano affidati ai sacerdoti della medesima e come principalmente (per non dire unicamente) per tale ragione l’allora vescovo di Savona non aveva esercitato il suo potere-dovere di controllo sui sacerdoti e di protezione dei fedeli. Altrettanto triste è osservare come, a fronte della preoccupazione per la “fragilità” e la “solitudine” del Giraudo e il sollievo per il fatto che “nulla è trapelato sui giornali”, nessuna espressione di rammarico risulta dai documenti agli atti a favore degli innocenti fanciulli affidati alle cure del sacerdote e rimasti vittime delle sue “attenzioni“.

“Dopo la citazione in giudizio depositata dai legali della Rete L’Abuso, passati i tempi tecnici durante i quali – chiarisce Zanardi – soprattutto sulla base dei proclami del pontefice, ci si aspettava una concreta ed onesta presa di posizione delle diocesi, proprio a consolidamento dei proclami, arriva la conferma che almeno a Savona, la linea resta quella negazionista ed irresponsabile, già consolidata dai predecessori del vescovo Calogero Marino. Per quanto riguarda il difensore del sacerdote Nello Giraudo (l’avvocato Marco Russo) verrebbero messi in dubbio gli abusi perpetrati dal suo assistito e ma sosterrebbe che quanto affermato dal gip Fiorenza Giorgi nel decreto di archiviazione per il favoreggiamento alla pedofilia dell’ex vescovo Lafranconi, nello specifico caso non siano supportate da alcun elemento di prova. Ancor più incredibile la posizione della diocesi, che non solo non ha alcuna intenzione di risarcire il dovuto alle cinque vittime, ma il vescovo Caloggero Marino, quasi non rendendosi conto, o forse facendo finta, lamenta di non essere stato lui vescovo all’epoca, ignorando di essere nominato in quella citazione non come responsabile dell’accaduto, ma semplicemente in quanto Ordinario in carica, della diocesi savonese”.

Zanardi è un fiume in piena: “Ad irritare ulteriormente – tuona – è la farsa, il colpo gobbo che la diocesi ha messo in atto per manipolare i fedeli, nel tentativo di voltare questa lunga e tanto vergognosa pagina di chiesa savonese. Apprendiamo infatti che il 19 prossimo, naturalmente a Savona, la diocesi ha organizzato un incontro nel quale, nel tentativo di rassicurare chi ancora manda i propri figli incoscientemente in parrocchia, sul fatto che la CEI abbia messo in atto delle linee guida a tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Linee guida con le quali la chiesa dà a intendere che prevede una tutela per i minori, che poi in realtà non è volta a loro, ma semplicemente ad auto tutelarsi da eventuali ‘incidenti’, a fronte dei quali però, come nel caso savonese e non solo, non provvede ad assumersi alcuna responsabilità o sostegno per le eventuali vittime, rinnegandole come in questo caso”.

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