Il caso

Offerte di lavoro, attenzione agli annunci “truffa”: il racconto di un 22enne savonese

Diverse aziende dello stesso settore attirano candidati ai colloqui con inserzioni ambigue o non veritiere

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Savona. “Lascio l’automobile nel parcheggio delle Officine di via Stalingrado. Prendo il sottopasso verso via Nizza e svolto a sinistra in via Saredo. Vicino ho il lungomare delle Fornaci, a due passi dalla spiaggia. La salsedine di prima mattina è un tagliente olezzo. A fianco ho un ristorante indiano, dirimpetto un bistrot giapponese. Ho 22 anni. Sono un giovane impiegato al suo primo giorno di lavoro. L’estate è stata lunga e produttiva. Durante il periodo autunnale cerco un impiego saltuario”.

Inizia così il racconto di un giovane 22enne savonese, che ha voluto denunciare, rendendo pubblico il suo caso, alcuni annunci di lavoro che lui stesso definisce a dir poco “truffaldini”… Alcune aziende, infatti, sempre più spesso attirano candidati ai colloqui con inserzioni ambigue o non veritiere rispetto alla reale mansione indicata.

Ed ecco il perché: “Al civico dell’ufficio non c’è nessuna insegna. Solo una targa; sembrerebbe trovarsi una vecchia sede dell’Unità. Mi piace pensare di essere stato scelto per aver inserito nel curriculum (non letto dalla referente in fase di colloquio) una mia sporadica collaborazione col giornale de il Fatto Quotidiano. In realtà è solo una lastra commemorativa, come in verità l’occupazione non è impiegatizia o di assistenza nel punto vendita come letto sull’annuncio qualche giorno addietro, ma una vendita porta a porta”.

“Spinto dalla curiosità non declino, voglio capirci meglio. Inizia il mio giorno di “prova”;. Otto ore addonanti non retribuite, senza alcun pre-contratto. Mi ritrovo s’una macchina, con altre quattro persone. Si parte alla volta della Val Bormida. Rientrati alla sera il referente mi chiede quali siano a mio avviso i pro e i contro. Resto sul vago. In risposta si congratula con me: sono assunto. Mi dà appuntamento al giorno seguente. Rispondo che sarò disponibile a partire dalla settimana successiva. Nessun documento chiestomi. La bozza del contratto? Quando verrà stilata, mi chiedo” prosegue il racconto del 22 enne.

“Mi presento dunque dopo una chiamata al mattino della settimana seguente, come concordato. Inizio a fare pratica d’approccio col cliente, simulando una situazione. Fin lì è tutto nella norma. Senonché poco dopo una ragazza accende uno stereo e mette musica a palla. Inizio a sentirmi un po’ a disagio, sembrano i crismi di una setta. Ho tutto chiaro, ma non voglio sottrarmi. Subentra l'”indole del reporter”, del voler documentare. Risalgo sulla macchina, diretto verso una nuova mèta vagante. Alla sera spiegherò che non fa per me”.

“Un lavoro porta a porta, per certi versi anacronistico nell’era del digitale, se fatto onestamente può comunque risultare dignitoso come qualsiasi altro mestiere. Il punto è sul raggiro: non si può proporre una occupazione diversa, una mansione da ufficio e di assistenza al cliente presso la sede del punto vendita, provando ad attirare in maniera truffaldina nella rete il più alto numero di interessati” spiega ancora il giovane savonese.

“Creare false aspettative, facendo leva sulla disoccupazione e sulla necessità delle persone, perlopiù giovani, alla ricerca di uno stipendio, intente a fare le prime esperienze o mantenersi gli studi”.

Ma il suo non è un caso isolato, a quanto sembra: “Ho parlato con una ragazza distinta, arrivata da La Spezia per il colloquio. “Sì è fatto un giro a Savona” – ho scherzato beffardo col padre che l’ha accompagnata. E come lei altre decine e decine, provenienti dalle disparate zone della provincia o da fuori, pagandosi il biglietto del treno, la benzina (come ha fatto il sottoscritto), perdendo magari una intera giornata”.

“In media, da quanto potuto apprendere, sarebbero circa cinque o sei le persone a presentarsi ogni giorno. Progressivamente smaltite e concentrate in un unico giorno, al mercoledì, onde limitare lamentele e cattive recensioni” conclude il 22enne savonese.

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