Savona. Questa notte intorno alle 24 un detenuto italiano, I.C., 53enne savonese, in attesa di giudizio per maltrattamenti, si è tolto la vita impiccandosi nella propria cella al primo piano del carcere di Genova Marassi. Il personale di servizio è prontamente intervenuto praticando le operazioni di massaggio cardiaco e poi inviandolo in ospedale, ma di lì a poco è avvenuto il decesso.
L’uomo era stato arrestato a fine luglio a Savona per aver minacciato la convivente di darle fuoco con la benzina. La relazione era iniziata ad agosto 2018 e, pur costellata di problemi (secondo quanto riferito più volte l’uomo aveva spintonato violentemente la compagna contro mobili o stipiti di porte, causandole lividi e piccole ferite), era proseguita tra alti e bassi fino a questa estate, quando la donna dopo l’ennesimo gesto violento lo aveva allontanato da casa. L’uomo, che aveva problemi di dipendenza dall’alcool e precedenti penali (a febbraio era stato arrestato per tentato omicidio), a quel punto aveva trovato riparo in una cantina di via Milano, eletta ad abitazione di fortuna. Infine l’epilogo: il 26 luglio si era recato a casa di lei chiedendo di entrare e, di fronte al rifiuto della donna, aveva iniziato a picchiare violentemente sulla porta minacciando appunto la ex compagna di darle fuoco. “Vado a comprare una tanica di benzina e ti brucio”, le avrebbe urlato. A quel punto la vittima si era finalmente decisa a chiamare la polizia: l’uomo si era allontanato ma era stato rintracciato e arrestato poco dopo nei pressi della cantina in cui viveva.
Ad annunciarne la morte è Fabio Pagani, segretario regionale della Uilpa Penitenziari: “A causa del reato commesso aveva problemi con altri detenuti – racconta – Di nuovo un’auto-soppressione nelle carceri italiane che conferma l’alta media dall’inizio dell’anno, più di uno alla settimana. Ancor peggio di un bollettino di guerra”.
Si tratta del secondo suicidio nel carcere di Marassi dall’inizio dell’anno: “Un dramma del quale nessuno deve fare finta di nulla. Marassi è noto per il suo teatro, ma di drammi, di eventi critici, di condizioni di vita indecorosi nel quale solo la Polizia Penitenziaria è presente. Non conosciamo le cause che hanno indotto all’insano gesto, ma di fatto esiste un disinteresse alle condizioni di vita della popolazione detenuta a Marassi che è discutibile sin dai dati numerici con 730 detenuti il 57 per cento sono stranieri, che devono che devono convivere in spazi per 525 posti, un quadro penitenziario, quello di Marassi che si rappresenta con il 33 per cento di detenuti tossicodipendenti, il che significa problemi di varia natura, dalle crisi di astinenza alla richiesta di appositi farmaci e assistenza medica e paramedica, di eventi critici ormai quotidiani che spaziano (dati primo semestre 2019) dai quasi 100 atti di autolesionismo, già un suicidio, 73 colluttazioni e 40 ferimenti, un decesso per cause naturali e, quello che è come Sappe Liguria denunciamo con fermezza, le continue aggressioni che subisce la polizia penitenziaria all’interno degli istituti della Liguria e a Marassi in modo particolare. E a tutto questo tuona il silenzio dell’amministrazione che punta il dito verso il poliziotto di turno che, da solo, senza strumenti, senza aiuti deve barcamenarsi nel marasma di Marassi”.
Aggiunge Donato Capece, segretario generale del Sappe: “Abbiamo segnalato al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di Roma le significative disfunzioni e inconvenienti che riflettono sulla sicurezza e sulla operatività della casa circondariale di marassi e del personale di polizia penitenziaria che vi lavora con professionalità, abnegazione e umanità nonostante una grave carenza di organico ed una organizzazione del lavoro assolutamente precaria e fatiscente. Tutto questo a parere del Sappe conferma con chiarezza come la gestione e l’organizzazione della casa circondariale di Genova sono decisamente deficitarie per cui occorre che le autorità ministeriali intervengano con la massima sollecitudine, con una ispezione interna e con l’avvicendamento del direttore e del comandante del reparto di polizia penitenziaria, che evidentemente non sono in grado di fare fronte alle costanti e quotidiane criticità”.
“Ed infatti – conclude Lorenzo del Sappe Liguria – poco più di un anno fa la direzione di Marassi si è resa parte attiva con l’assessore regionale alla sanità di un protocollo sul ‘rischio suicidario’ ma ancora nulla si sa, a distanza di quasi un anno dalla sua introduzione, sulle modalità attuative di tale protocollo. Ed allora le responsabilità di chi sono?”