“Accadde ad uno/ di alzare il velo della dea di Sais./ Ma cosa vide? Egli vide/ – meraviglia delle meraviglie – se stesso” scrive Novalis nel racconto “I discepoli di Sais”. Probabilmente alla fine del XVIII secolo il concetto poteva ancora sembrare complesso a molti, eppure è presente, coi dovuti distinguo, in una leggenda orientale spesso riconoscibile in alcuni miti mediterranei che affonda le proprie radici in secoli ben più arcaici.
Si narra che un giorno, nel tempo in cui ancora il tempo non era tale, gli dei vennero convocati dal Sommo Padre per discutere una delicata questione. Una volta sedutisi attorno al “Tavolo delle deliberazioni” il Sommo si guardò attorno esigendo silenzio e attenzione, il momento si fece solenne e così parlò: “Miei figli, signori dell’Universo, è giunto il momento di punire l’uomo per la sua tracotanza, non conosce più il rispetto, ha rinunciato alla dignità di se stesso, si perde in banalità superficiali e litiga con i suoi simili per motivi sciocchi. Da tempi ormai lontani non solleva più lo sguardo al cielo, come una stupida gallina si osserva le mani e le scambia per artigli. È nostro dovere punirlo nella speranza che impari la lezione e torni a pensarsi per ciò che è.” Nel più rispettoso silenzio gli dei ascoltavano la voce profonda del Sommo Padre che, pensoso, aveva abbassato il capo. Fu il suo figlio prediletto, il Signore del vento, che osò interrogarlo: “Sommo Padre, fonte di saggezza, tutti noi condividiamo il tuo pensiero, allora dicci come intendi punire lo stolto umano”. La voce del Primo Dio si fece roca, forse consapevole della gravità della sua decisione, ma il suo amore per l’umanità gli imponeva tale severità. “Ho deciso di nascondere all’uomo la sua divinità”. L’intero concilio sbigottì, la punizione era davvero terribile.
Ancora una volta fu il Signore del vento a parlare per primo: “Saggio Padre, affidala a me, la nasconderò sulla più alta vetta della più alta montagna, l’uomo non la troverà”. Il Sommo sorrise e parlò. “No figlio prediletto, l’uomo è curioso, prima o poi raggiungerà la vetta più alta della più alta montagna”. “Affidala a me – intervenne il Signore del mare – la nasconderò nel più profondo abisso del più profondo oceano, l’uomo non la troverà”. Ancora sorrise nella sua immensa saggezza il sommo padre: “No figlio mio, l’uomo è curioso, prima o poi raggiungerà il più profondo abisso del più profondo oceano”. Nessuno più osava avanzare ulteriori proposte ed allora il Signore dei Boschi domandò: “Allora dicci tu Somma saggezza, dove è bene nascondere la divina immortalità così che l’uomo non la possa trovare”. Con un malinconico sorriso il Primo Dio così decretò: “La nasconderemo nell’unico luogo nel quale l’uomo non cerca più… la nasconderemo dentro di lui”.
Non so se Novalis conoscesse la leggenda che ho appena raccontata, ma il concetto da lui espresso gli è davvero prossimo. L’uomo non si ricorda più di essere divino e, pensandosi un mediocre, non può che comportarsi mediocremente. Eccolo infatti distruggere il mondo in cui abita come uno stupido parassita inconsapeveole, oppure accanirsi, magari a discapito di un suo simile, per possedere un briciolo di ricchezza in più, o ancora combattere con ferocia per i più svariati motivi mettendo a repentaglio la propria vita o quella dei suoi fratelli, o peggio ancora: osservate come si instupidisce con sostanze devastanti o davanti ad un televisore o catturato da un cellulare oramai incapace di parlare guardando solidale negli occhi un altro povero sconfitto. Ecco che il velo da sollevare diviene meno simbolico di quanto apparisse nelle parole di Novalis, è l’inganno di una vita mistificata dove diveniamo ciò che possediamo o ciò che è utile al funzionamente dell’ingranaggio che noi stessi abbiamo generato. È possibile uscire da questo perverso Samsara?
Mi torna in mente un bellissimo romanzo di Michael Ende, “La storia infinita”, in cui si narra di un bambino speciale, un bambino che era capace di leggere creativamente tanto da sovrapporsi emotivamente al protagonista del libro che stava leggendo di nascosto dagli occhi ottusi di tutti gli altri bambini che ora mi sembra proprio di poter definire gli antesignani dei bulletti odierni. Ebbene, il protagonista è un altro bambino, Atreiu, uno che crede di riuscire in una impresa disperata, salvare il mondo di Fantasia minacciato dal nulla. Quanto suonano profetiche oggi le pagine del romanzo di Ende. Bastian, il temerario lettore, segue le tracce di Atreiu che raggiunge una grotta il cui ingresso è chiuso da un velo, il coraggioso adolescente solleva il velo … “Ma cosa vide? Egli vide/ – meraviglia delle meraviglie – se stesso”. Credo sia chiaro il messaggio, almeno per chi, prima o poi, avrà abbastanza ali per un simile volo, fino laggiù, dove incontrerà il velo, la sua sfida, la prova iniziatica e, ne sono certo, troverà il coraggio di sollevarlo e fissare profondo lo sguardo nei propri occhi che lo stanno osservando in attesa.
Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero.
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