Per un pensiero altro

La magia del sette

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

Pensiero altro 2 ottobre

“La nozione dell’infinito ha il doppio carattere d’imporsi e di essere incomprensibile.” afferma acutamente Luigi Pasteur, ma noi ci ostiniamo a riflettere su questo concetto e riprendiamo a ragionare sui numeri. Nell’ultimo incontro abbiamo visto come la prospettiva e la conseguente visione tridimensionale riescano ad organizzare lo spazio infinito tanto da renderlo comprensibile e controllabile dall’intelletto umano. È anche vero che tale intento non può essere riconosciuto alla sola visione prospettica come strumento di riduzione dell’infinito all’umano e finito pensiero. Non è un caso che Leon Battista Alberti riconosca i fondamenti di tale sistema nella cultura della Grecia classica. Il numero tre, quello delle tre ipotetiche dimensioni dello spazio, ha un altro fondamento-sviluppo che mi sembra piuttosto gravido, ma per oggi vorrei occuparmi di un altro numero che può essere compreso meglio se letto in stretta correlazione con il tre, mi riferisco al numero sette.

Il sette è un numero che nel nostro quotidiano ricorre con una frequenza davvero interessante. Qualche esempio? Nel parlato più conversazionale: le sette vite dei gatti, la crisi coniugale del settimo anno, il numero degli ingredienti per fare un buon pesto (così mi dicono elencando aglio, olio, basilico, sale, pecorino, pinoli, grana). In un contesto un poco più specialistico? Ecco altri esempi: le note musicali, i re di Roma ed i colli dell’Urbe, i colori dell’arcobaleno senza dimenticare i sette nani. Ma l’ambito nel quale il numero in questione assume i significati più rilevanti e rivela, a mio modo di vedere, la sua origine, è quello del sacro. Sono sette, infatti, le virtù, i vizi capitali, i sacramenti, le chiese dell’Apocalisse, e questo riguarda solo la religione cristiana. Ma il nostro numero sacro compare anche nei bracci del candelabro ebraico, sette sono gli attributi fondamentali di Allah, sette sono i Chakra. Sarebbe ancor più lungo l’elenco ma credo che quanto detto sia sufficiente a far si che si presti la dovuta attenzione e riflessione alla centralità di questo numero. Possiamo accontentarci di considerare tutto questo conseguenza del caso? Di una serie di misteriose coincidenze? Provo a formulare una ipotesi figlia, come sempre, di un pensiero altro.

L’apparizione dell’uomo sul nostro pianeta è stata determinata dal fatto che, in un epocale “attimo”, un essere umano che fino a quel momento non si sapeva tale, noi lo avremmo definito un primate, ha preso coscienza di stare pensando. Potete immaginare quanto il sopraggiungere del pensiero abbia sconvolto il povero ominide che, disorientato, ha intrapreso il lungo percorso che lo avrebbe condotto a divenire l’homo sapiens sapiens (sapiens?). Da quel momento lo sforzo comune della specie è stato di riuscire a pensare razionalmente ogni esperienza, ad ordinare logicamente tutto ciò che la circonda. Un tutto immenso e, almeno inizialmente, incomprensibile, non scelto, spaventosamente forte incontrollabile. I primi incerti passi del nuovo arrivato sono stati nell’infinito e nell’eterno, insomma, in quella realtà che non sapeva ancora misurare. Potremmo affermare che la prima invenzione dell’umanità sono stati lo spazio ed il tempo intesi come quantità misurabili e, pertanto, comprensibili, ordinate, utili … rassicuranti! Ed ecco come cogliere la centralità del numero sette: lo spazio infinito ha cominciato ad essere pensato, da quell’ orrido che era all’inizio è divenuto il topos dell’esistenza, percorribile e conoscibile e controllabile. I movimenti del soggetto nello spazio kaotico hanno reso quest’ultimo “umano”, pensabile, razionalizzabile, gestibile. Come scrivevo a margine dello scorso argomentare (l’articolo di mercoledì 25 settembre dal titolo “Prospettiva ed ordine”) i movimenti del soggetto uomo nello spazio possono essere pensati come sette ed ecco che il sette diviene un rasserenante collegamento tra l’infinito nel quale abitiamo, e la sua organizzazione nella nostra esperienza; una sorta di catartica antropomorfizzazione dell’essere che, mettendo al centro l’uomo, trasforma l’universo inospitale in tana.

Il passo successivo sarà organizzare l’altra coordinata dell’esistenza, il tempo, secondo la medesima logica. Ed ecco che la misurazione del tempo in base sette ha originato l’idea di settimana. Tale idea funzionerebbe comunque, ovviamente, come qualsiasi altra, aggiungerei provocatoriamente, ma se la faccio assurgere ad unità temporale divina, ecco che la mia invenzione diventa scoperta, altro distinguo affascinante che non posso trattare per brevità in questo contesto. Per farla breve, non solo viene postulata la creazione, e già questo è uno dei tanti paradossi teologici rassicuranti, che comporta l’individuazione di un artefice e di un inizio, ma la stessa viene organizzata secondo il ritmo della settimana: il Creatore si mette all’opera il Lunedì, l’ora è imprecisata, lavora fino al Sabato per consentirsi il giorno di riposo, il settimo. La domanda è apparentemente marzulliana: dio crea in sette giorni e perciò l’uomo vive sul ritmo della settimana o viceversa?

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero.
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