La storia

Sottotetti Villanova, “Fine di un incubo durato 7 anni”: lo sfogo di Ivo Merlo

“Si è conclusa una vicenda incredibile che ci è costata soldi, tempo e salute. Ora speriamo di ripartire”

Villanova d’Albenga. Sette, lunghi anni, vai e vieni dai tribunali, centinaia di migliaia di euro spesi e un danno d’immagine che nessuno potrà mai risarcire. Un’odissea infinita quella vissuta dalla Rivalmare srl, nelle persone dell’amministratore delegato Laura Sorini, del suo socio (e marito) Ivo Merlo, e dall’architetto Silvano Gagliolo e che alla fine si è risolta, come si suol dire, in una “bolla di sapone”, con una sentenza favorevole, ma con danni incalcolabili.

Una vicenda che si potrebbe definire “tutta all’italiana” quella relativa al “caso sottotetti” a Villanova d’Albenga, iniziata nel dicembre 2012 con il primo sequestro e conclusasi solo ieri con l’arrivo del dispositivo della Cassazione, che ha accolto l’istanza di dissequestro, sancendo anche che “non vi è stato alcun reato” e che “non si può ri-processare due volte per lo stesso motivo per il principio del ‘ne bis in idem’”.

Una storia “a colpi di carte bollate”, processi e ricorsi come tante altre, ma in cui, al di là dei meri documenti cartacei, colpisce il lato umano (oltre che economico), come si evince dalla parole di Merlo che, ai microfoni di IVG.it, si è lasciato andare, a cuore aperto, esternando tutte le emozioni e i patimenti vissuti in questi anni.

“La nostra vicenda è durata ben 7 anni ed è stata davvero penosa dal nostro punto di vista perché siamo stati processati per anni per una cosa che non abbiamo fatto: una cosa incomprensibile, – ha spiegato il socio della Rivalmare srl. – La nostra storia è stata già racconta a scaglioni negli anni. Abbiamo subito due processi, in cui siamo stati assolti con formula piena perché il fatto non sussiste. La Procura, poi, non era andata in Cassazione, quindi siamo andati in giudicato”.

Rivalmare sottotetti Villanova

“Questa storia maledetta per noi era finalmente terminata, ma è continuata appena ripreso a lavorare. Abbiamo subito quasi subito un nuovo sequestro per lo stesso identico motivo dei precedenti e questa nuova storia ha rappresentato per noi altri due anni di patimenti. Siamo andati in Cassazione, che ha impiegato 8 mesi a dare un responso perché mancava la firma di un giudice: tempo perso. Dopodiché, finalmente, con l’arrivo della firma mancante, siamo andati in Cassazione a discutere la vicenda e, dopo anni, siamo stati assolti nuovamente e definitivamente perché non potevamo essere riprocessati per lo stesso motivo”.

Tutta questa triste vicenda ci è costata un patrimonio: il valore delle ville negli anni è ovviamente sceso, per non parlare poi di tutti i soldi che abbiamo speso. Sono cifre che non si possono quantificare, anche moralmente e mentalmente. Lo stato d’animo che abbiamo vissuto in questi anni è stato devastante. Adesso forse questa storia è finita, ma resta l’amarezza infinita perché non è possibile rischiare di far fallire un’azienda per l’interpretazione di un articolo. Ora, speriamo solo di riuscire almeno a tappare il ‘buco’ e poi vedremo se riusciremo a finire l’attività, a completare le case e a venderle. Oggi, dopo tutto quello che ci è successo, possiamo solo sperare che finalmente le cose vadano bene”, ha concluso.

All’architetto Silvano Gagliolo di Garlenda, anche lui finito a più riprese sul banco degli imputati, il compito di ripercorrere l’excursus storico della vicenda: una vera e propria Odissea.

“La vicenda, – ha esordito, – è iniziata con il sequestro del cantiere di Villanova nel dicembre del 2012. A seguito di questa sequestro abbiamo subito un processo di primo grado che, con sentenza nell’autunno del 2014, ci ha assolto con formula piena perchè ‘il fatto non sussiste’’. La Procura si era appellata a questa sentenza e, conseguentemente, in corte di appello di Genova, nel luglio del 2016, è stata emanata una nuova sentenza, che confermava l’assoluzione perchè ‘il fatto non sussiste’, come nella prima”.

sottotetti villanova

“Noi abbiamo aspettato il deposito delle motivazioni della sentenza e, nel frattempo, l’assoluzione è andata in giudicato perché la Procura non si è appellata. A questo punto, verificata la bontà dei titoli, a seguito di specifica comunicazione al comune di Villanova, abbiamo ripreso i lavori nel giugno del 2017. Ma, nell’autunno dello stesso anno, il cantiere è stato nuovamente sequestrato perchè, secondo l’accusa, ‘noi avremmo perpetrato lo stesso reato già giudicato con la sentenza di primo grado’”.

“A quel punto è scattato un ricorso al tribunale del riesame per il dissequestro, che è stato però accolto solo parzialmente e abbiamo optato per un nuovo ricorso in Cassazione. È stato discusso nel maggio 2018, ma a seguito di disguido tecnico e della mancanza della firma di uno dei giudici del tribunale del riesame di Savona, il fascicolo è stato rinviato indietro. Una volta completato, è stato ridiscusso nel maggio 2019 e finalmente oggi è arrivata la sentenza della Cassazione, che sancisce che il ricorso di dissequestro è stato accolto, che non vi è stato alcun reato e che non si può ri-processare due volte per lo stesso identico reato già giudicato, secondo il principio del ‘ne bis in idem’”, ha concluso l’architetto.

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