Per un pensiero altro

Il gioco di Dio

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

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“[…] ma Zeus che sa eterni consigli/ riconobbe l’inganno, nè gli sfuggì, e mali meditava dentro il suo cuore/ per gli uomini mortali e a compierli si preparava.” Ovviamente mi fa piacere quando dei lettori mi contattano relativamente a quanto scrivo in questa rubrica, specie se apprezzando il lavoro e chiedendo approfondimenti. Per questa ragione, viste le richieste, oltre a riprendere e svilupparere l’analisi iniziata nell’articolo scorso dal titolo “Avvocato del popolo”, invito chi altri lo desiderasse a contattarmi su face book così da poter leggere con maggiore facilità i vostri commenti o suggerimenti o critiche. Avevamo interrotto la nostra riflessione nel momento in cui Prometeo, mediatore nella vertenza tra Zeus e gli uomini, si apprestava ad raggirare Zeus. Come era ovvio, il signore degli dei, l’onniscente, era a conoscenza del progetto ingannevole del titano, ma ciò che rende la indagine ancor più interessante, è che Prometeo, capace di prevedere ciò che sarebbe accaduto, sapeva che Zeus avrebbe scoperto il suo inganno: a questo punto la questione si aggroviglia.

Perchè Prometeo, consapevole che il suo inganno era palese alla mente di Zeus, lo ha comunque condotto a compimento? Ma c’è una questione ancor più sottile da affrontare: perchè Zeus, una volta scoperto l’inganno, ha scelto la parte di animale meno pregiata? Ciò che sappiamo è che il sommo dio olimpico, una volta ingannato, si adirò ferocemente e, altro passaggio interessante, decise di punire … gli uomini, esatto, non Prometeo ma gli esseri umani! Stabilì, infatti, di togliere all’uomo, già piuttosto penalizzato da un punto di vista fisico rispetto a tutti gli altri esseri viventi, anche la possibilità di utilizzare il fuoco. Prometeo, successivamente, si sacrificò, forse sentendosi in colpa, e salì all’Olimpo così da rubare il fuoco agli dei e restituirlo ai suoi assistiti, ma perchè causare l’ira di Zeus e la conseguente punizione per poi correre seri pericoli per rubare l’oggetto della punizione e renderlo all’umanità? E perché Zeus, in quanto onniscente ed onnipotente, non ha impedito a Prometeo di realizzare il suo intento? La storia prosegue con sviluppi ancor più complessi, ma sarà magari oggetto di un ulteriore appuntamento, per ora fermiamoci su questi interrogativi già piuttosto stimolanti. Certo, un cristiano che avesse cultura biblica, troverebbe estremamente ingenua la teologia greca, anche se … nell’Eden perchè l’Eterno si impegna deliberatamente ed in più modi al fine di tentare Adamo ed Eva? Perché crea un albero e pone un divieto di servirsene? Perché quando Adamo rispetta il suo divieto crea Eva grazie alla quale si consuma il peccato di entrambi? Essendo onniscente, che ragione ha di adirarsi del peccato che lui stesso in tutti i modi ha indotto? Se ha creato l’uomo peccatore e addirittura un serpente parlante tentatore quanto è diverso il suo comportamento da quello di Zeus che sceglie di farsi ingannare? Insomma: perchè il potere divino deve trovar modo di adirarsi?

In verità la metafora greca è addirittura più complessa di quella ebraica che si esplicita immediatamente: Dio si arrabbia così da punire Adamo ed Eva, l’effetto è che, proprio nel momento in cui esercita il suo diritto coercitivo, celebra il suo potere dimostrando di essere in grado di controllare e censurare le infrazioni alle sue stesse leggi; il secondo effetto è quello di garantirsi un’interminabile genia di disperati che lo impoloreranno per essere perdonati, anche se la mela l’hanno mangiata parenti oramai piuttosto lontani. Il pensiero greco è decisamente più contorto ma altrettanto esplicito relativamente a questo aspetto della questione, ma lascia piuttosto in ombra il lato relativo alle ragioni per cui Prometeo abbia deciso di svolgere un ruolo tanto pericoloso. L’unico elemento che per ora possiamo individuare come certezza al termine di questa parte di argomentazione, è che gli uomini, dopo aver abdicato al diritto di non sacrificare nulla agli dei, al diritto di discutere le proprie ragioni in prima persona, al diritto di essere loro stessi ladri di fuoco, si sono trovati ad essere non dico il centro dell’universo, come in altre circostanze, ma addirittura di doversi ritenere i grandi peccatori meritevoli di abitare in una valle di lacrime dalla quale sperare di meritarsi il perdono. Ora devono adorare gli dei, sacrificare a loro, cercare di riscattarsi da colpe altrui, ringraziare chi li ha messi in un simile pasticcio e prendere coscienza che, una volta abdicato il proprio diritto al confronto col potere, sei privato dello stesso per sempre e potrai solo affliggerti nel desiderarlo: povero impotente.

La nostra riflessione meriterebbe un ulteriore sviluppo ma siamo arrivati alle ultime righe del nostro appuntamento, ci basti lo spazio per interrogarci nuovamente: aldilà delle diverse fedi che, ovviamente non vengono sindacate ma reputate tutte degne allo stesso livello, non è significativa l’esistenza di così numerose divinità, legate a culture tempi e luoghi diversi ma che manifestano delle significative costanti? E come potremmo non sottolineare che: se il divino è tale non è accessibile all’umano e limitato pensiero, se l’uomo pensa il divino non è che lo colga per ciò che è ma semplicemente coglie il suo stesso poterlo e saperlo pensare, se possiamo riconoscere delle costanti nel divino in realtà stiamo individuando le costanti del pensiero dell’uomo in relazione al divino … ma allora, l’ossessivo bisogno di controllo, la smania di punire, il meschino ricattare sono ierofanie o rappresentazioni dell’inetto che le pensa?

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero.
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