Nera-mente

Deborah Ballesio: cronaca di un omicidio annunciato, con tutti i dubbi del caso

"Nera-Mente" è la rubrica di Alice, appassionata di criminologia

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Una sparatoria in un locale pubblico. Dei feriti, tra cui una bambina. Una donna morta mentre canta al karaoke, in una delle tante serate di cui è animatrice. “Ti ricordi di me?” le viene chiesto. Partono sei colpi di pistola che la raggiungono in diverse parti del corpo. Quello alla testa le sarà fatale. Panico generale. La gente scappa, insieme all’assassino, che si confonde tra la folla. Un uomo a cui poche ore dopo verrà dato un nome e un volto e che rimarrà latitante per più di ventiquattro ore, finché non si consegnerà lui stesso in carcere.

Quando avvenimenti simili ci vengono raccontati dai telegiornali nazionali ci colpiscono sempre, ma il fatto che accadano lontano da noi ci lascia spesso dentro un po’ di distacco, come la convinzione inconscia che non sia vero, che sia una narrazione astratta, quasi si trattasse di un film. Non è questo il caso: Deborah Ballesio, 39 anni, viene uccisa nella serata di sabato 13 luglio ai bagni Aquario di Savona. Dei bagni frequentati da molti, così come il ristorante in cui lei cantava. Un luogo vicino alle case di tutti noi. In cui magari, proprio quella sera, saremmo voluti andare a mangiare una buona pizza. Lo shock è generale, tutta la città ne parla: i vicini di casa, il giornalaio, le persone in coda in cassa al supermercato. Scopriamo, magari, che alcuni nostri amici la conoscevano. Parliamo con persone che conoscevano anche lui e la sua famiglia. E questa storia non può non toccarci un po’ più delle altre.

Dai racconti dei media, che hanno interrogato le persone vicine alla donna, e dalle dichiarazioni della questura, sembrava un omicidio annunciato, quello di Deborah: l’ex marito, Domenico Massari, 54 anni, aveva dato fin dai primi tempi della loro relazione segnali di grande instabilità. Un passato di espedienti, il traffico internazionale di droga, una vita vissuta senza mai lavorare. L’uso che lui stesso faceva di sostanze stupefacenti. Quelle sostanze con cui lui le aveva promesso più volte di aver chiuso, durante la loro relazione. Secondo quanto riportato da alcuni quotidiani, a Massari sarebbe stato diagnosticato un disturbo border-line della personalità da uno specialista a cui si era rivolto, sempre spinto dalla ex moglie. Ma dopo la prima visita, non si sarebbe mai più fatto vedere. L’ex marito, inoltre, avrebbe promesso alla donna che avrebbe preso i farmaci che gli erano stati prescritti per la malattia. Ma alla fine avrebbe interrotto anche questi, sostenendo che lei volesse farlo considerare un “malato di mente”.

Ma che cos’è il disturbo border-line della personalità? Il DBP è un disturbo di personalità caratterizzato da repentini cambiamenti di umore, instabilità dei comportamenti e delle relazioni con gli altri, marcata impulsività e difficoltà ad organizzare in modo coerente i propri pensieri, tanto da creare caos nel soggetto e nelle persone a lui vicine.
 Nel tentativo di controllare i propri picchi emotivi, le persone con disturbo borderline di personalità ricorrono all’azione impulsiva. Questa si può esprimere con esplosioni di rabbia, litigi violenti fino alla rissa, abuso di sostanze, abbuffate di cibo, gioco d’azzardo, promiscuità sessuale, spese sconsiderate. Di conseguenza i soggetti con questo disturbo instaurano relazioni con gli altri tumultuose, intense e coinvolgenti, ma ancora una volta estremamente instabili e caotiche. Non hanno vie di mezzo, sono per il “tutto o nulla”, per cui oscillano rapidamente tra l’idealizzazione dell’altro e la sua svalutazione. I rapporti iniziano generalmente con l’idea che l’altro, il partner o un amico, sia perfetto, completamente e costantemente protettivo, affidabile, disponibile, buono. Ma è sufficiente un errore, una critica o una disattenzione, perchè l’altro venga catalogato repentinamente nel modo opposto: minaccioso, ingannevole, disonesto, malevolo. In molti casi le due immagini dell’altro, quella “buona” e quella “cattiva”, sono presenti contemporaneamente nella mente del soggetto borderline, generando ulteriore caos.

Ecco, dunque, sempre che la diagnosi fosse corretta, cosa poteva accadere nella mente di Domenico Massari, durante gli anni in cui la vita di Deborah era diventata un inferno. Una situazione psico-patologica per niente leggera, e sulla quale il rifiuto delle cure appropriate e l’uso di droghe non può che aver influito negativamente.

Eppure, sebbene sia stato ampiamente detto il contrario, quello della povera Deborah non è stato un femminicidio. Domenico Massari ha ribadito chiaramente il fatto che il movente non sia stato il “o mia o di nessun altro”, o il volerla annientare per ragioni patriarcali o di possesso, ma che quelle che lo avrebbero spinto al folle gesto sarebbero state ragioni puramente economiche. Lui aveva investito una ingente somma nell’apertura del locale di cui Deborah era diventata titolare, il “Follia” di Altare. Poi si erano separati e l’uomo avrebbe voluto almeno parte degli introiti, che la donna gli aveva negato. Da qui comincia la vera e propria follia: l’uomo dà fuoco al locale stesso, con la ex moglie dentro. Appicca le fiamme anche all’appartamento in cui Deborah vive con la madre. Per questo viene condannato e patteggia una pena di tre anni e due mesi di carcere. Prima di questo momento, Deborah aveva avviato nei confronti dell’uomo ben diciannove denunce.

Dal momento in cui Mimmo Massari viene scarcerato, la donna, che, sempre secondo quanto dichiarato, era preventivamente stata avvisata dalle autorità poco prima del rilascio, non presenta più avvisaglie per chiedere un divieto di avvicinamento. Questo spiega l’avvocato che per anni ha seguito Deborah, raccontando anche di una telefonata ricevuta dieci giorni prima del tragico evento, in cui chiese conto di una vecchia denuncia per il furto di una moto, che voleva ritirare. Deborah voleva sapere se quella denuncia era a carico di Domenico Massari. Quella richiesta aveva fatto pensare a dei ritrovati contatti tra la coppia, che la donna aveva poi negato. Deborah era fidanzata con un altro uomo.

Eppure, da quanto raccontato dagli amici, la donna continuava ad avere paura. Per questo motivo aveva partecipato ad un corso di autodifesa e aveva iniziato a sparare al poligono, diventando anche istruttrice, facendolo diventare il suo mestiere. Aveva inoltre richiesto il porto d’armi, che le era però stato negato. 
Massari esce dal carcere ma per un anno è il silenzio, fino a quella sera. L’uomo, poi, non si dichiara pentito per quanto commesso ma anzi, sostiene di aver “fatto giustizia alla sua persona”, in quanto defraudato di ogni bene dalla ex moglie. L’uomo la incolpa addirittura di essere la responsabile della sparizione di altri soldi, che lui aveva nascosto prima di essere arrestato. Si dispiace solo per aver coinvolto altre persone, afferma.

Ma perché Domenico Massari si è costituito? Secondo quanto riportato da un articolo sul Secolo XIX, l’uomo, dal nascondiglio in cui si era rifugiato, a Legino, dopo l’omicidio, aveva sentito dire da due contadini che nella sparatoria era rimasta coinvolta una bambina di tre anni. Questo fatto lo avrebbe sconvolto in quanto, da quando era stato scarcerato, l’uomo era stato ospitato da una donna con il suo fidanzato, nell’albisolese, a cui faceva da baby sitter per il piccolo figlioletto. La stessa donna che, nonostante il tremendo gesto di Massari, si sarebbe offerta di portargli del vestiario in carcere e di contattare il suo avvocato.

Alcune domande a questo punto, assumendo che quanto letto sui vari giornali sia vero, sorgono spontanee. Per quale motivo, a Deborah, vista la situazione così delicata, era stato rifiutato il porto d’armi? È di pochi giorni fa la notizia che il senatore Massimo Candura avrebbe presentato un’interrogazione parlamentare, chiedendo che il ministro dell’interno faccia luce su questo presunto diniego.

Perché la povera Deborah, nonostante fosse ben consapevole della pericolosità del soggetto con cui aveva avuto a che fare, si sarebbe rifiutata di rendergli i soldi o parte di essi, per quanto di dubbia provenienza, che l’uomo aveva investito nell’apertura del locale?

È davvero possibile che un uomo capace di un gesto così tremendo, come giustiziare una donna platealmente, con, a quanto pare, un disturbo della personalità non indifferente, fosse in grado di lavorare come baby sitter ed accudire dei bambini senza creare alcun problema? Anzi, facendosi anche voler bene, vista la partecipazione della donna dopo la sua incarcerazione?

Ma soprattutto: è possibile che se una donna o un uomo si sentono in pericolo, e lo dichiarano esplicitamente e ripetutamente con varie denunce, non ci sia alcun modo di proteggerli da una tragica sorte come è stata quella di Deborah?

Attualmente a Massari sono contestati diversi reati: oltre a quello di omicidio volontario aggravato, ci sono anche quelli di lesioni personali volontarie (per il ferimento della bambina e delle altre due donne che erano presenti agli Aquario durante l’omicidio), ricettazione di arma (la Smith & Wesson 357 Magnum con cui ha ucciso Deborah), porto e detenzione abusiva della stessa arma da sparo, sequestro di persona (per aver obbligato, sotto minaccia, un automobilista ad accompagnarlo nel carcere di Sanremo, dove si è costituito) e porto abusivo di coltello. Un quadro accusatorio molto grave di cui l’uomo dovrà rispondere davanti alla Corte d’Assise di Savona.

Nel frattempo, anche noi, gente di Savona, gente italiana, gente spaventata, attendiamo delle risposte. Con la speranza che possano essere un po’ più rassicuranti e convincenti di quelle che abbiamo ricevuto fino ad oggi.

“Nera-mente” è una rubrica in cui parleremo di crimini e non solo, scritta da Alice, studentessa ed aspirante criminologa: clicca qui per leggere tutti gli articoli

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