Savona. Non dovrà più rispondere di peculato, ma del reato di appropriazione indebita aggravata il cantoniere quarantenne, M.F., dipendente della Provincia di Savona, che è a giudizio davanti al collegio del tribunale di Savona con l’accusa di essersi impossessato di diversi cartelli stradali provenienti dai magazzini dell’ente. Il colpo di scena si è registrato questa mattina al termine dell’istruttoria dibattimentale quando il pm Claudio Martini ha appunto riqualificato il reato contestato perché, a sua giudizio, non sussistevano gli elementi per contestare il peculato: come emerso in aula, infatti, con la sua mansione l’imputato non svolgeva una funzione di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.
A questo punto lo scenario del processo potrebbe cambiare: l’appropriazione indebita, anche aggravata, è infatti perseguibile solo in presenza di querela della parte offesa, ovvero la Provincia di Savona (che in questo processo non si era nemmeno costituita come parte civile). Per questo motivo il collegio del tribunale ha deciso di fissare un breve rinvio (a luglio) per interpellare l’ente e chiedere se intende formalizzare la querela oppure rinunciare. Nel caso in cui da palazzo Nervi arrivasse una rinuncia a denunciare il dipendente allora il processo si chiuderebbe con una sentenza di non doversi procedere.
All’imputato la Procura contesta di aver sottratto alla Provincia segnaletica stradale per un valore di circa novemila euro. Il presunto caso di appropriazione indebita era stato scoperto nel dicembre del 2016, durante un intervento della polizia locale di Savona, per una questione di vicinato. Gli agenti avevano effettuato un controllo e, nel terreno di M.F., erano stati trovati i cartelli stradali utilizzati per costruire una recinzione per gli animali.
A quel punto erano scattate le verifiche che avevano permesso di accertare che quei cartelli provenivano dai magazzini della Provincia di Savona. Di qui la contestazione (oggi ridimensionata) che, in un primo momento, era di peculato per il cantoniere.
Il dipendente pubblico, che è assistito dagli avvocati Antonio Falchero ed Andrea Alpicrovi, ha sempre respinto però con decisione le accuse spiegando di aver portato a casa quei cartelli, che sarebbero stati tutti da smaltire e quindi non più utilizzabili dall’ente, con il benestare dei suoi superiori. Una ricostruzione che nel corso del dibattimento è stata riconfermata anche da diversi testimoni della difesa.
In particolare due capocantiere e un cantoniere hanno spiegato in aula che non c’era una procedura codificata per smaltire i cartelli dismessi che, solitamente, venivano ammucchiati in un magazzino dell’ente.