Danni morali

Dodicenne stroncata da un melanoma, via alla causa civile: chiesto maxi risarcimento all’Asl 2

Per la morte della ragazzina, Naomi Nardo, il processo penale si era chiuso con l'assoluzione di due medici accusati di omicidio colposo, ma ora la famiglia ha avviato anche una causa civile

Savona. Un risarcimento che sfiora il milione di euro. E’ quello che chiedono i genitori di Naomi Nardo, la bimba savonese che era tragicamente scomparsa nel settembre del 2010, all’età di 12 anni, a causa di un melanoma. Il caso, che sul fronte dell’inchiesta penale si era chiuso con l’assoluzione di due medici (inizialmente accusati di omicidio colposo), ora è arrivato in sede civile dove la mamma e il papà di Naomi hanno chiamato in causa l’Asl 2 Savonese.

Ad assistere i genitori della bambina è l’avvocato Roberto Suffia che nell’atto di citazione depositato in tribunale ripercorre tutte le fasi della drammatica vicenda. A partire dal momento della prima visita al pronto soccorso pediatrico dell’ospedale San Paolo di Savona, nel 2002, dove la bimba era stata portata in seguito alla comparsa di una “tumefazione” sul dorso della mano che poi era stata rimossa con un intervento chirurgico eseguito qualche mese più tardi, per poi arrivare al 2008 quando la malattia, purtroppo, si era ripresentata (proprio nel punto dove era già stata operata ed anche sul gomito). L’inizio di un terribile calvario proseguito fino alla morte della ragazzina.

Secondo il legale che assiste i genitori di Naomi, la vicenda clinica della bambina che è “stata gestita e trattata in modo quanto meno superficiale” e c’è stata una “del tutto carente attenzione dei sanitari nei confronti di una patologia che aveva colpito una vita appena iniziata”.

Tutto sarebbe iniziato con l’esame istologico e la diagnosi iniziale di “neoformazione nella regione dorsale della mano destra” classificata come patologia benigna “che invece poi si rivelò per un melanoma molto aggressivo che la portò alla morte” si legge nell’atto di citazione. Il legale fa rilevare poi come la paziente fosse stata dimessa con il consiglio (neppure la prescrizione) di una terapia domiciliare, una visita di controllo successiva (“finalizzata al solo esame di routine della cicatrice chirurgica”), senza invece un adeguato follow-up diagnostico, prima ancora che terapeutico, “che avrebbe, con certezza quasi assoluta, consentito di intercettare l’evoluzione del tumore che silenziosamente si stava riformando nella mano di Naomi”. Se ci fosse stata l’adeguata prevenzione, secondo la famiglia, “sarebbe stata decisiva per evitare le letali conseguenze che la malattia ha comportato per Naomi”.

Sulla base di questi presupposti è stata formulata dai genitori la richiesta di risarcimento dei danni morali e parentali (per aver perso una figlia in giovane età) e, quali eredi di Naomi, anche dei danni patiti dalla bambina. Secondo l’avvocato Suffia, infatti, “la consapevolezza della propria fine da parte di Naomi” (danno agonico) va risarcito ai genitori perché è “diventato parte del patrimonio giuridico della persona deceduta prima della sua morte”.

Dal conteggio dei vari danni si arriva alla cifra complessiva di circa 970 mila euro richiesta all’Asl 2 Savonese che viene chiamata in causa dall’avvocato della famiglia Nardo sulla base della legge n. 24/2017 secondo cui – come si legge nell’atto di citazione – “l’azienda sanitaria o la struttura ospedaliera presso la quale è stata effettuata la prestazione sanitaria oggetto di contestazione, debbano rispondere dei danni arrecati da errori medici addebitabili ai sanitari che sono, a vario titolo, intervenuti”. La prossima udienza della causa civile sarà celebrata a luglio.

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