Nessun colpevole

Savona, rapina a casa dell’avvocato Roseo: assolto dall’accusa di aver fatto da “palo”

Dopo i due presunti autori materiali dell'assalto, è stato assolto anche il loro presunto complice

Savona. Era finito a giudizio con l’accusa di aver fatto da palo durante la rapina, avvenuta nel febbraio del 2012, in via Famagosta a casa dell’avvocato savonese Emi Roseo. Questa mattina, però, un albanese, Dimitraq Kalemai, è stato assolto per non aver commesso il fatto da ogni accusa.

Una sentenza che ricalca anche il verdetto del processo d’appello durante il quale erano stati assolti i due presunti esecutori materiali dell’assalto nell’abitazione della professionista, Andrea Chimenzo e Erjon Hoxhaj (che erano invece stati condannati in primo grado).

Con l’assoluzione di questa mattina, di fatto, tutte le accuse inizialmente contestate alle persone indagate per questa vicenda sono cadute.

Il giorno della rapina l’avvocato Roseo e la figlia, allora quattordicenne, per quasi venti minuti erano state tenute in ostaggio dai malviventi nella loro casa di via Famagosta. I rapinatori si erano poi fatti aprire la cassaforte ed avevano rubato tutto il contenuto. Secondo la ricostruzione degli inquirenti il colpo sarebbe stato organizzato da Andrea Chimenzo che l’avrebbe messo a segno con l’aiuto dei due albanesi: Erjon Hoxhaj, che sarebbe entrato con lui nell’appartamento, e Dimitraq Kalemai (giudicato separatamente dai presunti complici perché era irreperibile), che invece sarebbe rimasto in strada, a fare da palo. Tesi che, visto l’esito dei vari processi, alla fine non è stata confermata dai giudici (anche se il tribunale di Savona aveva ritenute fondate le accuse per Chimenzo e Hoxhaj condannati in primo grado).

Una quarta persona, Anselmo Graziano, assolto già nel primo processo a Savona, invece sarebbe stato il basista del gruppo: era stato accusato di aver dato informazioni preziose (ad esempio sulla presunta presenza di soldi e preziosi nella cassaforte e sulle abitudini di Emi Roseo e dei suoi familiari) all’amico Chimenzo.

Quel giorno, i rapinatori avevano aspettato che l’avvocato tornasse a casa dalla passeggiata che tutte le mattine faceva con il cane, poi intorno alle 7,45 era scattato l’assalto.

La polizia era arrivata ai nomi di Chimenzo e Hoxhaj anche grazie alle telecamere della zona, in particolare quelle della sede de “La Destra”, che secondo gli inquirenti li avevano filmati mentre si aggiravano davanti al palazzo di via Famagosta dove abita l’avvocato. Una ricostruzione che, da subito, era stata duramente contestata dai difensori degli imputati, gli avvocati Ballabio e Ferrara, secondo cui invece non erano decisive perché, come stabilito in una perizia antropometrica, “la qualità del video è troppo bassa per consentire di ottenere dei riscontri utili ad identificare i soggetti ripresi”.

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