Operazione "plastica"

Inchiesta sulla chirurgia plastica al Santa Corona: il caso approda in udienza preliminare

Le accuse contestate dalla Procura variano da peculato, falso e truffa: secondo l'accusa 4 medici eseguivano interventi "per bellezza" facendoli passare per terapeutici

tribunale savona

Savona. Il procedimento relativo all’inchiesta sul reparto di chirurgia plastica dell’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, che era stata portata avanti dalle Fiamme Gialle, è arrivata in udienza preliminare davanti al giudice Alessia Ceccardi.

Una vicenda per la quale il procuratore Ubaldo Pelosi ha chiesto il rinvio a giudizio di 32 persone, tra cui quattro medici: l’attuale primario del reparto chirurgia plastica maxillo-facciale pietrose Giuseppe Pizzonia, il suo predecessore Mauro Ferraro, il dottor Paolo Barello e l’ex membro dell’equipe, oggi all’estero, Manlio Ottonello, che devono rispondere di accuse che variano dal peculato al falso ideologico finalizzato alla truffa aggravata.

Nei guai, insieme a loro, sono finiti anche 28 pazienti accusati di truffa in concorso coi medici perché si sarebbero sottoposti ad interventi di chirurgia plastica (seni al silicone e liposuzioni) per motivi estetici fingendo di avere un tumore per essere operati a spese del servizio sanitario nazionale. I casi che erano finiti nel mirino degli inquirenti erano quasi un centinaio, ma in alcuni è stato accertato che i beneficiari degli interventi sarebbero stati considerati “inconsapevoli” delle irregolarità.

Oggi, nel corso dell’udienza preliminare, qualche imputato ha manifestato l’intenzione di chiedere un rito alternativo, alcuni pazienti (quelli che non avevano diritto all’esenzione del ticket per motivi terapeutici) invece stanno valutando di “sanare” la loro posizione pagando all’Asl 2 l’intervento al quale sono stati sottoposti gratuitamente anche se non ne avevano diritto. Per chiarire le altre posizioni, ed in particolare per accertare se c’erano esigenze prevalentemente estetiche o terapeutiche per eseguire le operazioni finite al centro dell’indagine, il gup Ceccardi nominerà nella prossima udienza (fissata a giugno) due periti che analizzeranno le varie cartelle cliniche.

Durante l’indagine, battezzata “Operazione plastica”, la guardia di finanza aveva sequestrato diversi documenti all’ospedale Santa Corona, ma anche in ambulatori, in studi privati, abitazioni e auto dei medici indagati. Secondo il consulente della Procura le cartelle cliniche erano state “taroccate” indicando patologie e diagnosi false, tali da rendere necessario l’intervento di chirurgia plastica.

Il danno prodotto alle casse pubbliche era stato stimato intorno ai 600 mila euro. Le indagini erano partite a seguito di un normale controllo in materia di spesa sanitaria: i militari del comando provinciale di Savona avevano passato al setaccio oltre 200 i casi clinici trattati dagli ospedali di Albenga e Pietra Ligure.

Secondo l’accusa, i chirurghi finiti sotto inchiesta facevano in modo che le prestazioni fossero messe a carico del sistema sanitario nazionale e quindi risultavano completamente gratuite per i pazienti. E così una liposuzione nella cartella clinica veniva certificata come necessaria a causa di “calo ponderale importante”, una rinoplastica come “risoluzione di gravi difficoltà respiratorie”, un innesto di protesi mammarie come interventi di ricostruzione derivanti da interventi oncologici. I pazienti, invece – questa la tesi della Procura -, godevano tutti di ottima salute.

Gli inquirenti hanno accertato che 56 delle operazioni “sospette” sono state eseguite dall’attuale primario facente funzioni del reparto di chirurgia plastica maxillo-facciale Giuseppe Pizzonia, nove dal suo predecessore Mauro Ferraro, otto dal dottor Paolo Barello e quattro dall’ex membro dell’equipe, oggi all’estero, Manlio Ottonello.

Pizzonia inoltre deve rispondere anche di quattordici ipotesi di falso ideologico perché, secondo il pubblico ministero, avrebbe attribuito ai pazienti, scrivendolo nella cartella clinica, delle patologie inesistente per “giustificare” l’operazione estetica a spese del servizio sanitario nazionale.

Il dottor Manlio Ottonello invece deve rispondere anche di due contestazioni di peculato per una quindicina di pazienti che avrebbe sottoposto a trattamenti estetici in regime di intramoenia senza però versare una parte dei compensi ricevuti all’Asl, per l’utilizzo delle strutture ospedaliere, come previsto dalla legge. A dieci pazienti, tra l’altro, il medico avrebbe anche consegnato delle ricevute fiscali, apparentemente rilasciate dall’Asl 2, ma risultate false. Per questo il pm lo accusa anche del reato di falsità materiale. Infine Ottonello deve rispondere anche di un’altra imputazione di truffa perché, secondo quanto accertato dalle Fiamme Gialle, in diverse occasioni avrebbe timbrato il cartellino, risultando quindi in servizio per l’Asl 2 Savonese, mentre invece svolgeva visite private (per 36 ore nel 2013, 37 nel 2014 e 40 nel 2015).

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