Lettera al direttore

Riflessioni

Autonomia a sinistra e radicalità costituzionale

di Franco Astengo

Generica

La nuova segreteria del PD ha proclamato una volontà di totale rinnovamento rispetto al recente passato proponendo, per quel che riguarda le prossime elezioni europee, lo schema dell’unità da Macron a Tsipras. Unità da realizzarsi in funzione anti – sovranista e in difesa dell’Unione Europea.

Nella prospettiva più precisamente riferita alla situazione italiana la nuova segreteria del PD pare propugnare il ritorno allo schema del centro – sinistra: su questo punto, però, già si levano voci interne di opposizione nel nome della “vocazione maggioritaria” e del recupero, del 40%.

Il disegno fin qui enunciato dai vertici del PD richiama allora immediatamente, almeno da sinistra, un discorso di autonomia legato a una proposta di soggettività di opposizione per l’alternativa che da tempo si cerca di costruire con risultati, invero, molto modesti.

E’ il caso di ricordare i passaggi della vicenda italiana precedenti all’irrompere dell’ondata di destra sciovinista che ha dato origine all’attuale governo.

All’interno della confusa fase di transizione apertasi attraverso la furia iconoclasta che aveva distrutto, nel 1993, la Repubblica dei Partiti si verificarono tre fenomeni molto particolari:

1) l’assoluta inefficacia del meccanismo dell’alternanza di governo pur realizzatasi attraverso l’assunzione di un profilo bipolare a livello sistemico. Profilo bipolare esauritosi nel 2006 con l’adozione di un nuovo sistema elettorale e la disastrosa prova di governo realizzata dalla cosiddetta “Unione” tra il 2006 e il 2008;

2)il lungo periodo di assunzione di un ruolo di governo, da parte di una destra populista composta, da una parte, da un soggetto di tipo personalistico del tutto privo di una qualche capacità politica complessiva che non fosse legata agli interessi diretti del suo padrone e dall’altro dal tentativo di mettere in discussione la stessa tenuta unitaria dello Stato, già messa a dura prova dalla crisi dello “Stato-nazione” dovuta, nello specifico, dall’affermarsi dei meccanismi europei. Periodo di governo (2001-2006; 2008 – 2011) rivelatosi assolutamente esiziale per l’economia e la credibilità internazionale del Paese.

3) Il tentativo di realizzare un “primato della governabilità” da parte del PD “a vocazione maggioritaria” attraverso la modifica dell’impianto costituzionale soprattutto dal punto di vista del superamento della Repubblica Parlamentare come disegnata dalla Costituente. Tentativo fallito con l’esito del referendum svoltosi il 4 dicembre 2016.

Oggi, nel pieno della tempesta provocata dall’affermazione elettorale del M5S seguita dalla vistosa crescita della Lega che si appresta a diventare il primo partito con le elezioni europee, ci troviamo davanti ad un’evidente fragilità del sistema.

Una fragilità del sistema che si accompagna alla vacuità dell’agire politico, all’assenza di una “spina dorsale” che affronti l’evidente sfibrarsi della società italiana: un fenomeno che dura da decenni in un quadro di acquiescenza all’individualismo competitivo e alla resa verso la marginalità sociale come dimostrano l’affermarsi di proposte come quella del “reddito di cittadinanza” di vera e propria codificazione di questa marginalità.

Un’opposizione di sinistra può ripartire analizzando a fondo questi elementi e cercando di ristabilire un nesso tra identità sociale e rappresentanza politica: quello che manca in questa folle rincorsa al ribasso che potrebbe anche concludersi, alla fine della strada, con l’affermarsi di un regime autoritario fondato su qualche (uno?) uomo della provvidenza.

Quello che interessa affermare in questo momento può essere ridotto a questi punti:

1) Non esiste, al momento, uno schieramento promosso dal PD che possa garantire quell’opposizione fondata sull’espressione fondante di un concetto di “radicalità costituzionale”;

2) Ciò accade perché la trasformazione/riaggregazione dei partiti della sinistra storica, segnata nel nostro Paese per un lungo periodo dalla “diversità” del PCI, non è stata compiuta nel segno di un’alternativa se non di sistema almeno di diverso riferimento complessivo sul piano programmatico al riguardo del quadro internazionale, dell’economia, del rapporto con i temi del “sociale”, della qualità della democrazia. L’introiettamento dell’ideologia liberista da parte del soggetto principale di questo campo, il PD, ha continuato a rendere vano un eventuale tentativo di affermazione di un meccanismo di alternanza/alternativa, annullandone il significato. Il recinto di quello che dal punto di vista della nuova segretaria del PD si continua impropriamente a definire come centro-sinistra non può garantire assolutamente una qualche possibilità di fuoriuscita dal tipo di politiche che hanno segnato negativamente l’intera fase cui si è tentato, anche in questa sede, di definire i contorni;

3) La sola possibilità di ripresa, oltre ovviamente alla continuità nell’iniziativa sociale, risiede in questo momento non tanto in un afflato unitario di tutti i soggetti di sinistra, ma in un proposito di ricostruzione di soggettività da collocare in piena autonomia rispetto al quadro politico;

4) Una ricostruzione di soggettività al riguardo della quale non bisogna aver paura di incontrare il nuovo, superare divisioni storiche, recuperando anche definizioni che a molti oggi possono apparire come antiche;

5) L’autonomia politica di questa soggettività rispetto ad altri schieramenti deve essere intesa come “conditio sine qua non” per affrontare il tema di fondo di un progetto che partendo dalla necessaria opposizione all’esistente ci conduca a formulare un’idea di alternativa. Alternativa fondato su di un raccordo concreto tra spinta sociale e proposta politica. Autonomia politica, ideale, culturale che non può e non deve significare chiusura aprioristica o ancor peggio volontà di isolamento ma massima apertura alle tante istanze di lotta presenti in questo momento su temi diversi e pur tutti riconducibili all”indispensabile rappresentanza delle contraddizioni emergenti.

6) In questa difficile attualità emerge un evidente allargamento delle disuguaglianze e un’intensificazione dello sfruttamento del territorio e del genere umano la cui analisi deve servire a fornire le basi proprio per la necessaria espressione politica di una soggettività di opposizione per l’alternativa.

Franco Astengo

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