Lettera al direttore

Ricordi

Cristo è stato gettato nella foiba

di Roberto Nicolick

foiba

Anche qui, in Dalmazia e Istria, Gesù Cristo ha fatto la Sua scelta, la scelta scomoda e dolorosa di affrontare la Passione, rinnovando il suo sacrificio, salendo il suo Golgota, al fianco dei martiri Italiani condotti alla foibe.

I miliziani Slavi, sono arrivati inaspettati, in una livida alba, dopo aver sfondato la porta, violando la pace domestica, hanno afferrato il Cristo sbattendolo giù dal letto e picchiandolo selvaggiamente senza pietà anzi facendo come un tempo avevano fatto le guardie del tempio dileggiandolo.

Lo hanno preso a calci , hanno depredato le sue povere cose, hanno bevuto il suo vino, mentre altri gli legavano i polsi da dietro, con il filo di ferro, stringendolo con le pinze, sino a farlo penetrare nella carne e facendolo sanguinare come un tempo la corona di spine stretta attorno al capo lo dilaniò crudelmente.

Davanti agli occhi pietosi ed innocenti del Cristo, le donne di casa sono state violate dai miliziani, incuranti delle loro lacrime e delle loro suppliche. Nessuno dei miliziani ha percepito neppure il minimo peso dello sguardo di dolore del Cristo su questi gesti infami, il loro malvagio agire non si è fermato.

Poi, via, spinti a botte sui cassoni dei camion, sino alla collina e dopo gettati come sacchi a terra, tra pianti e silenzi rassegnati di morte,immanente, si avanza lungo un sentiero appena accennato , scalzo il Cristo come gli altri, con i piedi feriti dai sassi, con le povere dita che urtano i pietroni che non vede neppure volendo , senza poter scegliere dove posarsi, perchè alla minima esitazione piovono colpi sul capo, sulla schiena già dolorante, sulle braccia.

Qui il Cristo non ha la croce da portare, ma forse sarebbe meglio, perchè la croce è di legno e non patisce ma qui ha una decina di cristiani e di Cristiane, davanti e una decina dietro, che arrancano con lui, a capo chino, a torso nudo, sudati, con la puzza della paura che si spande attorno e con l’alito di vino dei miliziani che urlano, che sputano sul Cristo il cui viso non ha più colore umano ma è terreo, non tanto per Lui, perchè Egli ha scelto questo Suo sacrificio, ma solo per gli altri che non hanno scelto ma che soffrono per scelte di altri.

Perchè il Cristo è dovunque altri soffrono o muoiono a causa di ingiustizia.

E’ trascorsa un’ora di cammino, ecco al sole che albeggia, si arriva sul fianco della montagna e si incomincia a vedere un’ombra, ma non è un’ombra è una buca profonda, e il Cristo assieme agli altri deve finire dentro la buca.

La buca è una foiba, i boia avvinazzati, contadini e montanari che odiano i compagni del Cristo, che vivono una vita distorta, afferrano sghignazzando il Cristo che lascia fare, non si oppone, come d’altra parte è la Sua scelta e la Sua missione , alza lo sguardo al cielo in una muta invocazione, al Dio fatto uomo, è concesso di avere un attimo di paura e di smarrimento.

Sotto i suoi piedi si spalanca la buca, buia, profonda, come un mostro che lo sta per inghiottire, ma i veri mostri sono quelli che lo hanno portato sino lì, la foiba in fondo è solo una comune buca come ce ne sono tante in quei terreni carsici.

E’ solo un attimo.

I suoi compagni stretti dal filo di ferro, trattengono il respiro mentre i boia sparano al Cristo, il suo essere cade in basso nella buca e con lui a seguire tutti gli altri in un rosario di morte infinito che si ripete migliaia di volte, tanti grani di rosario legati fra di loro dal filo di ferro.

Odio, detonazioni, urla, dolore poi tutto cessa, mentre i miliziani si allontanano per andare ad affogare il loro odio nella acquavite, sul fondo della buca, qualche decina di metri più in giù, il Cristo si congiunge agli altri in una muta preghiera per accompagnarli e per chiedere perdono per i suoi assassini, per i loro assassini, ma soprattutto bisogna chiedere perdono anche ora, per quelli che dopo, molti anni dopo, vorrebbero negare, minimizzare o ridicolizzare il Cristo e i suoi compagni di sventura, le loro inaudite sofferenze, le loro ferite, le loro torture, le loro morti per affermare verità che non sono tali solo ed unicamente per motivi inconfessabili di bottega.

Roberto Nicolick

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