Come sarà

Carige, ecco il piano industriale: 630 mln di aumento di capitale e riduzione di 1000 dipendenti

Si tratterà di pensionamenti e non di tagli, presentato il business plan

carige banca

Liguria. L’attesa è finita e oggi si è alzato il sipario sul nuovo piano industriale di Banca Carige presentato dai commissari. Un piano industriale che, non a caso, tenta di dare un futuro alla banca in ipotesi “stand alone”, ovvero senza che sia necessaria l’ipotesi di un’aggregrazione.

Il piano si snoda attraverso tre fasi, finalizzate all’obiettivo di un reale risanamento dei fondamentali della Banca: nell’immediato (2019): il definitivo derisking degli attivi e il rafforzamento patrimoniale, nel breve termine (fine 2019 – inizio 2020): il raggiungimento del pareggio di bilancio (break even) e nel medio – lungo termine (2020 – 2023): una profittabilità sostenibile. Questo significa che per un utile significativo, se tutto andrà bene, serviranno almeno quattro anni. Uno dei primi grandi obbiettivi è diventare una banca stabile: tra supporti teorici di stato e cessione dei crediti deteriorati si punta a fare di Carige una banca dal profilo di rischio contenuto, con CET1r e TCR1 stabilmente superiori al 14%.

“Quanto diavolo ci costa fare tutto ciò?”: “Con un aumento di capitale necessario da 630 milioni – si risponde – per finanziare il rilancio, fra cui i 400 milioni che dovrebbero coprire il buco trovato dall’attuale management, le richieste di requisiti patrimoniale da parte della Bce, altri 45 milioni sono gli effetti negativi derivati dall’assemblea degli azionisti, 120 dalla maggiore riduzione dell’npe e 65 milioni in investimenti addizionali nella rivoluzione digitale lean” afferma Pietro Modiano.

Per spiegare che cosa significhi tutto ciò Modiano usa una metafora nautica. Carige da nave da crociera deve arrivare a essere un motoscafo: snella, efficiente, minimale, agile, veloce e potente. La rivoluzione “lean” intende velocizzare i tempi di azione nei servizi, abbattere il rapporto cost/income ratio di un terzo: dall’attuale 94% al 60% circa nel 2023. Attraverso la riduzione degli sprechi, le opportunità costituite dal digitale ma anche il ridimensionamento della rete con 1.050 impiegati (a tempo pieno) in meno e la chiusura di 100 sportelli tradizionali.

I tagli non saranno lineari come avveniva in passato – sottolinea ancora Modiano – ma riguarderanno per un 10% il front office, il 40% il back office, il 40% le funzioni di supporto e il 100% delle attività connesse alla banca in crisi.

Passare da 4000 a 3000 colleghi da oggi al 2023. “Lo faremo senza licenziare”, promette il commissario Modiano presentando le slide del piano. Come? Attraverso accordi individuali sui pensionamenti, in alcuni casi sfruttando le nuove opportunità come “quota 100”. 450 sono i dipendenti giù in uscita nel 2019. “Spero ci sarà spazio anche per l’assunzione di 200 giovani”, aggiunge Modiano. Sicuramente ci sarà comunque un’ulteriore rivoluzione sul ruolo che i dipendenti avranno all’interno della banca: c’è chi dal back o da altre strutture dovrà arrivare a occuparsi di lean. “Sarà sempre più una banca di persone e molto meno una banca di procedure”, conclude il commissario.

Come crescere? Il break-even che dovrebbe essere raggiunto al 2020 farà da volano per lo sviluppo della redditività attraverso alcuni punti chiave: presenza radicata nelle regioni che presentano una ricchezza finanziaria pro-capite superiore rispetto alla media italiana; centralità del cliente; personale dedicato e preparato, con l’obiettivo di diventare la prima banca commerciale italiana ad adottare un approccio lean/digitale.

Il modello di business si concentrerà sulla gestione del risparmio della clientela basandosi su un nuovo Private Banking e sul segmento affluent con l’obiettivo di creare una Wealth Management Company che, facendo leva su Banca Cesare Ponti, ottimizzi la reddittività sulle masse gestite (circa 13 miliardi di euro con 64 mila clienti).

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