Lettera al direttore

Lettera

Lavoro: Savona come caso nazionale

di Franco Astengo

vado ligure anni 70 fornicoke

Questo intervento è stato scritto con l’intento di fornire un contributo a far sì che la “questione lavoro” della Provincia di Savona sia evidenziata come “caso nazionale” e in questo senso mi permetto di chiedere aiuto a tutti coloro che lo riceveranno.

L’innesco per questa richiesta è stato fornito dall’ennesimo rinvio, questa volta “sine die”, dell’incontro previsto al MISE per il prossimo 22 gennaio che avrebbe dovuto svolgersi nel merito delle complesse problematiche dello stabilimento Bombardier di Vado Ligure.

Mentre il governo è impegnato nelle more delle proprie promesse elettoralistiche questo rinvio costituisce un segnale preciso della trascuratezza (colpevole) nella quale viene tenuto proprio il tema fondamentale del lavoro.

Rinvio per Bombardier, cortine di fumo per Piaggio, esito che è eufemistico definire deludente della complicata vicenda riguardante la dichiarazione di area di crisi complessa: alla fine 20 milioni serviranno per finanziare sì e no 100 posti di lavoro (benedetti, sia chiaro) a fronte di una provincia che conta 8.000 disoccupati e che ha in bilico (pericoloso) i circa 2.000 addetti delle sue aziende più importanti: le già citate Piaggio e Bombardier.

Non ricostruisco qui, per l’ennesima volta la storia martoriata della deindustrializzazione che ha colpito quasi come una carestia da cavallette la nostra terra.

La presenza industriale è stata cancellata colpevolmente trasformando Savona in Città dallo scambio deindustrializzazione/speculazione edilizia che ha visto nel corso degli anni protagoniste l’Unione Industriali e le amministrazioni comunali di centro–sinistra e di centro–destra (a partire dalla “questione morale” di stampo teardiano), il nodo più intricato del rapporto lavoro/territorio nell’area vadese e in quella della Val Bormida è stato rappresentato dal rapporto lavoro/ambiente emblematizzato da due vertenze storiche: quella ACNA durata decenni e diventata “caso europeo” e quella Tirreno Power. Assieme alla (altrettanto colpevole) dismissione di Ferrania dovuta alla miopia di quella dirigenza industriale in una fase di radicale trasformazione tecnologica del settore, le vicende ACNA e Tirreno Power hanno posto in evidenza il tema delle aree dismesse e del loro necessario riutilizzo e bonifica.

Le compagne e i compagni della redazione del Manifesto ricorderanno nel 1984 lo sciopero della fame attuato dagli operai della Fornicoke per difendere il loro posto di lavoro: a quell’epoca su sollecitazione di chi scrive oggi queste note si aprì un grande dibattito, ci fu uno scatto d’orgoglio, costringemmo il sindacato a intervenire con forza, furono chiamati a raccolta i partiti.

Ho ricordato questo passaggio come punto di esemplificazione del cambiamento avvenuto proprio dal punto di vista della capacità di reazione, di organizzazione, di presenza: eppure la questione è egualmente vitale oggi come allora.

Davvero mi permetto di chiedere il favore di contribuire a far sì che la situazione savonese, paradigmatica del deserto industriale che rappresenta uno dei punti di maggiore debolezza dell’intero Paese, sia sottoposta all’attenzione più vasta e si trasformi in oggetto di riflessione e di mobilitazione trasformandosi davvero in “caso nazionale”.

Grazie.

Franco Astengo

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