Prime ammissioni

Inchiesta rifiuti Alassio: Pizzimbone fa scena muta, La Porta risponde al gip fotogallery

L'ex manager, che secondo l'accusa collaborava con l'ex commissario provinciale di Fratelli d'Italia, avrebbe ammesso che il contratto di consulenza era fittizio

Savona. Inchiesta su ambiente e rifiuti ad Alassio: Pier Paolo Pizzimbone ha fatto scena muta, mentre Mario La Porta ha deciso di rispondere alle domande del gip Alessia Ceccardi, che questa mattina aveva fissato l’interrogatorio di garanzia per entrambi.

I due sono finiti in manette martedì pomeriggio in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere con l’accusa in concorso di estorsione aggravata (in parte tentata e in parte consumata) perché secondo la tesi della Procura – le indagini sono state coordinate dai pm Chiara Venturi e Massimiliano Bolla e portate avanti dai poliziotti della squadra mobile di Savona e Genova -, Pizzimbone avrebbe fatto pressioni su un rappresentante della società consortile Alassio Ambiente, un’associazione temporanea di imprese siciliane tra EcoSeib, Icos e Ecoin, che gestisce il servizio di igiene urbana per il Comune della città del Muretto.

In particolare l’imprenditore avrebbe fatto capire ai soci dell’Ati di poter “ammorbidire” la posizione della Giunta Melgrati (che nell’ultimo periodo aveva elevato diverse sanzioni, minacciando anche di rescindere il contratto) a fronte del pagamento di una somma di denaro. Soldi, 96 mila euro in totale, che Pizzimbone avrebbe incassato attraverso un contratto di consulenza fittizio a nome di La Porta.

Se Pizzimbone, 49 anni, imprenditore e co-fondatore del Gruppo Biancamano (impegnato nel settore ambiente), ha preferito non fare nessuna dichiarazione in questa fase dell’indagine (come poteva essere prevedibile), La Porta, 71 anni, pensionato ed ex amministratore di società, considerato dagli inquirenti un fidato collaboratore del primo, ha dato la sua versione rispetto alle accuse facendo qualche ammissione.

In dettaglio, secondo quanto trapelato, La Porta avrebbe ammesso che quello a suo nome era un contratto fittizio, siglato soltanto per incassare in maniera apparentemente lecita i soldi destinati a Pizzimbone. L’ex manager avrebbe però negato con decisione di essere al corrente che quei soldi fossero provento di un’estorsione: insomma La Porta avrebbe fatto intendere chiaramente al gip di essere consapevole che la provenienza del denaro non fosse “pulita”, negando però di sapere che i soci di Alassio Ambiente fossero stati minacciati per pagare. Una versione che ora dovrà essere valutata dagli inquirenti (tra l’altro i sostituti Venturi e Bolla erano presenti all’interrogatorio).

Alla luce di quanto successo stamattina è probabile che il difensore di La Porta, l’avvocato Andrea Andrei, rinunci all’istanza di Riesame della misura cautelare che aveva avanzato e depositi una richiesta di scarcerazione direttamente al gip del tribunale di Savona.

Nell’inchiesta su ambiente e rifiuti è indagato, per il reato di tentato abuso d’ufficio in concorso con Pizzimbone, anche Rocco Invernizzi, l’ex assessore comunale all’ambiente di Alassio (si è dimesso quando è venuto a conoscenza dell’indagine). Secondo l’accusa, il primo avrebbe cercato di far assegnare, proprio attraverso Invernizzi, un servizio di pulizia e manutenzione delle strade di Alassio ad una società, la Co.r.in.t.e.a., di cui, sempre secondo gli inquirenti, l’imprenditore era socio occulto.

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