Storia

Finale Ligure, i Verdi: “Il Castello Willermin simbolo della lotta antifascista e deve essere recuperato”

"Deve essere restituito alla memoria della comunità e aperto in una parte consistente alla fruizione dei cittadini, in particolare dei giovani"

Castello Willermin Finale

Finale Ligure. “Il Castello Willermin, messo all’asta a Finale Ligure, è un simbolo della lotta antifascista e deve essere recuperato”. Lo afferma il portavoce dei “Verdi” della provincia di Savona, Gabriello Castellazzi, i quali ricordano oggi “i sette martiri antifascisti fucilati al forte Madonna degli Angeli il 27 dicembre 1943. Tra questi Renato Willermin allora abitante in Finale Ligure nel suo piccolo ‘castello’. Nei prossimi giorni la singolare costruzione neo-gotica, simbolo della sua memoria, verrà messa all’asta e non si conosce il suo destino”.

“A Savona il 23 dicembre 1943 venne lanciata una bomba in un locale dove sostava un gruppo di militari nazisti: il bilancio dell’esplosione fu di 3 morti e 17 feriti. La federazione provinciale fascista decise una rappresaglia ed iniziò a redigere l’elenco di persone che, pur essendo estranee ai fatti, dovevano comunque essere uccise. Vennero scelti i savonesi: Cristoforo Astengo, Francesco Calcagno, Carlo Rebagliati, Arturo Giacosa, Aurelio Bolognesi, Agnello Savaresi e Renato Willermin, reduce dal confino e sospettato di connivenza con gli Alleati. Tutti, pur innocenti, vennero brutalmente assassinati”.

“Willermin, uno dei fondatori del Partito Popolare, venne in seguito ricordato da illustri personalità tra le quali Benedetto Croce e Alcide De Gasperi. Il Castello Willermin era la casa di Finale dove lui viveva. L’edificio dopo alcuni anni venne adattato ad ostello della gioventù e ospitò migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo, ma oggi è in stato di abbandono. Un primo progetto di restauro, che prevedeva anche spazi pubblici, è miseramente fallito. Un vero peccato perchè con il tempo i danni sono aumentati e rischia ora di scomparire il ricordo simbolo di un martire della Resistenza. I fascisti lo accusavano ingiustamente di fare segnalazioni ai sommergibili alleati dalla torre di sud-est. L’importanza storico-culturale del castello è notevole: il caratteristico stile eclettico comprende richiami arabi con innesti medioevali e porta con se un messaggio religioso intimamente legato al costruttore”.

“L’edificio è composto da un corpo centrale e una grande torre rivestita in Pietra di Finale nella parte bassa, con mattoni rossi su quella superiore. Circondato da una cinta muraria e quattro torri d’angolo è molto curato nei particolari: le finestre e le vetrate hanno molti simboli cristiani. Particolari decorazioni vennero disegnate personalmente da Willermin. La costruzione risulta nello stesso stile dei castelli Mackenzie e D’Albertis, realizzati in Genova tra il 1890 e il 1915 come esempi di architettura neo-gotica”.

Prosegue Castellazzi: “Altro fatto singolare: la struttura, iniziata nel 1936, contrariamente ai castelli neo-gotici di Genova, venne realizzata in cemento armato, in un periodo nel quale erano in vigore le sanzioni imposte dalla Società delle Nazioni e il ferro scarseggiava. Willermin riuscì con grande difficoltà a reperire i materiali e seguì tutti i lavori insieme al progettista , l’architetto Pietro Paolo Bonora, noto per aver realizzato importanti opere quali il Santuario di Oropa ed edifici religiosi in Etipia e in Argentina. Il castello era in evidente contrasto con le linee dell’architettura del regime e certamente la scelta non fu casuale. E’ legittimo pensare che la costruzione, comprendente molti simboli cristiani, sia stata un modo di esprimere le sue convinzioni politiche e religiose in un periodo di censura fascista”.

“Il luogo dove Willermin visse deve essere oggi recuperato, restituito alla memoria della comunità e aperto in una parte consistente alla fruizione dei cittadini, in particolare dei giovani”, conclude Castellazzi.

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