Sociale

Caritas, l’accoglienza notturna cerca volontari: il servizio a rischio ridimensionamento

Il servizio di accoglienza notturna di Caritas in carenza di volontari: il rischio concreto è che rallenti l'occasione di incontrare il disagio

raccolta abiti Caritas
Foto d'archivio

Savona. L’accoglienza notturna della Caritas diocesana a caccia di volontari: dopo oltre vent’anni di attività, la stagione invernale rischia di vedere in difficoltà anche questo storico e fondamentale servizio per le persone in difficoltà del nostro territorio. Il motivo principale è il calo dei volontari disponibili a collaborare, un fattore determinante e caratteristico di queste esperienza. Lo spettro forse non è la chiusura, ma sicuramente un suo ridimensionamento sociale, ancora una volta a danno delle persone più deboli della società.

L’accoglienza notturna offre un letto e un tetto ad alcune persone in stato di disagio, uomini e donne: sono due le strutture, una maschile e una femminile, con rispettivamente dieci e cinque posti letto. Il loro funzionamento fa essenzialmente affidamento ai volontari. Caritas, infatti, pur coordinando il servizio tramite i suoi operatori professionisti, offre da sempre questa esperienza a chi voglia collaborare nel sostegno alle persone in difficoltà.

In queste settimane gli appelli sono stati diramati attraverso tutti i mezzi di comunicazione: dalle bacheche parrocchiali ai gruppi Whatsapp, la richiesta che sempre compare è quella di una sera al mese, una notte da trascorrere nella struttura di accoglienza a incontrare e sostenere le persone che lì riposano.

La richiesta diffusa è ben oltre la semplice manodopera serale: “abbiamo avuto una flessione dovuta a molti fattori e abbiamo deciso di rilanciare il servizio – spiega Marco Giana di Caritas – ci sembra una tipologia di servizio interessante, non da abbandonare, e abbiamo attivato delle iniziative di reclutamento”, compreso un incontro serale che si svolgerà lunedì 19 novembre.

“Quella dell’accoglienza notturna è una realtà piccola ma interessante – aggiunge – è un servizio non del fare, ma dello stare: si tratta di stare insieme a queste persone, più che di fare. Il bello è proprio la dimensione domestica, la vicinanza e la prossimità che si instaura nel tempo con queste persone“. L’intenzione dell’appello e del servizio è di attenzione e stimolo sociale: “vogliamo accorciare un po’ la distanza tra gli ospiti e le persone che hanno un tetto tutte le sere”.

L’assenza di nuovi volontari porterebbe a un impoverimento del servizio, che diverrebbe di fatto affidato a un semplice custode: “abbiamo notato che dove c’è un custode, ovviamente c’è un calo di volontari – prosegue Giana – il nostro investimento con i volontari non è un bisogno di manodopera, ma crediamo fortemente che a essere importante sia la relazione con le persone che vivono una situazione di difficoltà. Come in mensa sarebbe più semplice mettere solo un cuoco professionista e invece abbiamo più di cento volontari, a noi interessa che le persone abbiano l’opportunità di sperimentare una realtà di esclusione, per capirla“.

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