Savona. “In attesa che sia rimossa e che qualcuno dia le dimissioni andava fatto. Si tratta di nastro da muratura: se lo tolgono ogni giorno impegniamoci e rimetterlo, come cancellazione della vergogna. Libertà, democrazia, antifascismo”. Con queste poche righe Giovanni Durante, dirigente regionale e nazionale dell’Arci, annuncia “l’intervento” sulla lapide che da alcune ore sta creando un vero e proprio terremoto politico in città: quella in cui, nell’elenco delle Forze Armate che hanno combattuto e subito perdite durante la Seconda Guerra Mondiale, compaiono anche le “camicie nere”.
La lapide è stata scoperta sabato mattina, alla presenza del sindaco Ilaria Caprioglio, del prefetto e delle altre autorità, all’interno del cimitero di Zinola, nel Campo “V” dei Valorosi, in una cerimonia promossa dall’Opera Nazionale Caduti Senza Croce, e si trova nel punto in cui una colonna tronca ricorda appunto i militari savonesi caduti o dispersi nel conflitto, le cui spoglie non sono mai rientrate in Italia. In quel punto da tempo si trova un piccolo complesso monumentale composto dalla colonna, da una teca che custodisce un albo con i nominativi dei caduti e, a lato, da una lampada sempre accesa. Sabato, grazie al progetto realizzato dall’Associazione, che si è fatta carico dei costi, alla colonna sono state affiancate due lapidi: una sulla destra con l’elenco dei teatri di guerra, e l’altra a sinistra recante l’elenco dei Corpi combattenti.

Tra questi però compaiono elencate anche le “camicie nere”, ossia la “Milizia volontaria per la sicurezza nazionale” creata dal Partito Fascista: la loro fondazione fu decisa e annunciata dal Consiglio dei ministri del 28 dicembre 1922 presieduto da Benito Mussolini e decretata dal re Vittorio Emanuele III con regio decreto-legge il 14 gennaio 1923, entrato in vigore il 1 febbraio successivo. Inizialmente pensata come milizia a uso esclusivo del Partito Nazionale Fascista (rispondeva solo al Presidente del Consiglio dei ministri e a lui solo era dovuto il giuramento, in contrasto con l’obbligo di giuramento al sovrano), nel tempo perse la sua esclusività nei compiti e finì col mescolarsi quasi del tutto con il Regio Esercito. Con Regio Decreto del 4 aprile 1924 la Milizia divenne la quarta forza armata italiana.
Se quindi formalmente la sua inclusione tra le Forze Armate è corretta, il suo innegabile legame col fascismo, oltre alle motivazioni alla base della sua istituzione (l’obiettivo era quello di irregimentare le ex “squadre d’azione”), la rendono agli occhi di molti inequivocabile espressione non dello Stato, bensì di un’ideologia. E così da questa mattina si sono scatenate le reazioni veementi di tutto il mondo antifascista. “Che vergogna. Che ci sarebbe da onorare? Degli aguzzini?” ha tuonato Franco Zunino, ex assessore regionale all’Ambiente e attuale presidente provinciale di Arci, chiedendo l’immediata rimozione della scritta. Richiesta avanzata anche dal Partito Democratico, che ha annunciato una interrogazione urgente in Comune.
Nel frattempo, in attesa che le istituzioni dibattano la questione e prendano le loro decisioni, la cancellazione è subito arrivata in modo “artigianale”, con un po’ di scotch. La battaglia sembra appena iniziata.
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