Vialogando

L’ultimo Stan (il percorso cambia ma il viaggio continua) fotogallery

"Vialogando on the road" è il diario di Luca, che con Giacomo affronta il Mongol Rally: 18 paesi dall'Europa alla Siberia su una Suzuki del 1989

Vialogando On The Road

“Vialogando on the road” è il diario di viaggio del savonese Luca Negro che, con il friulano Giacomo Iachia, su un vecchio piccolo scomodo fuoristrada di quasi 30 anni battezzato “Pulce” partecipa a scopo benefico al Mongol Rally 2018. Il progetto è reso possibile grazie al contributo della Coop Augusto Bazzino di Savona: “In quest’epoca di rapidi cambiamenti ci apriremo insieme verso il mondo arricchendoci di nuovi orizzonti, in controtendenza verso la paura e la chiusura su ciò che ci è distante e diverso”.
Dall’Europa alla volta della Siberia, un ponte immaginario tra occidente e oriente attraverso 18 paesi: una lunga odissea da Savona fino ad Ulan Ude, nella Siberia Meridionale, poco sopra la Mongolia. In questa rubrica Luca proverà a raccontare, attraverso la sua personale sensibilità, gli orizzonti che supererà durante questo movimentato e intenso percorso. Vialogando “travelling stories” è invece il “main project” ideato da Giacomo e si potrà seguire l’avventura scritta e documentata insieme sul sito ufficiale www.vialogando.it e su Facebook.

Kazakistan

La mattina un’estrema freddezza alleggia nell’aria, Jack velocemente scende a fare colazione, Abdullah appena svegliato mi saluta pieno di energia con un semplicissimo sorridente energico “Ciao”, cosa c’è di più naturale e sincero di un qualcosa di così normale che da un bel po’ di tempo non succedeva più…

A colazione dopo poco i due personaggi con cui condivido la stanza sono in due tavoli separati, scelgo Jack per non voler far sembrare che ce l’ho con lui, il silenzio sembra eterno, quando lui sceglie di risalire in stanza mi avvicino all’arabo, chiacchieriamo un po’ in italiano, poi passiamo all’inglese per capirci meglio, mi chiede che cos’ha l’altro ragazzo, non ha detto una parola, sembra star male… Così gli racconto di noi e gli confesso che credo oggi sarà il nostro ultimo giorno insieme, dopo una sintesi del nostro rapporto lui si dispiace e dice che sarebbe un peccato non finire il viaggio insieme dopo tanto tempo.

Dopo un po’ Jack scende con lo zaino sulle spalle e dice: “Allora cos’hai deciso? Rimani qui o vieni con me nella prossima città?” “Beh… certo… ho ancora molta roba in macchina, sto mangiando la colazione e devo andare in bagno, ho bisogno di un po’ di tempo”. “Ok ti do mezz’ora…” ed esce fuori… Abdullah mi guarda sgranando gli occhi sul suo viso scuro spellato dal sole, e mi dice: “Non avevo ben capito! Certo che te ne devi andare, non potete mica proseguire così…”.

Nonostante il momento io e Jack interpretiamo il ruolo di persone sorridenti sulle foto per uno sponsor e su un’altra per l’ostello. Tanti saluti a tutti e si parte… il silenzio è il solito, ma io mi sento più leggero, getto nell’aria poche parole come esche per provare a capire se esiste una possibilità di proseguire insieme, in effetti basterebbe davvero poco, ma a quanto pare la solita rigidità stavolta si è temprata come il metallo che si raffredda all’improvviso, nulla si smuove.

Alla frontiera con il Kazakistan la coda pedonale è molto più intricata e lunga che quella veicolare, ottenere il timbro d’uscita del Kirghizistan non è così difficile, per entrare nel nuovo paese c’è invece una grande confusione, persone ammassate tra loro sono obbligate da sbarre metalliche a seguire i percorsi verso le varie cabine dove poliziotti di frontiera di turno mettono il timbro dopo la registrazione, grosse signore spingono sfruttando la loro mole fino ad ottenere posizioni più prossime all’uscita, con la scusa che non devono perdere di vista i loro pacchi passati al metal detector. Non ho scelta quella è la mia uscita e devo infilarmi li dentro. Quindici minuti di caldo di posizioni perse o conquistate e via son passato.

All’uscita, tra i commerci, vari taxi, bus, auto private, tutto è diretto ad Almaty, e lo siamo anche noi!

I tentativi personali per vedere se mai c’è spazio verso una possibilità tra noi, seppur leggeri, non si fermano ad uno, ma poi dopo un po’ interiorizzo che non c’è davvero opportunità né volontà di proseguire insieme, le nostre idee sono così distanti che come già avevo pensato sarà proprio questo distacco a regalarci una preziosa esperienza personale… nella mia mente penso che questo mio stile di viaggiatore un po’ errante e senza programmi è un qualcosa che ben conosco e qualsiasi cosa deciderò domani non mi preoccupa, in qualche modo il suo stile così preciso e programmato che ha dimostrato nel tempo trascorso insieme prenderà una forma così diversa che spero gli regali quello che io non sono riuscito a trasmettergli o a condividere pienamente con lui, sarà una parte importante del viaggio se la saprà cogliere. Solo due persone con un’energia ottimale potrebbero attraversare a questo punto il futuro del percorso che ci aspetta, ma questo decisamente non è il nostro caso.

Un braccio fuori dal finestrino e l’aria entra per attrito in quantità maggiore dentro la vettura, socchiudo gli occhi e mi sento ad un tratto libero, la tristezza eterica per non essere riuscito a trovare il modo di vivere un buon rapporto sinergico, non a livello professionale, ma umano nel senso più profondo con questo ragazzo, evapora nell’aria stessa che respiro e sa davvero di libertà. Non avrebbe senso insistere a cercare qualcosa che fin da subito non è cominciato bene, due persone in fondo sconosciute, poi così diverse e con più di 10 anni di differenza anche di vita vissuta, obbligate dentro lo stesso mezzo e negli stessi luoghi per molto tempo hanno già fatto un piccolo miracolo a resistere per oltre sei settimane e mezzo. Il progetto stesso ha rubato il tempo di voler forse superare i propri limiti da investire reciprocamente ad un confronto più costruttivo e arricchente. Non c’è dubbio che siamo entrambe persone migliori di quello che abbiamo dimostrato nei nostri contrasti o punti di vista, bianchi o neri, l’età spesso aiuta a trovare più facilmente le sfumature adatte a modellare questi estremi, ma poi è più facile cedere alla provocazione e riflettere tale e quale la rigidità con cui si viene contrastati.

Almaty la più grande e popolosa città del Kazhakistan è la nostra fine insieme come compagni in questa avventura, non sto a descrivere le ultime fasi piuttosto fredde sulla ricerca di una sistemazione per dove passare la notte e la fretta di Jack di voler al più presto uscire dalla città. Posso solo però scrivere che nel momento fatidico del saluto, dopo aver preso tutto dentro l’amata e odiata “pulce”, dopo l’ultimo ‘check’ rimasti in piedi l’uno di fronte all’altro, ci siamo stretti in un sincero forte abbraccio, uno di quelli da veri uomini, da esseri umani. Nell’abbraccio che personalmente amo e attraverso il quale riesco a ricevere e a trasmettere tanto fino a sentire spesso l’umana energetica essenza, ho riconosciuto in Jack l’abbandonare quella corazza che si è per così tanto tempo impegnato a sostenere per scontrarsi e per difendersi. Finalmente ad un tratto l’ho percepito umano! Sarebbero bastati pochi secondi ancora che gli avrei visto scendere le lacrime, ma giustamente il saluto finale non è stato così drammatico. Pugno stretto alzato al cielo in segno di forza e saluto Jack! Buon viaggio! Il suo ultimo sguardo con gli occhi lucidi prima di caricare il mio grosso zaino sulle spalle. Mi metto a pensare che il mio forte magone non basterebbe affatto a tirare fuori per davvero lacrime che da ormai circa otto anni non sono più riuscito a sfogare per cose molto più drammatiche o addirittura tragiche. Si dice che un vero uomo non piange mai, che grandissima cazzata! Se non piange proprio mai è perché non riesce a liberarsi di qualcosa dentro se stesso che è poi un qualcosa che lo fa pure stare male, il coraggio di lasciarsi andare totalmente senza paura per poi ritornare a quello che è naturalmente, è una gran prova di coraggio da vero uomo altroché! Mi auguro un giorno di saperlo fare nuovamente!

Il MyHostel in questa città è un luogo pulito e accogliente, sono stanco e affamato, il pomeriggio è molto inoltrato, ho la barba lunga da molti giorni e i capelli disordinati, la connessione Wi-Fi non ne vuole sapere di funzionare sul mio telefono e dopo quasi un’ora la gentile ragazza alla reception asseconda il mio nervosismo e mi permette di utilizzare il suo hotspot personale. Sono capitato nella zona centrale verso il nord della città, si dice che più è a nord più è ricca mentre verso sud gli strati meno abbienti della stessa son sempre più visibili. Un enorme centro commerciale diventa così il mio punto di riferimento, dove prelevare soldi e dove fare una specie di colazione alle 6 di sera inoltrate, un ottimo cappuccino e due buonissimi pasticcini di crema pasticciera e mandorle a ridarmi zuccheri e salute, poi decido di tagliarmi barba e capelli da un parrucchiere a doppia vetrina, vengo accolto e trattato da signore, ne esco pulito e rinnovato non solo nell’aspetto. Nei numerosi locali esterni dopo moltissimo tempo noto ragazze vestite all’occidentale, super curate e pure in minigonna, non posso negare di rimaner un po’ imbambolato da tanto contrasto dopo oltre un mese in paesi così distanti da questo stile. La sera a cena seguo il mio istinto e soddisfo la soglia di ramen giapponesi e il mio stomaco mi ringrazia, visto che ancora non sto bene di intestino, mi compro pure i fermenti lattici di cui ho bisogno poi passeggio la notte e prima di mezzanotte torno in stanza. Un gruppo di 4 ragazzi kazaki sono in stanza con me, facilmente loro ricordano il mio nome e con Nurlou 25enne grande, alto e con gli occhiali cominciamo a chiacchierare, finisce che si parlerà fino a quasi le due di notte sul senso della vita, sulle preoccupazioni della sua età, delle aspettative della famiglia e della voglia di evadere e di trovare un senso o almeno una direzione alla sua vita, il discorso nonostante le sue continue scuse se stiamo affrontando argomenti così ‘pesanti’ mi interessa molto e cerco di tranquillizzarlo il più possibile sul suo futuro dicendogli di non avere fretta e che se può e vuole, come ha già fatto ascoltando i suoi racconti, di continuare a a viaggiare e a vivere esperienze così poi sarà più facile affinare la sua ricerca e scoprire quello che vuole ed è più giusto che lui che segua al di là delle aspettative altrui, lui come tutti ha il diritto di provarci a cercare di vivere al meglio la sua vita secondo i suoi sogni e desideri.

Alle due di notte la stanza si riempie di un folto gruppo di altri uomini kazaki che sono in viaggio, per fortuna l’unico letto libero su 10 è proprio quello sopra la mia testa, chiudo la tendina e mi metto i tappi alle orecchie, il sonno dopo un po’ nonostante la confusione ha la meglio. I sogni saranno intensi e confus… sempre in viaggio … sempre in movimento.

La mattina la direttrice dell’ostello mi guarda e quasi non mi riconosce, non solo il mio aspetto è diverso per i capelli corti e la barba curata appena accennata, ma da come dice lei stessa è la mia energia ad essere diversa, mi dice che oggi sono luminoso, mentre ieri ero cupo come se stessi male, così le racconto un po’ della mia storia e del perché son finito qui … anche lei mi ricorda che ho fatto bene a non continuare a seguire un qualcosa che alla fine mi faceva stare male. Si dimostra poi gentile e disponibile a cercare di aiutarmi a trovare una soluzione per andare altrove e cerchiamo dal suo computer diverse opzioni per uscire dal paese, ormai il percorso ovviamente per me è cambiato, non ha più senso la Mongolia, la scelta più ovvia è andare a Mosca, ho il visto russo valido e nonostante in vita ma ci sia passato almeno 3 volte diretto altrove in uno dei suoi aeroporti non sono mai sceso a visitarla, purtroppo però il biglietto aereo costa una follia, quasi quanto tornare direttamente in Italia via Bielorussia con scalo a Minsk, ma li nemmeno potrei scendere senza un visto… umm… i pensieri frullano nelle alternative, vado pure in un agenzia dove ci capiamo poco ma l’essenziale di cui abbiamo bisogno, nemmeno la possibilità di due giorni e mezzo in treno da qui fino a Mosca sono fattibili, fino ad oltre due settimane tutti i posti sono prenotati, siamo in altissima stagione e spostarsi verso la Russia naturalmente è la metà più ovvia da queste parti. Devo solo pazientare una soluzione la troverò come sempre, non devo solo farmi prendere dalla fretta, finalmente in verità devo ammettere che ora devo essere e sono contento, non ho un programma non ho ancora una meta, so solo la direzione verso la quale voglio andare e tornare: Europa! Finalmente libero dai programmi, riacquisto piano piano la sensazione di viaggiare come meglio so fare, sono qui ad Almaty la più grande città di quest’estesissimo ma poco abitato paese, devo solo star sereno e vedere cosa c’è qui fuori, poi in qualche modo la soluzione arriverà.

Così parto per vedere un po’ la città e la prima cosa che mi attrae stavolta è un po’ turistica rispetto al mio solito: Kok-Tobe hill una piacevole collina raggiungibile con una cabinovia (rotta all’andata e quindi raggiunta in bus) da dove si scorge uno splendido panorama sulla città, intorno numerose attività come ristoranti e i giochi da luna park, sono più moderni che nel confinante vicino Kirghizistan, ma solo di una decade direi. Vedere una statua con i Beatles e varie foto con “VIP” mondiali tipo Steven Segal che per chissà quale motivo è passato di qui mi fa sorridere, cercano in qualche modo di rendere più commerciale e appetibile questo luogo così distante da tutto il resto del mondo, la Russia e la Cina (seppur mal sopportata) sono i suoi due enormi sbocchi verso tutto il resto. Mangio una pizza e bevo succo di mela biologico, i prezzi sono più cari che negli ultimi paesi, ma anche 4 volte più bassi se paragonati ai nostri in Liguria. Scendendo in cabinovia d’improvviso la pioggia cambia la luce e l’atmosfera per una mezz’ora, poi il sole torna a riscaldare, la giornata trascorre girando a zonzo qui e la, catturo scarse immagini… verso sera ritorno nell’ostello, incontro un po’ di gente con cui chiacchiero, tra cui una signora nata in questo paese, ma che vive in Olanda, che si occupa di progetti di sviluppo e interscambio culturale, ha anche vissuto per molti mesi in India ed ora sono solo due settimane che ha ripreso a vivere un ritmo di vita per molti normale, ma che lei meglio degli altri sa riconoscere come innaturale e alienante.

Spendo un po’ di tempo a cercare una soluzione per il mio ritorno, non so come ma attraverso un sito internet particolare, trovo questa opzione: partenza -> Almaty – arrivo -> Ovunque in Europa… la prima opzione mi propone Vilnius in Lituania, per soli 175 euro con scalo nella capitale Astana, tutto il resto costa più del doppio e Milano oltre i 550. Ci rifletto un poco e poi decido di comprare velocemente il biglietto per dopodomani con partenza nella notte. Dalla Lituania in qualche modo poi tornerò a casa, l’avventura e il viaggio così continua, al resto ci penserò quando sarò là…

Compro poi la cena al supermercato e mangio nella cucina sala dell’ostello, guardo l’orologio sul telefono e sono le 8, poi mi ricordo di couchsurfing, controllo che succede in città e guarda a caso proprio oggi questo venerdì c’è un meeting in programma dalle 20:30, due altri italiani tra gli altri sembrano partecipare, la curiosità sale e così su due piedi decido di avventurarmi in quel punto d’incontro indicato, dovrò raggiungerlo senza il Wi-Fi inattivo fuori da qui ma niente di difficile.

Scendendo alla reception incrocio una ragazza con la maglietta coolearth (associazione benefica sponsorizzata dal Mongol Rally) lì per lì mi viene voglia di attaccar discorso, ma poi mi freno, ormai io mi sento fuori da quell’esperienza, entrano altri ragazzi del team li saluto e gli sorrido ma non accenno a raccontare che fino a poco fa anche io correvo verso la loro stessa destinazione, il mio tragitto è ormai cambiato. Un viaggio non è mai né il punto di partenza né quello di arrivo, il viaggio è il percorso che si fa nel mezzo, così com’è la vita, non vorrei poter scegliere dove finirla, ma se mai la sensazione con cui finirla, cioè in pace. Ho solo cambiato il percorso, il viaggio continua ma in modo diverso.

Uscendo incontro Nurlou che fuma una sigaretta con il suo amico con cui condividiamo la stanza, ci salutiamo e facciamo due chiacchiere, dopodiché decide di unirsi a me visto che gli ho raccontato che andrò ad un meeting con altri stranieri, il suo amico decide di fermarsi a riposare perché stanco. Il tempo di aspettarlo che si cambia e partiamo. Qui basta fare un gesto con la mano su una qualsiasi strada trafficata che qualcuno si ferma, si decide il prezzo che è molto economico e ci si fa portare dove si necessità, è un metodo assolutamente legale e non pericoloso, neppure per una ragazza sola a notte fonda. Qualcosa che nel mio paese di provenienza sarebbe pura follia.

Sbagliamo il primo indirizzo per poi trovare il luogo giusto dall’altra parte della città. Nurlou parla un ottimo inglese che ha imparato tra film e soprattutto i video sui videogames, lavora per una società straniera di cripto monete, chiacchierare con lui è piacevole. Arrivati a destinazione scopriamo un locale enorme, il mio compare si sente un po’ a disagio perché non invitato, gli spiego che neppure io non conosco nessuno, ma che si starà come in famiglia senza filtri, di solito è così… finalmente dopo due grossi stanzoni e centinaia di volti, fuori sulla grande terrazza, si incontra il gruppo, riconosco subito un inglese che avevo visto alla biglietteria della cabinovia rotta con cui avevo scambiato due parole. Ehi man! I know you! Un caloroso saluto, mi introduco e presento il mio compagno kazako, nel giro di pochi attimi siamo ben inseriti e tutti chiacchieriamo allegramente con caraffe di birra sul tavolo. Conosco Tiziana da Torino che è stata in missione umanitaria in Kirghizistan e che ora da una settimana gira da queste parti prima di ritornare in Italia, poi un’altro ragazzo italiano di Brescia che è venuto fino qui per fare sei mesi di pratica come chirurgo, la sua amica svizzera, un altro ragazzo dello stesso paese, una ragazza francese qui da quasi un anno, una del Belgio e due ragazzi inglesi. L’atmosfera è bella e rilassante, i due inglesi dopo molte chiacchiere con il kazako, decidono di uscire di scena, poco dopo decidiamo di fare lo stesso col compare, ma improvvisamente allo svizzero viene offerto da bere da un tipo al tavolo alla nostra sinistra, così nel giro di pochi minuti lui e il chirurgo si spostano a quel tavolo e noi veniamo invasi in ogni sedia possibile da altri locali, la cosa strana è che qui la gente è così poco abituata a vedere stranieri che né è così affascinata da cogliere ogni occasione, sciolta la riservatezza con un po’ d’alcool, da voler sinceramente approfittare di ogni opportunità per confrontarsi e praticare magari un po’ di inglese. Così finisce che vedendo le tre ragazze attorniate da ogni lato da questi nuovi personaggi mi siedo in mezzo a loro e le avvicino dicendo che se non sono a loro agio troviamo una scusa e le porto via, mi dicono no siamo ok ma stai ancora un po’ qui. La serata continua in modo divertente e seppur la birra continua a scorrere nessuno si comporta in modo scorretto o fastidioso, alla fine si rimane fino a quando siamo tutti costretti, nazionali e non, ad uscire dal locale … lunghi e cerimoniosi saluti, poi abbracci con i compagni europei che ripetiamo a rotazione con i locali e ancora tra noi. È davvero tardi e con Nurlou torniamo in ostello, lui rimane impressionato dalla facilità del nostro modo di comunicare tra europei e mi parla delle differenze, del suo paese e del sogno di andare altrove, una storia che è poi uguale anche da noi, ad una certa età soprattutto è anche una cosa da fare se non altro per poter aprire di più la propria mente. Arrivati a destinazione salgo in stanza, lui invece mi dice che raggiungerà un suo amico da un altra parte. In quel momento capisco che tra alcool e videogiochi (per cui si alza anche la notte per continuare certe sfide) i suoi problemi da 25enne si risolveranno forse più lentamente di quello che avevo immaginato.

Il giorno seguente visiterò la città più a sud, nel bazar e nelle zone meno belle, la differenza sarà subito evidente, osserverò parchi e monumenti alla memoria dei soldati, una chiesa ortodossa, un grande storico bagno pubblico dei tempi sovietici, prenderò poi la metropolitana nell’unica linea che ha, andrò fino ad un lago cittadino per vedere pochi bagnati e per me stranamente qualche donna pescare, la giornata sarà calda ma piacevole.

Passerò l’ultima sera camminando ore e ore con Fer, una ragazza locale laureata in ingegneria ma che ama l’arte che è in contrasto con essa, sogna l’Italia da molto tempo e spera tanto di ottenere una borsa di studio per poter visitare il nostro paese di cui ha una visione rinascimentale quasi tenera, mangeremo sushi come fosse in una qualsiasi città occidentale nel mondo, mi accompagnerà a scoprire la città con occhi che non avevo ancora visto e sarà solo la stanchezza alle gambe a farmi rendere conto che tra nemmeno tre ore dovrò alzarmi e prendere un taxi per correre in aeroporto, così nonostante la bellezza della notte in questa città è la piacevole compagnia dovrò arrendermi alla realtà e salutare Fer augurandole di realizzare i suoi sogni, per tornare a chiudere lo zaino e stendermi 2 ore.

Volare con la Scat Airlines sembra un taboo anche per i kazaki ma non è poi così terribile…

“Vialogando On The Road” è il diario in cui Luca Negro racconta il suo Mongol Rally, da Savona alla Siberia: clicca qui per leggere tutti gli articoli

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