Per un pensiero altro

Il coraggio di divenire liberi

Per un Pensiero "Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

Per un Pensiero Altro

Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista?
Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero.

“Essere libero è niente, divenirlo è cosa celeste” è uno degli aforismi più citati di J. G. Fichte, il fondatore dell’idealismo etico e dai più definito come il filosofo della libertà. Apparentemente paradossale, rivela il valore della scelta individuale e celebra la responsabilità di ogni uomo in ogni istante della propria esistenza.

Già, verrebbe spontaneo affermare che essere libero non è poi così irrilevante, ma non è questo il senso dell’affermazione fichtiana. La prima parte va letta alla luce della seconda: sono io che divengo libero, non per una condizione innata, non per una concessione divina o istituzionale, non in una forma sclerotizzata ed assolutizzata da una ideologia, ma per la mia fatica di vivere, per il mio coraggio di scegliere consapevolmente, per il mio sforzo esistenziale che è il mio agire quotidiano.

Con il termine Tathandlung, composto da Tat che potremmo tradurre con azione e da Handlug traducibile con effetto, Fichte vuole indicare l’unità tra agire ed essere: io sono il mio coraggio, la mia volontà, la mia energia vitale. Nella filosofia del pensatore tedesco si usa l’espressione un po’ criptica di “l’io pone se stesso”, ancora una volta un apparente paradosso che pure abita il nostro quotidiano. Provo a chiarirlo: se io mi ponessi come uno scrittore concepirei chi mi sta leggendo come un lettore, se mi ponessi come insegnante vedrei chi mi legge come un discente, se mi ponessi come un ideologo osserverei chi è arrivato fin qui come un potenziale seguace, se mi ponessi come fondatore di un movimento immaginerei il lettore come un futuro adepto. Inevitabilmente qualsiasi eventuale reazione da parte del pluricitato lettore sarebbe letta da me alla luce del ruolo che gli ho cucito addosso così da confermare l’ottica nella quale io o, più in generale, il soggetto agente si concepisce chiudendo il circolo ermeneutico in un loop autoreferenziale.

Potrebbe essere stimolante per gli esperti di settore un’analisi intorno al fatto che diverso è affermare che l’io pone il non io dall’affermare che all’io si oppone, per sua determinazione o indipendentemente da essa, un non io. Ma senza entrare in tecnicismi filologici possiamo argomentare che se per non io intendiamo la natura, risulta evidente che non possiamo determinare se, dove, come e quando nascere, se biondi o grassi, se etero o no etc; ma se comprendiamo che ogni essere umano è per noi un non io ma un io per se stesso, ecco che risulta evidente l’enorme responsabilità di ognuno nel determinare la propria esistenza e, di conseguenza, condizionare più o meno intensamente e più o meno positivamente quella degli altri.

Potremmo concludere affermando che noi siamo il nostro coraggio e la forza responsabile di credere nei nostri sogni, o meglio ancora, ricorrendo ad un aforisma di Gershom Freeman: “In ogni uomo è nascosto un sogno, in ogni sogno si nasconde un dio”.

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì: clicca qui per leggere tutti gli articoli

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