L'angolo dei curiosi

Dalla, Ricky Portera e quella farinata fuori dal Ju-Bamboo

"L'Angolo dei Curiosi" è la rubrica per chi è desideroso di vedere, ascoltare, conoscere: ogni giovedì con Daria Croce e Giulia Grenno

L'Angolo dei Curiosi

“L’Angolo dei Curiosi” è la rubrica di IVG a cura di Daria Croce e Giulia Grenno per chi è desideroso di vedere, ascoltare, conoscere, ritrovarsi o dissentire.
A Daria e Giulia piacciono il profumo dei libri, il rumore della puntina che tocca il vinile, il buio in sala quando sta per iniziare un film, l’odore delle cartolerie, il ticchettio della macchina da scrivere, i ritratti in bianco e nero, le prospettive diverse, fermarsi col naso all’insù.
Se ti piace almeno una di queste cose, prenditi una pausa insieme a noi.

Manca davvero poco al 4 marzo. Domenica, inutile ripeterlo, è un giorno importante. 
Perché è il compleanno di Lucio Dalla.

“Dove vai Ricky?”. Io, appena ragazzina, osservavo il mio fratellone infilare panini a gran forza nello zaino. “Vado a Savona. A vedere Lucio Dalla”.

Il giorno dopo mi raccontava sempre tutto, ma quella volta c’era qualcosa di diverso nell’aria. 
Non c’erano i social, nemmeno Internet, e le cose si scoprivano sul momento. 
Il concerto al Bacigalupo era stato bello, ma fu il primo senza Ricky Portera nella band.

Per mio fratello, che suonava la chitarra e aveva un’adorazione per le sei corde degli Stadio, fu un colpo duro. Capì che quel binomio perfetto Dalla/Stadio non sarebbe mai più stato lo stesso. Quell’incrinatura, invisibile agli occhi di molti, avrebbe reso in qualche modo incompleta la musica che ascoltava da una vita.

Nel 1979, riuscì a sgattaiolare dentro il Palazzetto di Torino, in occasione del tour dell’album “Lucio Dalla”. I biglietti erano finiti, ma il coraggio adolescenziale, si sa, è inesauribile, così lui e i suoi amici si intrufolarono lo stesso.
 Non mancò nemmeno per “Banana Republic”, tour che ebbe anche il grande valore di riportare la musica negli stadi, dopo gli scontri avvenuti durante i concerti negli anni precedenti. Il biglietto costava 2.100 lire: 2.000 il concerto, 100 la prevendita. C’è da sorridere, sì. O da piangere di nostalgia, vedete voi.

Da lì, il binomio Dalla/Stadio, in casa mia, si trasformò definitivamente nel trinomio Dalla/Stadio/Mio Fratello. Ricky (diminutivo del primogenito di famiglia, destino vuole, come quello di Portera) non si perdeva un concerto e una volta inseguì letteralmente l’auto di Dalla, che si allontanava con questa banda di ragazzini alle calcagna, lanciati in una corsa a perdifiato. Un’altra volta arrivò a un tiro di schioppo dai gorilla di Lucio e riuscì a scattare una foto: me la mostrava orgoglioso, mentre io, nascondendo il mio risentimento di bambina, pensavo che in fondo Dalla un po’ di riconoscenza avrebbe anche potuto dimostrarla al mio fratellone, visto che gli correva dietro da quando io giravo per casa con il ciuccio in bocca.

Il destino, però, gioca scherzi inaspettati e se quella sera al Bacigalupo lo lasciò con l’amarezza di non poter più vedere Ricky Portera sul palco, fu proprio Savona a regalargli, molti anni dopo, la sorpresa della vita. La chiusura del cerchio si verificò in occasione di un concerto di Ricky Portera al Ju-Bamboo, dove naturalmente mio fratello non mancò di andare. Si presentò con un tale anticipo, che arrivato lì, non poteva credere ai suoi occhi. Seduto fuori dal locale ancora chiuso, c’era lui, Portera, uno dei migliori chitarristi italiani di sempre nonché, da tempo immemore, membro inconsapevole della mia famiglia e spirito guida perennemente in contatto con mio fratello. Ricky (Portera) se ne stava lì tranquillo a mangiare della farinata quando lo avvicinò l’altro Ricky di questa storia. 
Fu un momento mistico, in cui mio fratello riuscì a dirgli: “Mi sento come una suora quando finalmente incontra il Papa”. Portera scoppiò a ridere e lo abbracciò. Rimasero seduti fuori dal Ju-Bamboo a parlare e mangiare farinata, amici che si ritrovano senza mai essersi incontrati.

A completare quel quadretto, insieme a Ricky Portera, c’era Claudio “Il Gallo” Golinelli, il bassista che, insieme a Massimo Riva e Maurizio Solieri, ha fatto la storia di Vasco Rossi.

“Ma questa è un’altra storia e si dovrà raccontare un’altra volta”.

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