Lettera al direttore

Memoria

Una lettera per ricordare le vittime delle foibe e l’esodo Giuliano-Dalmata

Foibe
Foto d'archivio

Non dimentico, non voglio dimenticare e soprattutto non dobbiamo dimenticare

Il 10 gennaio è una ricorrenza molto importante e per le genti che l’hanno vissuta sulla loro vita, ancora molto dolorosa: E’ la Giornata del Ricordo, riconosciuta dalla stato come festa nazionale Italiana , istituita, dopo tante esitazioni, con la Legge 30 marzo 2004, per ricordare tutte le Vittime delle foibe e l’esodo Giuliano – Dalmata.

Dal 1943 al 1947 a Trieste, a Gorizia e in Istria e Dalmazia, ebbe luogo un vero genocidio, migliaia di cittadini Italiani furono assassinati con inumana ferocia e crudeltà, dai partigiani slavi del IX Corpus comandato da Josip Broz, meglio noto come il Maresciallo Tito.

Questi uomini attuarono una pulizia etnica sulle popolazioni Italiane, che abitavano in quel lembo di Italia in procinto di essere annesso alla Jugoslavia. Torture e violenze di ogni tipo avvennero su donne, bambini, vecchi e adulti, militari del Regio Esercito Italiano, Carabinieri, Finanzieri, colpevoli solo di essere Italiani, anche i comunisti non furono risparmiati perchè Italiani.

Tutto l’apparato sociale Italiano in quei territori venne disarticolato e annientato, maestri, medici, impiegati, funzionari, commercianti solo perché Italiani, venivano prelevati e infoibati a centinaia.

I camion sui cui cassoni erano stipati come bestie decine e decine di prigionieri facevano la spola tra i centri abitati e le alture dove c’erano queste buche, dette foibe, che venivano colmati di corpi.

Il vertice  degli infoibamenti, si ebbe nel 1945, con con lo sbandamento delle formazioni armate Repubblichine che comunque operavano per difendere i civili Italiani dagli attacchi dei Titini, che agivano animati da un odio etnico – ideologico.

Le attività di de – italianizzazione forzata, continuarono, violentissime e brutali,  sino al 1947, con l’obiettivo di eliminare fisicamente ogni segno di Italianità dalla futura Grande Jugoslava, che era all’epoca, organica al blocco sovietico.

Il metodo era il terrore creato attraverso la eliminazione fisica degli Italiani, anche comunisti ma soprattutto Italiani. Lo strumento usato, era le foibe, cavità carsiche a imbuto rovesciato, di origine naturale con un ingresso a strapiombo. In quelle voragini dell’Istria, fra il 1943 e il 1947, furono gettati, sia morti che vivi, quasi ventimila italiani, ma la stima è inesatta e probabilmente ottimistica.

Quando i miliziani ripartivano con le loro prede, si lasciavano dietro il deserto, case deserte, tavole imbandite, con il cibo ancora nei piatti, porte spalancate, e questo vuoto era quasi subito riempito dagli Slavi che scendevano dalle montagne, apposta per impadronirsi finalmente dei beni degli Italiani.

I rastrellamenti avvenivano di notte e gli Italiani, dopo essere stati brutalizzati e depredati, salivano su dei camion che si fermavano alle pendici dei monti e da lì in fila indiana, raggiungevano le foibe , con i polsi legati dietro la schiena con del filo di ferro formando una catena umana. Il filo di ferro era stretto con delle pinze e penetrava nella carne di questi sventurati, provocando dei dolori indicibili, inoltre i prigionieri erano scalzi e nel salire per questi scoscesi sentieri si ferivano ai piedi. Era un cammino crudele verso il Golgota, sino alla crocefissione.

Infine arrivati all’imbocco della foiba, i miliziani Slavi sparavano ai primi della fila che precipitavano in basso nel precipizio, trascinando con sé tutti gli altri.

Le foibe, ce ne erano un centinaio di tutte le dimensioni, erano profonde da un minimo di venti sino ad alcune centinaia di metri . Non c’era scampo . Dopo l’ultima strage, uno dei boia gettava una bomba a mano nell’orrido per finire eventuali superstiti e come gesto scaramantico gettavano una carogna di un cane nero, per impedire alle anime dei morti di risalire a perseguitare gli assassini. Poi i miliziani comunisti si spartivano gli effetti personali delle vittime e si ubriacavano prima di scendere a valle.

Qualcuno degli infoibati si salvò e raccontò quello che era accaduto, anche se già la gente ne parlava. I Miliziani e i loro capi negarono sempre, affermando che gli Italiani erano fuggiti in Italia per evitare il tribunale in quanto fascisti..

In periodi diversi, le foibe , furono esplorate ove possibile, per recuperare le spoglie e dare una cristiana sepoltura a questi poveri resti, sul fondo di esse furono trovati moltissimi resti di persone , con le stigmate delle atroci sofferenze patite nel buio di questi precipizi prima di poter morire.

Nel febbraio del 47 , fu ratificato tra Italia e Jugoslavia il trattato di pace: Istria e Dalmazia vengono cedute ufficialmente alla Jugoslavia.

L’alternativa alla morte fisica è la morte civile con la rinuncia alla propria cultura identitaria e ai propri valori : sottomettersi agli Slavi e rinunciare a qualsiasi Italianità, alla propria lingua, alle proprie tradizioni, alla propria fede. Molti ancora resistevano nella illusione che forse i boia non avrebbero continuato a scannarli ma fu un grave errore di calcolo.

La strage di Vergarolla dell’agosto 1946, con 80 morti e centinaia di feriti tra la popolazione Italiana di Pola diede il colpo di grazia alle illusioni di pochi. Quasi mezzo milione di Italiani scelgono in modo definitivo di fuggire in Italia, da questi territori e soprattutto dal terrore slavo.

Migliaia di Italiani scelgono di diventare esuli, scelgono con grande dolore di abbandonare in mano ai loro nemici , tutto : case, soldi, terreni, lavoro, aziende pur di rimanere Italiani e soprattutto per non essere ridotti al rango di schiavi.

La Jugoslavia requisì tutti i beni degli Italiani, come i Nazisti fecero con gli Ebrei.

La cosa vergognosa fu l’atteggiamento criminale che il Partito Comunista Italiano e i suoi alleati,  adottò verso questa immane tragedia: i treni con a bordo gli esuli attraversando le stazioni del Nord Italia, furono accolti dai militanti comunisti con bandiere rosse, che li insultarono ferocemente, arrivando al punto di sputargli addosso e gridando loro “fascisti, boia, criminali, banditi, delinquenti”. Addirittura il latte destinato ai bimbi che viaggiavano sui treni, venne rovesciato sui binari piuttosto che essere distribuito a centinaia di piccoli che ne avevano disperato bisogno.

L’Unità del novembre 1946, in un editoriale razzista così scriveva ” Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città. Non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall’alito di libertà che precedeva o coincideva con l’avanzata degli eserciti liberatori. I gerarchi, i briganti neri, i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi”.

Non solo i Comunisti Italiani ebbero comportamenti odiosi , anche la classe dirigente della Democrazia Cristiana non diede la necessaria rilevanza a questo esodo e non approfondì le atrocità delle foibe.

I profughi Dalmati furono rinchiusi in vecchie strutture dismesse come caserme, scuole e quant’altro, in una promiscuità incredibile, circondati dall’odio e dall’egoismo. Alcuni si suicidarono, altri si ammalarono, altri ancora iniziarono a bere, ma molti sopravvissero per testimoniare il loro tormento e l’ingiustizia che subirono, prima dagli Slavi e poi dagli stessi Italiani.

Per diversi decenni , un colpevole silenzio coprì in Italia questa spaventosa tragedia che grida vendetta a distanza di tanti anni e che è ben presente nella mente e nell’anima di chi subì questa pulizia etnica.

Molti ricordano ancora con orrore, un presidente della repubblica Italiana, Sandro Pertini, che presenziò al funerale di Tito e baciò la sua bara pur sapendo le atrocità da lui commesse sugli Italiani. Su Pertini per questo suo atteggiamento rispettoso verso un assassino di Italiani, peserà nella storia, un pesante giudizio morale negativo.

Il 10 febbraio del 2005 il Parlamento Italiano , dopo tante esitazioni e tentennamenti, ha dedicato la giornata del ricordo dei martiri delle foibe e dei profughi Istriani e Dalmati.

Alcuni negazionisti infami, si applicheranno nel corso degli anni, per negare l’evidenza dei fatti o per minimizzare il numero delle vittime etichettando i martiri infoibati come fascisti e quindi meritevoli del feroce destino ma tutti, anche loro, sanno benissimo quello che accadde in quelle terre : un genocidio ai danni di migliaia di Italiani, vecchi, giovani, uomini, donne, militari, civili, poveri, benestanti, comunisti, e fascisti ma soprattutto Italiani.

Roberto Nicolick

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