Liguria. “Sulle cure palliative per i malati terminali l’assessore Viale sostiene di voler potenziare l’assistenza domiciliare, invece di aumentare i posti letto, come chiede il Partito Democratico. Ma visto che la vicepresidente della Giunta non ha presentato alcun tipo di programmazione e non ha previsto alcun investimento a sostegno di questa tesi, vorremmo capire cosa intenda fare effettivamente la Regione per dare una risposta alle famiglie liguri su un tema così delicato”. Così oggi in Consiglio regionale Pippo Rossetti, consigliere regionale del Pd, che ha presentato una interrogazione in cui ha chiesto alla giunta di aumentare i posti letto per le cure palliative in regione Liguria.
Il consigliere ha rilevato che in Italia ogni anno ci sono 313 mila i malati terminali che richiedono percorsi personalizzati e coordinati di equipe specializzate formate da medici, infermieri, operatori socio-sanitari, psicologi, volontari, che accompagnino il percorso dei pazienti e delle famiglie ma 2 italiani su 3 ignorano il diritto alla cura tutelato dalla legge 38 del 2010.
“Il deficit di strutture per le cure palliative sul nostro territorio è molto ampio. Solo per citare un dato emblematico la Gigi Ghirotti, nel 2017, ha ricevuto un migliaio di richieste per l’assistenza di malati terminali e ne ha potute soddisfare solo la metà, lasciando fuori 500 persone. Di fronte a questi numeri l’assessore, però, sostiene che la Giunta punterà sull’aumento dell’assistenza a domicilio”.
“A nostro avviso si tratta di una risposta che rischia di rivelarsi inadeguata dal punto di vista quantitativo e rimaniamo convinti che l’aumento dei posti letto sia il metodo migliore per rispondere alle esigenze dei malati terminali e delle loro famiglie. Ma al di là delle diverse strategie da adottare, ribadiamo che sarebbe opportuno che la Giunta chiarisse come intende potenziare l’assistenza domiciliare, con quali fondi e su quali basi” conclude Rossetti.
L’assessore alla sanità Sonia Viale, dopo avere illustrato il quadro normativo nazionale e regionale che regola l’organizzazione delle cure palliative e la rete ligure di assistenza, ha rilevato che nelle due ultime annualità il numero di posti letto risulta adeguato ma, secondo i nuovi orientamenti sanitari che puntano al benessere psicofisico del malato, è opportuno implementare le cure palliative domiciliari.
“Negli ultimi due anni il numero di posti letto in hospice in Liguria è stato giudicato adeguato sulla base dei Lea – Livelli essenziali di assistenza, stabiliti con decreto a livello nazionale mentre è stato indicato al contempo l’impegno ad implementare le cure palliative domiciliari. Nell’ambito dell’assistenza domiciliare di cure palliative, nel 2016 le Asl liguri hanno effettuato complessivamente 57.671 accessi domiciliari nei confronti di 2.138 pazienti” ha precisato la vicepresidente e assessore alla Sanità rispondendo oggi, in Consiglio regionale.
L’assessore alla Sanità ha sottolineato in aula che Regione Liguria riconosce le cure palliative come un approccio integrato in grado di migliorare la qualità di vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare problematiche anche di natura fisica, psicosociale e spirituale associate a malattie inguaribili.
La vicepresidente Viale ha ricordato che a livello regionale è iniziato un processo per omogeneizzare gli interventi sul territorio. Come prevede la legge nazionale, l’obiettivo è superare la logica dei posti letto in hospice quale unica garanzia di assistenza di cure palliative, attraverso il potenziamento dell’assistenza domiciliare, elaborando per ogni paziente un progetto assistenziale individualizzato. Un approccio che secondo Regione Liguria garantisce una presa in carico complessa, secondo un’offerta che va dalle cure domiciliari all’hospice in base alle necessità.
L’assessore alla Sanità ha evidenziato in aula che le cure domiciliari palliative consentono ai pazienti, laddove possibile, di essere seguiti a casa, permettendo di raggiungere alcuni importanti obiettivi tra cui il miglioramento della qualità di vita del paziente che può mantenere le proprie attività e relazioni, l’aiuto alle famiglie, ai caregivers e alle persone che si prendono cura del malato, l’accesso del paziente alle strutture sanitarie in caso di necessità, il trattamento a domicilio della patologia evitando ricoveri impropri e istituzionalizzazioni non adeguate.