Rosso pistacchio

La storia di Bianco e Nero

"Rosso Pistacchio" è la rubrica al femminile di IVG: ogni martedì si parla di donne con Marzia Pistacchio

Rosso Pistacchio

“Rosso Pistacchio” è la rubrica di Marzia, che ama definirsi “una truccatrice struccata”. Uno spazio al femminile dal taglio volutamente “leggero” in cui parlare a 360 gradi di tutto ciò che ruota intorno alle donne. In salsa savonese, naturalmente, e con le illustrazioni create “ad hoc” da Giusy Ghioldi.

C’è un antichissimo affresco rupestre in una caverna in Indocina, o forse in Indonesia, dal quale gli archeologi sono riusciti a ricostruire una leggenda che si credeva ormai perduta.

I dipinti narrano della nascita di creature mitologiche, molto simili agli angeli, con lunghe orecchie a punta, e pelle molto chiara. Le creature nascono da grosse uova dal guscio molle e dal colore lattiginoso, le madri le depositano amorevolmente su grosse foglie di ninfea, e le affidano alla corrente di un rigagnolo tranquillo.

Alla foce del fiume, un angelo-balia aspetta le uova con un canestro di palma intrecciata, le accoglie, con cautela le depone in un cesto di giunchi, e si prepara al trasporto.

Un passo dietro l’altro, con attenzione , schiva ogni radice, evita il fango, sudando per il timore, non osa volare. L’angelo balia potrebbe farlo, ma teme che il canestro ceda, e il carico è troppo importante.

Si narra che, in un giorno di tempesta ,un Angelo balia, giunto quasi a destinazione, fu colpito da un fulmine e morì, lasciando cadere a terra il prezioso carico.

I piccoli angeli in nuce vennero recuperati, e depositati al villaggio dove presto nacquero e crebbero, guidati da amorevoli nutrici e insegnanti.

Dalla nidiata salvata dal fulmine nacquero bellissimi angeli dalle ali candide e forti, angeli guerrieri, angeli raccoglitori, angeli esploratori.

Dalla stessa nidiata nacquero anche due angeli disgraziati: a entrambi mancava un’ala.

Le nutrici li amavano in egual modo, ma li tenevano nascosti e in solitudine, e l’uno non sapeva dell’esistenza dell’altro.

Nero era studioso e diligente, si credeva orribile, e le poche volte che gli avevano permesso di giocare coi suoi coetanei, aveva attaccato briga con tutti, provocandosi ferite che gli avevano lasciato cicatrici sul volto.

Bianco era fantasioso e impulsivo, giocava con la fantasia e amava dipingere, non sopportava la propria immagine monca, e quindi non si guardava mai.

Entrambi di nascosto avevano tentato il volo, cadendo miseramente col volto nella terra amara ,e si erano rialzati con l’orgoglio tremendamente ferito.

Divennero giovinetti e divennero anche più curiosi del mondo e più coraggiosi.

Bianco si era spinto quel giorno al ruscello, per trovare coccinelle adatte per fabbricare il color rosso che utilizzava per dipingere papaveri vermigli.

Nero vagava, spinto da non sapeva che rabbia, prendeva a calci la rena ,mentre sopra la sua testa i compagni sfrecciavano volando.

Bianco e Nero si incontrarono.

I due angeli senza un’ala si riconobbero e videro nell’immagine dell’altro la propria solitudine.

I corpi si fecero liquidi e scivolarono gocciolando nell’erba, entrarono nello stesso contenitore, quello della passione, e lì si mischiarono, perdendo i confini di quale era l’uno e quale l’altro.

Nell’estasi d’amore qualcosa di strabiliante accadde: le mani intrecciate, i corpi uniti, le ali sbattevano accompagnando la passione. Bianco e Nero si ritrovarono a volare abbracciati.

Le risate stupite e felici risuonarono sino al villaggio… Bianco e Nero avevano trovato l’amore e il modo di volare.

E fu bellissimo godere del mondo abbracciati. Incontrarono i draghi delle lande infuocate, si spinsero fino ai confini sopra le nuvole, facevano l’amore in volo ridendo, gridando, giocando. Bianco baciava le cicatrici sul viso di Nero ogni giorno, e Nero guariva quelle dell’anima dell’amico.

Arrivò poi il triste giorno il cui Nero portò a Bianco un grosso involucro: un dono, una sorpresa.

Nero spiegò che aveva messo a punto un prototipo funzionante di ala artificiale, e che finalmente avrebbero potuto volare anche da soli.

Gli occhi di Bianco si fecero vacui, rispose che non serviva, che desiderava volare solo insieme all’amato.

Nero se ne andò, spiegando che era ora che volassero da soli, e che quella era la strada per il bene di entrambi.

Passava il tempo, Nero divenne una forza con la sua nuova ala artificiale, bello e sicuro di sé, il suo mondo ora era il cielo.

Bianco rimaneva a terra e lavorava per esser felice anche così, a volte riusciva, a volte si ritrovava a grattare alla porta di Nero supplicando di volare con lei ancora una volta. Lui non apriva nemmeno.

Quel giorno funesto Nero parlava ad alta voce ,ed era una delle rare volte in cui era a terra. Faceva comunella con altri,e ,con fare gradasso parlava del compagno che avrebbe voluto, un compagno capace di seguirlo ovunque.

Bianco maledì le proprie gambe e corse a scartare l’involucro che aveva sepolto in un angolo buio della propria casa.

Salì sulla rupe più alta e si gettò.

L’ultima cosa che vide, durante la caduta fu il volto terrorizzato di Nero che si buttava in picchiata per salvarlo.

Poi più nulla.

“Rosso Pistacchio” è la rubrica al femminile di IVG, ogni martedì a cura di Marzia Pistacchio: clicca qui per leggere tutti gli articoli

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