Violazione di sigilli

Quadro “sparito” dalla villa sotto sequestro di Loano: Fameli assolto da ogni accusa

Secondo l'accusa l'imprenditore aveva violato i sigilli della villa per portare via il dipinto

Loano. Si è chiuso con un’assoluzione perché il fatto non sussiste il processo che vedeva a giudizio Antonio Fameli per l’intricata vicenda della presunta sparizione di un quadro dalla villa, finita sotto sequestro, del faccendiere loanese.

Fameli, che era difeso dall’avvocato Gian Maria Gandolfo, doveva rispondere delle accuse di violazione dei sigilli e asportazione di materiale sotto sequestro, ma questa mattina è stato appunto prosciolto da ogni accusa. La contestazione era stata formalizzata dalla Procura sulla base del presunto spostamento di un quadro raffigurante il volto di Cristo (che ha la particolarità di “seguire” con lo sguardo la persona che lo sta osservando), originariamente sistemato nella villa della via Aurelia al numero 271, nell’abitazione di via Boccaccio dove Fameli nel 2012 scontava gli arresti domiciliari.

Secondo l’accusa, infatti, il dipinto nel giugno 2012, quando la villa era finita sotto sequestro, si trovava nell’abitazione, mentre nel febbraio 2013, in seguito ad una violazione dei sigilli, non era più lì, ma appeso nell’appartamento di via Boccaccio. Un elemento che, per gli inquirenti, provava che fosse stato proprio Fameli ad entrare senza permesso nella casa. Una tesi che, attraverso 17 pagine di esposto, l’imputato aveva cercato di smontare documentando come nella ricostruzione degli inquirenti ci sarebbero state molte inesattezze. In particolare, sempre secondo Fameli, gli inquirenti avrebbero fatto confusione tra i numerosi quadri presenti nella villa dove c’era anche un secondo ritratto di Cristo sulla croce (anch’esso con la particolarità di “seguire” con lo sguardo chi lo sta osservando) che non era mai stato spostato.

Ma c’era di più: a sostegno delle accuse lanciate nell’esposto c’erano anche quattro video (di cui solo due acquisiti dagli inquirenti), ripresi con il cellulare del figlio della compagna di Fameli al momento di lasciare la casa, che testimonierebbero come il quadro di Cristo in questione fosse già stato spostato prima che venissero messi i sigilli nel giugno del 2012.

Una versione che, infatti, era stata confermata davanti agli inquirenti proprio da Giuseppina “Rita” Fameli e Juana Clara Socualaya Magino (rispettivamente figlia e compagna) dalle quali era arrivata la conferma che il quadro fosse stato spostato dalla villa da subito, ovvero quando Fameli aveva traslocato nell’appartamento di via Boccaccio. Dichiarazioni che erano costate alle due donne il rinvio a giudizio per favoreggiamento personale (contestazione dalla quale erano già state assolte in un processo connesso) perché, secondo la Procura, avevano solo cercato di “scagionare” Antonio Fameli.

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