Lettera al direttore

Punto di vista

Ordinanza cani Savona, l’analisi di un laureato in Giurispridenza

Secondo l'autore della lettera "l’ordinanza, oltre ad essere in contrasto con la giurisprudenza della Cassazione, incoraggerebbe condotte penalmente perseguibili"

protesta ordinanza cani
Foto d'archivio

Buongiorno,

sono laureato in giurisprudenza e sto svolgendo tirocinio formativo presso il tribunale di Savona. Analizzo, dal punto di vista giuridico, la recente ordinanza del sindaco nella parte in cui statuisce che, in determinate zone del centro, il proprietario di un cane per evitare di incorrere in una sanzione amministrativa dovrebbe, nel momento in cui l’animale vorrebbe espletare i suoi bisogni, condurre il medesimo in strada perché, altrimenti, anche nel caso in cui pulisse, sarebbe soggetto a responsabilità amministrativa (c.d. “multa”).

È evidente che il sindaco e coloro che hanno sollecitato l’ordinanza non abbiano tenuto conto che la condotta in questione potrebbe integrare la fattispecie di cui all’articolo 544 ter del codice penale (maltrattamento di animali ). Il primo cittadino continua ad affermare che l’ordinanza sia in linea con la giurisprudenza della Cassazione richiamando la sentenza della Corte di legittimità (penale) n.5082/2015. Per quanto riguarda le zone del centro, dove, come detto sopra, viene comminata una sanzione amministrativa indipendentemente dal fatto che il proprietario del cane pulisca i bisogni del medesimo, l’ordinanza,a dire il vero è in totale contrasto con la giurisprudenza della Cassazione (penale) sul punto.

La Suprema Corte nella sentenza n.5082/2015, in motivazione, afferma: “a) è un dato di comune esperienza che il condurre un cane sulla pubblica via apre la concreta possibilità che l’animale possa imbrattare con l’urina o con le feci beni di proprietà pubblica o privata: ci troviamo quindi certamente di fronte ad una indubbia probabilità dell’evento che quisque de populo non può non rappresentarsi e che certamente anche l’odierno imputato non poteva non essersi rappresentato accettandone quindi la situazione di rischio;

b) è però anche un dato di comune esperienza che, per quanto l’animale possa essere stato bene educato, il momento in cui lo stesso decide di espletare i propri bisogni fisiologici è talvolta difficilmente prevedibile trattandosi di un istinto non altrimenti orientabile e, comunque, non altrimenti sopprimibile mediante il compimento di azioni verso l’animale che si porrebbero al confine del maltrattamento nei confronti dello stesso;

c) ancora, è un dato di comune esperienza che i cani non esplicano i propri bisogni fisiologici all’interno degli appartamenti o degli altri luoghi chiusi di privata dimora, con la conseguenza che i possessori dei predetti animali che risiedono in agglomerati urbani si vedono necessitati a condurli sulla pubblica via con tali finalità: non sempre le Autorità locali sono in grado di predisporre luoghi appositi ove detti animali possano espletare i loro bisogni fisiologici e comunque non può essere escluso che gli animali decidano (con tempi e modalità che, come detto, non è possibile inibire) di espletare tali bisogni altrove o prima del raggiungimento dei luoghi a ció deputati. Ecco che allora l’unica limitata sfera di azione che compete a chi è chiamato a condurre sulla pubblica via detti animali è quella di agire al fine di ridurre il più possibile il rischio che questi possano lordare i beni di proprietà di terzi quali – come è tipicamente il caso – i muri di affaccio degli stabili od i mezzi di locomozione ivi parcheggiati. (omissis) La possibilità che un cane condotto sulla pubblica via possa quindi imbrattare beni di proprietà di terzi è frutto di un rischio certamente prevedibile ma non altrimenti evitabile, non essendo ipotizzabile che l’animale sia costretto ad espletare i propri bisogni fisiologici all’interno di luoghi di privata dimora (o comunque di ambienti chiusi) privi di pertinenze esterne (cortili, giardini, ecc.). Ciò che si può quindi richiedere a chi è necessitato a condurre un cane sulla pubblica via per tali incombenze è solo un corretto governo di tale (inevitabile) rischio, governo realizzabile, ad esempio, attraverso la possibilità di una attenta vigilanza sui comportamenti dell’animale, attraverso la possibilità di limitarne la totale libertà di movimento (se del caso tenendolo legato con un guinzaglio) o comunque intervenendo con atteggiamenti tali da farlo desistere – quantomeno nell’immediatezza – dall’azione.”

È evidente che i principi enucleati nella sentenza, in particolare quelli di cui alla lettera B della motivazione, siano in contrasto con l’ordinanza nella parte in cui statuisce che, in determinate zone del centro, i proprietari di un cane siano soggetti a responsabilità amministrativa indipendentemente dal fatto che puliscano i beni sporcati dall’animale, sia perchè il proprietario di un animale, tirando il cane in strada, per evitare di incorrere nella relativa sanzione amministrativa, sarebbe soggetto a responsabilità penale, sia perché è impossibile evitare il rischio che il cane condotto sulla pubblica via imbratti beni di proprietà di terzi, ma è soltanto possibile richiedere al proprietario di detto animale un corretto governo di questo, inevitabile, rischio. Al massimo, nel caso in cui il propietario fosse venuto meno a questi suoi “doveri” di governance sarebbe soggetto a responsabilità extracontrattuale (quindi civilistica), argomento che in questa sede non interessa dato che l’analisi giuridica voleva evidenziare come l’ordinanza, oltre ad essere in contrasto con la giurisprudenza della Cassazione incoraggerebbe condotte penalmente perseguibili.

Cordiali saluti
Matteo Cervari

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