Savona. “E’ una sentenza che farà giurisprudenza”. Così l’avvocato Pierfrancesco Torrisi, legale di una delle coppie coinvolte nella vicenda relativa alla truffa intorno alle adozioni internazionali sull’asse Italia-Kirghizistan, commenta la sentenza che condanna la Commissione Adozioni Internazionali e l’Ente Airone Onlus di Albenga a risarcire i suoi assistiti con 178.093 euro più 15.460 euro di spese legali. “Per la prima volta in Italia – annuncia l’avvocato – viene riconosciuta la responsabilità civile della Commissione Adozioni Internazionali per omessa vigilanza, ‘a fronte delle evidenti gravi irregolarità’ ravvisate dalla seconda sezione del Tribunale civile di Roma”.
A giudizio il presidente dell’Associazione Airone, la 69enne Silvia La Scala, e una collaboratrice della onlus che operava da Bergamo, la 47enne Inna Troukhan, chiamate a rispondere rispondere del reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe. Indagate anche altre due persone: Alexander Angelidi, di 52 anni, e Venera Zakirova, 48 anni, entrambi di nazionalità kirghisa, che operavano come referenti esteri dell’associazione. Sul registro degli indagati era finita anche una quinta persona, il vicepresidente della Onlus Orietta Maini, che nel frattempo è deceduta e di conseguenza la sua posizione era stata stralciata.
“Il caso risale al 2012 – racconta Torrisi – quando i coniugi Falena Lepre e altre 20 coppie partirono alla volta dell’ex Repubblica sovietica del Kirghizistan, nella capitale Bishkek, per adottare dei bambini appunto tramite l’ente Airone Onlus. Adozioni rivelatesi poi irrealizzabili perché i bambini avevano una famiglia e non erano in stato di abbandono. Ora sarà il Tribunale di Savona a stabilire se intorno alle adozioni fantasma girava un vero e proprio racket di minorenni spacciati per ‘orfani’, gestito dall’oggi latitante Alexander Anghelidi, imputato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa per la compravendita di bambini come ipotizzato dalla Pm Daniela Pischetola”. Il magistrato ha contestato agli indagati nelle ventisette pagine di imputazione anche l’aggravante della “minorata difesa” delle persone offese (avrebbero approfittato del loro forte desiderio di genitorialità) e del reato “transnazionale”.
Secondo l’ipotesi degli inquirenti, i vertici dell’associazione “Airone” indirizzavano le coppie italiane verso il Kirghizistan con la promessa che l’iter per l’adozione sarebbe stato facile e veloce rispetto ad altri paesi stranieri. Proprio per questo motivo, sempre per quanto accertato dalla Procura, nel 2012 l’associazione aveva avviato la procedura per ottenere l’accreditamento ad operare nel paese asiatico insieme ad altri due enti, la “Bambarco” e la “Primogenita” (che non sono coinvolti nell’inchiesta). In quella fase però sarebbero comparse diverse problematiche tanto che le altre due associazioni, anche alla luce delle preoccupazioni del Cai, avevano deciso di fare un passo indietro e di non portare avanti gli iter per le adozioni in Kirghizistan.
“Airone” invece non aveva fatto nessuna retromarcia: al contrario avrebbe rassicurato le coppie e anche la Commissione Adozioni Internazionali sulla regolarità delle pratiche. In realtà – questa la tesi del pm Pischetola – i bimbi che erano stati associati alle famiglie italiane non erano adottabili e, in alcuni casi, erano già stati associati a coppie statunitensi. Gli aspiranti genitori che si erano affidati alla onlus albenganese, ignari delle problematiche, continuavano però a versare ingenti somme di denaro all’associazione: gli investigatori hanno stimato che per ogni pratica siano stati pagati almeno diecimila euro, tra bonifici e trasferimenti di denaro attraverso il sistema “Western Union”, senza contare le spese di viaggio verso il Kirghizistan.
Nel 2013, all’ennesima richiesta di denaro da parte della onlus una coppia di Pisa, ormai esasperata, aveva deciso di denunciare quello che stava succedendo. Poco dopo erano arrivate denunce dello stesso tenore anche a Roma e a Bergamo. Nel frattempo in Kirghizistan era esploso uno scandalo legato proprio alle adozioni internazionali che aveva portato all’arresto del ministro dello Sviluppo sociale, Ravshan Sabirovla. Fatti in seguito ai quali la Commissione Adozioni Internazionali aveva anche avviato un accertamento interno che, nell’ottobre 2013, aveva portato all’espulsione dell’associazione “Airone” dell’albo delle associazioni accreditate ad operare nelle pratiche adottive.
Dal punto di vista giudiziario, visto che la sede dell’associazione “Airone” risultava essere ad Albenga, per competenza, i fascicoli sono finiti tutti a Savona. In quel momento è iniziata la complessa indagine coordinata dal pm Pischetola che ha visto impegnati i poliziotti della squadra mobile savonese. Gli inquirenti hanno ascoltato le diverse coppie, sparse sul territorio nazionale e coinvolte nell’affaire “Airone”, ma hanno anche raccolto prove documentali sull’attività della onlus in Kirghizistan (per farlo è stata necessaria la collaborazione dell’ambasciatore italiano in Kazakistan visto che non esiste un’ambasciata sul territorio kirghiso).
“Per ora una cosa è certa – prosegue l’avvocato Torrisi – Era noto, scrive la magistrata Canonaco nella sentenza di Roma, ‘che l’Ente Airone Onlus operava tramite un referente di fatto diverso da quello indicato alla Commissione, mentre non erano stati raccolti dall’ente accreditato documenti fondamentali quali le schede dei bambini’. La sentenza conferma quindi l’impianto accusatorio esposto anche dinnanzi al Tribunale Penale di Savona. Ma intanto decine di coppie italiane coinvolte nella vicenda kirghiza attendono ancora giustizia e soprattutto sperano di sapere in quale stato versino i bimbi che hanno conosciuto e mai più rivisto, vittime innocenti di un ignobile raggiro”.
“A nome della coppia, l’unica a essere oggi risarcita, si esprime ampia gratitudine alla Magistratura, nella quale si è sempre confidato” conclude l’avvocato. “Continueremo a batterci affinché non accadano in futuro drammi simili – è il commento dei coniugi Falena – è necessario uno sforzo congiunto, da parte di tutti gli enti e le autorità preposte al controllo. Il percorso adottivo deve essere una strada di incontro e di amore, nella massima trasparenza ed efficienza, sempre protetto e nel rispetto della Legge per tutelare i minori e le famiglie”.