Operazione lupin

Truffa della vendita delle case alle Canarie: confermata in appello la condanna per Galassi fotogallery video

Nel processo di secondo grado la pena è stata leggermente ridotta perché alcune imputazioni erano prescritte, ma il risarcimento alle parti civili è stato confermato

Albenga. Condanna confermata in corte d’appello, ma pena leggermente ridotta visto che alcuni degli episodi contestati all’impuitato sono finiti in prescrizione. E’ il verdetto del processo di secondo grado per Emanuele Galassi, l’imprenditore bolognese finito nei guai nell’ambito dell’operazione “Lupin” che aveva scoperto un giro di truffe milionarie legato alla vendita di case alle Canarie.

I giudici genovesi questa mattina hanno infatti condannato Galassi a quattro anni e nove mesi (in primo grado, nel novembre 2016, era stato condannato a cinque anni e quattro mesi con il rito abbreviato) ed hanno confermato il risarcimento alle parti civili che era stato definito dal tribunale di Savona. Galassi era stato condannato per le accuse di associazione per delinquere e truffa, mentre era stato assolto “perché il fatto non sussiste e perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato” da quelle di sostituzione di persona e falso (il suo legale, l’avvocato Luca Morelli, aveva chiesto la concessione delle attenuanti generiche perché l’imputato aveva ammesso l’addebito e aveva manifestato volontà risarcitoria verso le parti offese, ma anche l’assoluzione dall’accusa di associazione per delinquere).

I legali delle parti civili (gli avvocati Laura Comparetto, Michele Grigenti e Marco Ballabio) avevano chiesto invece un risarcimento del danno nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro per ogni vittima che era stato concesso dal collegio del tribunale che aveva condannato Galassi a versare una somma complessiva di 982 mila di euro.

Galassi era finito in manette insieme ad un romano, Massimiliano Madonia, agente immobiliare dell’agenzia spagnola “Lupain Properties” (società che però è estranea al maxi raggiro), che aveva definito la sua posizione con un patteggiamento.

Secondo quanto accertato dai carabinieri del Nucleo Operativo inguano, Madonia, di nascosto dalla sua agenzia, intercettava tra i clienti interessati a vendere gli immobili di loro proprietà a Tenerife quelli più anziani, considerati più “vulnerabili”, e li dirottava su Galassi, che a quel punto inscenava una “trattativa” proponendo ai clienti affari estremamente vantaggiosi.

Una volta perfezionata la “vendita”, che in realtà era fittizia, i presunti agenti immobiliari inventavano un ostacolo di tipo burocratico (indagini della Corte Suprema, fallimenti o cause di altro genere) che impediva di ricevere il capitale dall’istituto che in quel momento era in possesso del denaro, spiegando all vittime che per sbloccarlo era necessario pagare alcune somme di denaro.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i truffatori utilizzavano numerose utenze telefoniche “dedicate” attraverso le quali contattavano le vittime fingendosi interpreti, funzionari dell’Ambasciata, commercialisti, avvocati o amministratori di grandi multinazionali (clicca qui per sentire le intercettazioni). E le richieste di soldi erano ovviamente supportate da documenti falsi: gli ideatori del sistema truffaldino prendevano stemmi e loghi delle Canarie dal web e producevano i carteggi tarocchi. In molti casi con una certa fantasia: le immagini dei giudici della Corte Suprema erano prese dal Daily Mail, mentre nome e firma dell'”avvocato Billy Pontoni” erano in realtà quelli di un celebre cantante folk colombiano (su uno dei suoi cd campeggia appunto la sua firma). Anche i nomi sotto cui Galassi conduceva le trattative erano vari: non solo il citato Billy Pontoni, ma anche Rudolph Cabral, avvocato Pietro Giglio, Marco Lippmann, Giacomo De Angelis o Dr. Madera.

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Le persone che vantavano un credito fittizio per la vendita mai avvenuta, spesso per un valore superiore a quello di mercato, cominciavano così a sborsare ingenti somme per ottenere il capitale promesso. Secondo quanto accertato dai militari, la truffa ha fruttato più di 2 milioni di euro, e più di 15.000 euro al mese. Molte delle vittime, spesso anziani che agivano all’insaputa dei familiari, però avrebbero fornito agli inquirenti cifre più basse di quelle reali nel timore di essere “rimproverati” per la loro ingenuità.

Nel corso dell’indagine, che è stata portata avanti dai carabinieri di Albenga perché la prima denuncia è stata presentata da una vittima savonese, gli investigatori sono incappati in alcuni casi al limite del tragico: su tutte probabilmente quello di un imprenditore di Loano, che per far fronte alle continue richieste di denaro (ha inviato in totale 800.000 euro, inseguendo supportate dal sogno di un guadagno milionario) è arrivato a far fallire la propria azienda e a vendere la casa in cui viveva con l’anziana moglie, la sorella ed il cognato, cadendo in uno stato di povertà tale da dover essere accolto dalla Caritas e costretto a vivere in un camper. E lo stesso sacerdote che l’ha accolto è caduto vittima a sua volta della truffa, prima per aiutare l’anziano e poi nella speranza di trarre guadagno, sborsando in totale 140.000 euro. Mentre i truffatori, ironia della sorte, vivevano a Tenerife in un complesso residenziale con piscina il cui affitto era pagato proprio dalle vittime.

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L’operazione “Lupin” era durata poco più di un anno e i militari, insieme al titolare delle indagini Giovanni Battista Ferro, avevano effettuato anche una perquisizione in Spagna durante la quale erano stati sequestrati computer e diversi documenti. Soltanto in uno dei pc sequestrati ci sono 1200 email da sviluppare ed esaminare per confermare quanto già risulta dai trasferimenti di denaro.

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