Rosso pistacchio

Casimiro Meneghetti e la fonte inesauribile di femmine

"Rosso Pistacchio" è la rubrica al femminile di IVG: ogni martedì si parla di donne con Marzia Pistacchio

Rosso Pistacchio

“Rosso Pistacchio” è la rubrica di Marzia, che ama definirsi “una truccatrice struccata”. Uno spazio al femminile dal taglio volutamente “leggero” in cui parlare a 360 gradi di tutto ciò che ruota intorno alle donne. In salsa savonese, naturalmente.

Casimiro Meneghetti, detto Miro, era un uomo molto brutto. Frutto di una strana mescolanza etnica, Casimiro Meneghetti, detto Miro, aveva preso il peggio da ogni ceppo della sua insipida zuppa genetica.

Era un giostraio, Casimiro, ma non di quelli interessanti e intrigantemente maledetti che girano il mondo, no, Casimiro Meneghetti, detto Miro, era il giostraio stanziale di una vecchia, brutta e lercia giostra per bambini.

Casimiro Meneghetti, detto Miro, era un uomo molto magro, dalla pelle grigiastra e il naso come un rostro di un nebbio. Aveva un dente d’oro che mostrava con orgoglio, sorridendo spavaldo e fiero e pulendosi le grosse orecchie a sventola con la lunghissima unghia del dito mignolo, emetteva sempre un potente fischio di godimento.

Casimiro Menegetti, detto Miro, era sempre pieno di donne. Ridendo con gli amici diceva, il buon Casimiro, che aveva trovato una “fonte inesauribile di femmine”, e mentre diceva “femmine”, il dente d’oro sibilava e partiva uno sputo giallognolo verso l’interlocutore.

Ed era vero. Casimiro aveva trovato una fonte inesauribile di femmine, femmine grasse però. Perché a Casimiro Meneghetti, detto Miro, le donne piacevano chiatte. Adorava il dondolio delle chiappe cellulitiche, il rossore da sfregamento tra le cosce grasse, l’afrore acido del sudore tra i seni in estate.

Casimiro Meneghetti si sedeva con una copia di Skorpio dell’82 nella sala d’aspetto del centro contro l’obesità dell’ospedale. Più precisamente si sedeva di fronte alla porta delle dietiste. E osservava.

Ogni giorno la stanza si riempiva di vecchie e giovani balene in attesa di chirurgia bariatrica.
Casimiro guardava i sederi strabordanti sulle povere sedie, soppesava i seni e i doppimento, ammirava i piedi assalsicciati nelle scarpe.

Sceglieva la più giovane, la più nervosa, quella che si torceva le mani prima di entrare alla pesa, e quella che usciva piangendo. La consolava, la corteggiava, ed era fatta.

Erano prede facili, le ciccione, ed erano fidanzate devote, grate all’universo di aver trovato un uomo che le desiderasse e che si buttasse così con passione sulle loro carni frementi. Erano grate ed erano generose.

Casimiro non doveva che chiedere e piovevano regali.

Casimiro Meneghetti, detto Miro, sguazzava nella pozza della gratitudine della fidanzata di turno fino a che lei non dimagriva, a quel punto si rendeva conto del topo di fogna che aveva accanto e lo lasciava miseramente. Casimiro tornava nella sala d’attesa e ricominciava.

Agata Calatascibetta, detta Agatina, per gli amici Tina, era una femminona di 150 chili. Veniva dalla Sicilia, la piccola Tina, ed era bella come un angelo. Un angelo grasso, ma sempre angelo era. Era una ragazza di campagna, di quelle zitte e obbedienti che sanno far felice un uomo, quelle che sanno quando si piantano i pomodori e le fave, quelle che al mattino puliscono il pollaio e che alla domenica sgozzano un coniglio cantando e lo cucinano per cena.

Casimiro Meneghetti, detto Miro, non poteva smettere di fissarla.

Agata aveva la pelle color tabacco e occhi neri di ossidiana. Sedeva dritta e composta, la piccola Agata, la testa dritta e fiera, il seno stretto in un abito casto, le mani abbandonate sulle cosce carnose e sode.

Casimiro Meneghetti, detto Miro, la guardò mentre andava alla pesa. Era imponente e altera come una donna e aveva lo sguardo smarrito di una bimba.

Casimiro Meneghetti, detto Miro, e Agata Calatascibetta, detta Agatina, si fidanzarono la settimana successiva. Casimiro era così pazzo della sua Agatina e di quel corpo che sapeva di zagara e sugna, che convinse Agatina a non operarsi, e anzi la spinse ad ingrassare ancora di più per aumentare il suo piacere.

Agatina cucinava, puliva ed era un’amante servizievole.

Casimiro mangiava, scorreggiava e guardava la tv.

Agatina cucinava, puliva e ordinava tutine in latex xxxl su amazon.

Casimiro mangiava, ruttava e giocava ai cavalli.

Quella domenica, mentre facevano l’amore, Casimiro alzò la testa dalle cosce di Agatina, detta Tina, e le disse: “Sei troppo grassa, basta, che schifo. Sei talmente grassa che non la trovo nemmeno più”.

Agatina Calascibetta, detta Agatina, per gli amici Tina, sospirò, serrò le cosce e le strinse forte. Era una ragazza di campagna e spesso aveva visto morire i conigli, quindi seppe esattamente che il momento in cui il coniglio smette di dibattersi è il momento in cui ha smesso di soffrire. Allora aprì le cosce e sospirò.

E fu così che Casimiro Meneghetti, detto Miro, morì.

giusy ghioldi

* Illustrazione di Giusy Ghioldi 

“Rosso Pistacchio” è la rubrica al femminile di IVG, ogni martedì a cura di Marzia Pistacchio: clicca qui per leggere tutti gli articoli

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