Infuriati

Sciopero a oltranza dei lavoratori di Mondomarine: “Nessun accordo coi cinesi e Falciai pensa al suo yacht”

Il principale azionista ha chiesto il varo del suo yacht non finito: secondo i lavoratori sarebbe un indizio del fatto che il 14 il tribunale potrebbe dichiarare fallita l'azienda

Savona. Protesta spontanea, questa mattina, davanti ai cancelli di Mondomarine a Savona: a partire dalle 8 i lavoratori si sono ritrovati all’ingresso dell’azienda dando vita ad un presidio permanente ad oltranza.

Motivo del contendere la mancata formalizzazione del passaggio dell’azienda alla nuova annunciata proprietà cinese e, soprattutto, l’ordine di metter in acqua uno yacht (di proprietà dell’imprenditore Alessandro Falciai, principale azionista dell’azienda) nonostante non sia ancora stato completato: una richiesta che, secondo i lavoratori, andrebbe ricondotta a un imminente fallimento di Mondomarine.

Lo sciopero dei lavoratori, in cassa integrazione fino al 18 giugno, nasce da un incontro avuto ieri con la dirigenza: “Ci avevano promesso per il 2 giugno un documento che attestasse il passaggio di proprietà ai cinesi, permettendo così di mettere a posto la situazione debitoria – racconta Franco Paparusso della Uil – Invece ieri l’azienda ci ha convocato e spiegato che ad oggi non esistono contratti firmati, ed anche il famoso deposito a garanzia per proseguire con la ristrutturazione del debito non c’è stato. Ad oggi quindi non abbiamo alcuna garanzia sul nostro futuro”.

Ma non solo. Una richiesta specifica ha gettato nel panico i lavoratori: “Stiamo lavorando su un piccolo yacht di proprietà del principale azionista dell’azienda, Falciai. Ieri ci è stato dato ordine di varare la nave anche se palesemente non è ancora in condizione di poter navigare. Dato che il 14 giugno è previsto il passaggio in tribunale per capire se l’azienda può stare ancora in piedi o se va dichiarata fallita, ci pare evidente che questo sia un modo per ‘salvare’ il proprio giocattolo da 10 milioni di euro prima della chiusura, mettendolo in acqua e poi facendolo rimorchiare altrove per completare i lavori”.

Da qui la decisione di dare vita a uno sciopero immediato e permanente: “Andremo avanti ad oltranza – annuncia Paparusso – fino all’arrivo delle garanzie sul passaggio di proprietà e fino al ritiro dell’ordine di mettere lo yacht in acqua”.

“Siamo usciti arrabbiati dall’incontro di ieri perché non ci sono state date le risposte che chiedevamo. Il proprietario del cantiere vuole mettersi in acqua la sua barca e andarsene via, ma noi abbiamo chiesto che resti qui come garanzia per i dipendenti e anche su questo c’è stato risposto di no. Quindi non avevamo altra alternativa se non fare questo sciopero. Temiamo che il 14 giugno ci potrebbe essere una dichiarazione di fallimento e per questo secondo noi vuole portare via la barca” spiega Paola Fachino, della Rsu.

Anche Lorenzo Ferraro della Film Cgil pretende risposte concrete: “Questi cinesi pronti ad investire esistono? E’ proprio questo il motivo per il quale siamo davanti ai cancelli. Ci dicono che è stato firmato un accordo, ma non esistono documenti che lo certifichino. Se poi il proprietario dell’azienda vuole portare via la barca ovviamente non possiamo pensare bene”.

“La barca ad oggi è l’unica garanzia che i lavoratori hanno per tenere il socio maggioritario nel pieno dell’attività dell’azienda. La società naviga in brutte acque e se quella barca va via i lavoratori non hanno più nessuno strumento di pressione verso l’azienda” conclude Francesco Balato della Feneal Uil Savona.

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