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Regione, Paita all’attacco: “La legge sulle case popolari sfratta chi già ci vive”

“Una legge confusa che avrà parecchie ripercussioni negative su cittadini, agevolando persino la perdita del diritto all’alloggio”

Raffaella Paita Consiglio regionale

Regione. “Il centrodestra ha presentato la nuova legge sull’assegnazione delle case popolari come un provvedimento che fa l’interesse dei liguri. Vi dimostriamo, invece, che è l’opposto”.

Lo dice la capogruppo del Pd in Regione Liguria Raffaella Paita, commentando la norma varata dal centrodestra sull’edilizia pubblica: “Una legge confusa – continua l’esponente del Partito Democratico – che avrà parecchie ripercussioni negative su cittadini, agevolando persino la perdita del diritto all’alloggio”.

Ecco i nodi più critici della legge Toti-Scajola secondo il Pd: “Prima di tutto questo provvedimento ostacola la mobilità dei liguri, elevando a 5 anni il limite minimo di residenza nei bacini di utenza per fare richiesta di un alloggio popolare. Quindi se qualcuno cambia casa o impiego ed è costretto a spostarsi da una parte all’altra della Regione, ma anche di pochi chilometri da dove viveva prima, dovrà attendere 5 anni per fare domanda. E nel frattempo come fa? E’ questo l’aiuto promesso?”

“La norma Toti-Scajola rende anche molto più stringenti e punitivi i limiti di reddito. Con le vecchia legge la famiglia che superava per 3 anni consecutivi il limite massimo di Isee doveva lasciare l’alloggio popolare che gli era stato assegnato, perché la propria situazione economica era migliorata. Ma si non trattava di uno sfratto: il nucleo familiare veniva trasferito in un appartamento a canone moderato. Con la legge Toti-Scajola, invece, basta superare per due anni (e non più tre) e neppure consecutivi il limite Isee per perdere i requisiti che danno diritto a una casa popolare e a quel punto bisogna abbandonare immediatamente l’alloggio, senza alcuna soluzione alternativa. In pratica si viene sfrattati. Con la vecchia legge il reddito dei figli non veniva considerato per dieci anni (un periodo congruo, vista la situazione lavorativa odierna) e quindi permetteva alla famiglia di programmare il proprio futuro. Oggi, dopo due anni, o il figlio va via di casa (con tutte le difficoltà del caso), o si licenzia o la famiglia perde l’alloggio. Insomma Toti e Scajola mettono a rischio le famiglie che possono travarsi, anche per un breve periodo, in una situazione economica migliore”.

Un altro problema cruciale riguarda “l’assegnazione delle case popolari. La vecchia legge prevedeva delle graduatorie e dei punteggi differenti a seconda delle condizioni economiche e sociali di chi faceva domanda. Con la legge Toti-Scajola si individuano invece nove categorie di persone che hanno diritto agli alloggi Erp e a una di queste (e cioè chi vive al di sotto della soglia di povertà e quindi percepisce circa 400 euro netti al mese) si assegna il 50% degli alloggi disponibili. L’altra metà va suddivisa fra le altre otto categorie rimaste (nuclei familiari sotto il limite Isee, giovani coppie, ultrasessantacinquenni, forze dell’ordine, nuclei familiari con disabili, nuclei familiari sfrattati, genitori separati o divorziati, persone sole con minori). Emergeranno problemi sulla gestione delle assegnazioni. Il rischio è che si produca una marea di ricorsi”.

Infine c’è il capitolo dedicato alla sublocazione: “La nuova legge Toti-Scajola, infatti, prevede che i morosi non colpevoli (e cioè chi non è in grado di pagare l’affitto della casa popolare in cui vive) possa subaffittarne una parte a chiunque, basta che soddisfi i criteri generali (5 anni di residenza, 10 di nazionalità italiana, fedina penale pulita) tranne quello economico. In pratica si aprono le porte delle case popolari (anche se in subaffitto) a chi ha un reddito superiore ai limiti Isee. Una vera e propria contraddizione, senza contare che nella legge non si specifica quanto sia esattamente questa parte di casa da subaffittare a quali siano i prezzi del subaffitto”.

“In conclusione – sottolinea Paita – la giunta Toti ha prodotto una legge che assegna un colpo di grazie all’edilizia popolare e al sostegno per i meno abbienti. A questo punto sorge il legittimo dubbio: non è che il centrodestra voglia smantellare progressivamente il sistema?

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