Spy story

Quadro “sparito” dalla villa di Loano, nessun favoreggiamento a Fameli: doppia assoluzione

A giudizio c'erano la figlia e la compagna dell'imprenditore: secondo l'accusa non avevano detto la verità davanti agli inquirenti per scagionarlo

Loano. Si è chiuso con una doppia assoluzione il processo che vedeva a giudizio Giuseppina “Rita” Fameli e Juana Clara Socualaya Magino, rispettivamente figlia e compagna di Antonio Fameli, per l’intricata vicenda della presunta sparizione di un quadro dalla villa del faccendiere loanese finita sotto sequestro.

Le due donne, difese dagli avvocati Emi Roseo e Gian Maria Gandolfo, erano accusate entrambe di favoreggiamento personale di Fameli che, a sua volta, per questa vicenda deve rispondere delle accuse di violazione dei sigilli e asportazione di materiale sotto sequestro (processo che è ancora in corso davanti al giudice Francesco Giannone). Una contestazione che era stata formalizzata proprio sulla base del presunto spostamento di un quadro raffigurante il volto di Cristo (che ha la particolarità di “seguire” con lo sguardo la persona che lo sta osservando), originariamente sistemato nella villa della via Aurelia al numero 271, nell’abitazione di via Boccaccio dove Fameli nel 2012 scontava gli arresti domiciliari.

Secondo l’accusa, infatti, il dipinto nel giugno 2012, quando la villa era finita sotto sequestro, si trovava nell’abitazione, mentre nel febbraio 2013, in seguito ad una violazione dei sigilli, non era più lì, ma appeso nell’appartamento di via Boccaccio. Un elemento che, per gli inquirenti, provava che fosse stato proprio Fameli ad entrare senza permesso nella casa. Una tesi che, attraverso 17 pagine di esposto, Fameli ha smontato documentando come nella ricostruzione degli inquirenti ci sarebbero molte inesattezze. In particolare, sempre secondo Fameli, gli inquirenti avrebbero fatto confusione tra i numerosi quadri presenti nella villa dove c’era anche un secondo ritratto di Cristo sulla croce (anch’esso con la particolarità di “seguire” con lo sguardo chi lo sta osservando) che non è mai stato spostato.

Ma c’è di più: a sostegno delle accuse lanciate nell’esposto ci sono anche quattro video (di cui solo due acquisiti dagli inquirenti), ripresi con il cellulare del figlio della compagna di Fameli al momento di lasciare la casa, che testimonierebbero come il quadro di Cristo in questione fosse già stato spostato prima che venissero messi i sigilli nel giugno del 2012.

Una versione che, infatti, era stata confermata davanti agli inquirenti proprio da Rita Fameli e Juana Clara Socualaya Magino che avevano spiegato che il quadro era stato spostato dalla villa da subito, ovvero quando Fameli aveva traslocato nell’appartamento di via Boccaccio. Dichiarazione che erano costate alle due donne il rinvio a giudizio per favoreggiamento: secondo la Procura infatti avrebbero solo cercato di “scagionare” Antonio Fameli.

Questa mattina gli avvocati Roseo e Gandolfo hanno ribadito la totale buona fede delle due imputate e il giudice, visto che non è emersa con chiarezza la prova che non avessero detto la verità, le ha assolto.

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