Doccia gelata

Albenga, licenziati quattro dipendenti della clinica San Michele: sindacati furiosi

Ferrentino (Cgil): "Giusto martedì scorso avevano incontrato in prefettura l'azienda, che ci aveva dato rassicurazioni"

Albenga - San Michele

Albenga. Una vera e propria doccia fredda, che non fa altro che aggravare una situazione già di per sé piuttosto critica e che scatena la furia dei sindacati. Ieri quattro dipendenti della clinica San Michele di Albenga, tre addette al front-office e una biologa del laboratorio di analisi, si sono viste consegnare dall’azienda le lettere di licenziamento.

Un passo inatteso, come detto, che ha scatenato la reazione indignata dei sindacati: “Siamo furiosi – dice senza mezzi termini il segretario della Fp-Cgil Ciro Ferrentino – Questo soprattutto alla luce dell’incontro dello scorso 7 marzo in prefettura, alla presenza delle sigle sindacali, del sindaco di Albenga Giorgio Cangiano e dell’azienda. In quella sede avevamo iniziato a discutere del futuro dell’azienda in vita del prossimo cambio di gestione delle convenzioni in ambito sanitario (che dal primo aprile non saranno più in capo all’Asl2 savonese ma alla Regione, con conseguente riduzione del 3 per cento del budget a disposizione a livello regionale) e dell’imminente riapertura del reparto di ortopedia dell’ospedale Santa Maria di Misericordia (ora in mano al Policlinico di Monza)”.

“In quella sede – prosegue Ferrentino – noi non avevamo sciolto le riserve, ma avevamo chiesto all’azienda cosa avesse intenzione di fare a seguito della già annunciata riduzione del budget del 3 per cento, che sembra una cifra irrisoria ma che invece non lo è affatto per le aziende più piccole, e soprattutto se il Policlinico di Monza avesse deciso di non attivare la convenzione con la San Michele e magari di gestire in prima persona la riabilitazione dei propri pazienti ortopedici. L’azienda ci ha rassicurato dicendo che ci stava lavorando. Nonostante questa risposta, che ci ha lasciato tutt’altro che soddisfatti, noi abbiamo deciso di attendere la data del primo aprile”.

Altra questione critica riguardava il pagamento degli stipendi arretrati: all’inizio del mese di marzo, infatti, ben 14 dipendenti dovevano ancora ricevere cinque mesi di stipendio, senza contare altro personale con contratti a tempo indeterminato. La situazione, in questo caso, pareva in via di risoluzione: “L’azienda ha versato parte degli arretrati: i dipendenti che dovevano ancora ricevere i loro compensi hanno ricevuto tre delle cinque mensilità mancanti. Restavano ancora da riscuotere i mesi di gennaio e febbraio e la tredicesima di dicembre scorso”.

Insomma, l’azienda in difficoltà che paga parte degli stipendi arretrati, conferma di avere pronto un “piano B” e si dice pronta a trovare nuove soluzioni per garantire l’occupazione. Un contesto che pareva rassicurante. Invece, subito dopo l’incontro in prefettura, i sindacati (e solo i sindacati) hanno ricevuto dalla San Michele una lettera dai contenuti tutt’altro che rassicuranti: “L’azienda si trova nell’improcrastinabile necessità di riorganizzare la propria forza lavoro non essendo più in grado di reggere oltre – si legge nella missiva – nota la situazione di incertezza generata sia dalle vicende legate alla riassegnazione e riapertura del reparto di ortopedia di Albenga sia dalla riorganizzazione che vorrà adottare Alisa. L’azienda vuole cercare di superare questa situazione di incertezza e di estrema criticità facendo in modo che una realtà storica come quella della clinica San Michele di Albenga non venga definitivamente cancellata dal territorio ligure. Stiamo lottando per la nostra sopravvivenza e ancora oggi siamo più che mai intenzionati a fare tutto quanto è in nostro potere per superare questo momento di grave crisi”.

clinica san michele

“Nel 2009 e proprio all’esito di un altro tavolo in prefettura, era stato ‘promesso’ un budget di tre milioni e mezzo e tale cifra era stata considerata ‘imprescindibile presupposto’ per il mantenimento dei livelli occupazionali di allora. L’azienda non ha mai ricevuto commesse per quanto concordato ed è stata costretta ad accontentarsi di un milione e mezzo di euro per ciascuno dei primi due anni (2010 e 2011), circa due milioni e 300 mila euro nei successivi tre (dal 2012 al 2014) e circa due milioni nel 2015 e un milione e mezzo nel 2016. Lo scorso anno l’Asl2 savonese ha ridotto il budget del 70 per cento portandolo a un milione e 110 mila euro annui, ovvero sostanzialmente analogo a quello che era in essere quando la clinica San Michele 2, precedente gestrice, è andata incontro al fallimento”.

“Nel corso degli anni l’azienda ha dovuto sostenere costi indifferibili per l’adeguamento della sua struttura alle numerose prescrizioni che erano state impartite alle gestioni precedenti e ancora recentemente li sta sostenendo per rendere la stessa fruibile in tutte le sue parti, conforme alle normative vigenti e quindi, per avere maggiori chances di ‘sopravvivenza’. Inoltre, i vincoli previsti dal convenzionamento e dall’accreditamento rendono incompatibile lo svolgimento di attività che potrebbero veicolare un numero maggiore di clienti privati. In questo difficilissimo contesto l’azienda nel corso degli anni è stata costretta a fare sempre più ricorso a liberi professionisti e all’esternalizzazione di alcuni servizi. Oggi è costretta a proseguire su questa strada”.

In occasione dell’incontro in prefettura dello scorso 7 marzo, i sindacati avevano chiesto ai vertici della San Michele di essere informati circa ogni decisione dell’azienda. Come ad esempio la “riorganizzazione del laboratorio analisi, del front-office e probabilmente anche della cucina, riducendo la forza lavoro dipendente in detti settori. Inoltre, con riferimento al personale che resterà in forza, è nostra intenzione proporre la stipula di un contratto di prossimità”.

Insomma, a causa di gravi difficoltà economiche dovute ai tagli al budget e ad “adeguamenti obbligatori”, l’azienda si trova nella necessità di tagliare parte del personale, esattamente come avvenuto ieri, e annuncia l’impossibilità di buttarsi nel privato, eventualità vista dai sindacati come un’ancora di salvataggio ultima.

La lettera è datata 7 marzo, lo stesso giorno in cui si è tenuto l’incontro in prefettura in cui l’azienda aveva “rassicurato” i sindacati: “Tutto questo è incomprensibile – dice ancora Ferrentino – Nell’arco di poche ore l’azienda ha detto cose diametralmente opposte rispetto a quelle annunciate nell’incontro in prefettura. Certamente la riduzione di budget ha inciso notevolmente sul bilancio dell’azienda, ma l’organico è già passato da 50 a 14 unità. E ora arrivano anche questi tre licenziamenti”.

I sindacati non hanno intenzione di stare a guardare: “Lunedì prenderò contatti con i colleghi di Cisl e Uil. Tutto questo è inaccettabile e occorre fare qualcosa per tutelare questi lavoratori”.

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