Liguria del gusto

Violette, dolci fiori per antichi golosi. E a Villanova c’è la “raccoglitrice di violette”

"Liguria del gusto e quant'altro" è la rubrica gastronomica di IVG, ogni lunedì e venerdì

violette

“Liguria del gusto e quant’altro” è il titolo di questa nuova rubrica curata da noi, Elisa (alla scrittura) e Stefano (alle ricerche), per raccontare i gusti, i sapori, le ricette e i protagonisti della storia enogastronomica della Liguria. Una rubrica come ce ne sono tante, si potrà obiettare. Vero, ma diversa perché cercheremo di proporre non solo personaggi, locali e ricette di moda ma anche le particolarità, le curiosità, quello che, insomma, nutre non solo il corpo ma anche la mente con frammenti di passato, di cultura materiale, di sapori che si tramandano da generazioni. Pillole di gusto per palati ligustici.

elisa stefano pezzini

Oggi si parla molto di fiori eduli coltivati ad Albenga, petali da mangiare, abbinati ad insalate, pesci, carni. Una novità da gourmet, senza dubbio, ma per chi ama la storia del cibo e dei cibi, si tratta di un ritorno al passato. A Villanova d’Albenga, infatti, sino a qualche decennio fa si coltivavano le violette che in gran parte erano destinate ai laboratori di profumeria di Grasse e, in misura minore, alle confetterie di Savona e Genova che le avrebbero trasformate marmellate, sciroppi e canditi.

Per la preparazione delle “violette candite”, si usano fiori freschi e sani, con petali robusti, preferibilmente raccolti nelle prime ore del mattino tagliando il gambo a circa un centimetro dal fiore. I fiori ben asciutti sono passati in una sospensione di gomma arabica che viene deposta manualmente petalo per petalo, in modo da allargare il fiore. Successivamente, sono spolverati con zucchero semolato. I fiori sono, poi, deposti, distanziati l’uno dall’altro, nelle brillantiere (cassette con doppio fondo di cui quello superiore reticolato, dotato di rubinetto per lo scarico dello sciroppo). Si versa sulle brillantiere il cosiddetto “brillante”, uno sciroppo di zucchero freddo fino a coprire i fiori e si pone la brillantiera in stufa a 30-35°C. Questa fase non è una vera e propria canditura, ma una cristallizzazione o “brillantatura” in quanto i fiori sono ricoperti da un leggero strato di zucchero. Dopo 6 ore, si fa defluire lo sciroppo attraverso il rubinetto ed i fiori vengono asciugati in un luogo tiepido. In Piemonte le violette candite vengono abbinate ai marron glassè.

Ma torniamo a Villanova dove, tra le altre cose, si vuole dedicare un monumento in bronzo alla “raccoglitrice di violette”, la statua in gesso alabastrino regalata dallo scultore Flavio Furlani. La coltivazione di violette cominciò verso la fine del 1800 con delle talee provenienti da Ollioulles-Var, località francese dove alcuni villanovesi si erano stabiliti, apprendendo le tecniche di coltivazione di questa pianta.

donna delle violette villanova d'Albenga

Con le canne palustri si costruivano cannicci distesi su tralicci di legno con un’inclinazione tale da consentire allo stesso tempo protezione dal gelo e un’esposizione ottimale ai raggi del sole. Per via di queste strutture protettive, la raccolta delle violette era difficoltosa e costringeva i raccoglitori a ore di lavoro accovacciati anche sotto la pioggia. Originale il confezionamento in mazzetti: i fiori, un tempo in numero di 24, oggi 20, sono attorniati dalle foglie delle viole stesse lasciando gli steli abbastanza lunghi e legandoli tra loro con filo di cotone.

La raccolta inizia intorno al 20 ottobre e si conclude a fine marzo. Non solo il fiore ma anche la foglia veniva raccolta, in modo da integrare il reddito e sfruttare a pieno l’investimento: le foglie erano esportate a Grasse, in Francia, per l’estrazione dell’essenza utilizzata nella preparazione dei profumi.

Liguria del Gusto è la nuova rubrica gastronomica di IVG, con uscite al lunedì e al venerdì: clicca qui per leggere tutti gli articoli

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