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Legino, il personaggio: Maurizio Recagnorisultati

Il preparatore dei portieri del Legino tramette ai suoi ragazzi le idee, la passione, l'esperienza maturata negli anni in cui ha giocato

Varazze. “Una grande parata è importante quanto un gol, forse anche di più”.

Maurizio Recagno, allenatore dei portieri del Legino, nipote d’arte (lo zio, Beppe, è stato a lungo giocatore della Sampdoria, negli anni ’50/60), inizia così la nostra conversazione sul lungomare dell’affascinante Varazze.

“La parata impossibile, spesso cambia il corso di una partita, la stravolge, la rende irrazionalmente e imprevedibile… il portiere rompe la sua solitudine e si erge a protagonista, non è forse fantastico?”.

Recagno, classe ’72, ha giocato nel Varazze, Celle, Veloce, San Nazario, prima di intraprendere la strada che lo ha portato ad allenare.

“Dopo la classica trafila nel settore giovanile del Varazze, il compianto mister Tanganelli mi ha fatto esordire in prima squadra. Allora, nel suo staff c’era anche Venanzi, che col mister creava una coppia di personaggi unici. Fu lui a darmi una corretta impostazione e a farmi conoscere tanti trucchi del mestiere, che ora cerco di insegnare ai miei ragazzi; era un Varazze ‘doc’, con giocatori del calibro del povero Fulcner, di Benaglia, Ratto, i gemelli Vallerga, Dagnino, Donzelli… tanto per citarne alcuni… quei giocatori in campo riempivano, da soli, le scalinate e la tribuna del mitico Pino Ferro”

Continua Recagno: “Un brutto incidente mi ha costretto, poi, ad interrompere – a soli 30 anni – la mia onesta carriera, ma – nel giro di poco tempo – ho deciso di saltare l’ostacolo, passando dalla parte di chi mi aveva allenato”.

Ho lavorato con tanti tecnici, alcuni di loro li ricordo con piacere, a partire da te e Rocco De Marco e per finire con Fabio Tobia, “el Jefe” (ndr, il comandante) del Legino”.

Il tuo rapporto con i portieri come è?

“Molto intenso, bello, collaborativo direi… cerco di trasmettere loro le mie idee, la passione, l’esperienza maturata in tanti anni di calcio. A volte non è facile, perché tu chiedi il massimo dello sforzo fisico e mentale, alle 20 di sera, a persone che arrivano al campo dopo una giornata di lavoro e allora devi avere la capacità di cercare di ottenere il massimo possibile, facendoli nel contempo divertire, variando gli allenamenti, per non renderli noiosi e/o ripetitivi”.

Come imposti il lavoro?

“Nella prima seduta di allenamento, faccio svolgere esercizi specifici di forza; nella seconda, lavoro sulla tecnica, nell’ultimo giorno di questi micro-cicli, curo le situazioni di palla inattiva”.

Ci vuoi presentare i tuoi ragazzi?

“Davide Capello (ndr, trascorsi in Serie A con la maglia del Cagliari) è l’esperto della compagnia… è il titolare, una sicurezza tra i pali; poi abbiamo l’interessante Niki Stravos (ndr, ha esordito nell’ultimo turno con la Loanesi) ed il giovanissimo (16 anni) Giovanni Costanzo, prodotto della ‘cantera’ leginese (ndr, da lì, spiccò il volo verso il Genoa e altri importanti palcoscenici El Shaarawy)”.

Com’è il tuo rapporto con Fabio Tobia, mister che da anni sta lavorando bene, portando il “Leze” a ottimi livelli di rendimento?

Siamo in perfetta sintonia; lui è molto esigente e chiede sempre informazioni su come lavorano i portieri. E’ un tecnico preparato, che sa motivare, come pochi, i giocatori a disposizione, pretendendo sempre il massimo dell’applicazione e della concentrazione in ogni momento dell’allenamento”.

La figura del direttore sportivo è ricoperta da Mino Damonte, ex allenatore molto conosciuto ed apprezzato in provincia e non solo, per la competenza, la carica umana, e la passione che ha sempre trasmesso.

“Damonte vive e sviluppa il suo incarico con competenza. All’interno dello spogliatoio è molto stimato, appartiene a quella categoria di uomini di sport, che per fortuna esistono ancora”.

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