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Il grido del Wwf: “Il lupo non è il ‘flagello’ degli allevatori”

“Come dimostrano studi scientifici e esperienze sul campo con la prevenzione i danni calano, con gli abbattimenti no”

Lupo

Liguria. Dimostrare che il lupo non è il flagello degli agricoltori e che attraverso adeguate misure di prevenzione e possibile convivere con una specie simbolo che rappresenta un valore naturale e culturale altissimo per l’Italia: è stato questo l’obiettivo della”Fattoria #SosLupo” allestita oggi nella sede nazionale del Wwf Italia a Roma.

Con i cani pastore-maremmani, i recinti elettrificati e con le evidenze scientifiche più recenti l’associazione ambientalista non solo vuole dimostrare che “una convivenza armonica tra lupo e allevatori è possibile ma che in molti casi è già realtà, come testimonia l’allevatore toscano Cristian Mussari (più di 100 capi tra pecore e capre in provincia di Prato) che, grazie ad una speciale razza di cani, il pastore della Sila, da quando ha cominciato la sua attività non ha avuto nessun attacco dai lupi. Agli abbattimenti, una misura antistorica e nociva di cui si parla nel piano di gestione del lupo presentato dal ministero dell’ambiente, esiste un’alternativa in grado di risponde sia alle esigenze di conservazione che alle istanze di conservazione”.

“Il governo francese nel 2000 ha avviato un protocollo d’intervento per rispondere alle pressioni degli allevatori a seguito dell’aumento degli attacchi da lupo al bestiame. Negli ultimi 5 anni il numero di abbattimenti previsti è però andato aumentando arrivando ad oggi a 36 individui l’anno – dice in collegamento Skype il responsabile del programma Alpi del Wwf Francia, Jean-Christophe – Queste misure però si sono rivelate inefficaci e pericolose. Non vi è stato negli ultimi 3 anni alcun decremento di attacchi al bestiame (calcolati in circa 9 mila capi negli ultimi due anni in tutta la Francia), sebbene vi sia stata una riduzione della popolazione stabile di lupo. Inoltre queste misure non sono selettive, vengono applicate senza criteri scientifici e con nessuna distinzione tra le varie zone di presenza del lupo. L’abbattimento di lupi è una minaccia per la popolazione vitale del lupo francese, una specie ancora ‘fragile’ in Francia. L’Italia è ancora in tempo per non ripetere lo stesso errore dalla Francia. Sarebbe assurdo che proprio l’Italia, un paese che ha rappresentato un modello di conservazione di una specie tanto importante esportando attraverso le Alpi dal 1992 i nuclei vitali di lupo, tornasse indietro con misure di abbattimento legale. Bisogna puntare sulla coabitazione rafforzando tutte le misure non cruente di selezione”.

In Francia l’area del Mercantour, nel sud-est del paese, ha visto il passaggio negli ultimi 10 anni di nuclei di lupi provenienti dall’Italia proprio grazie al recupero della specie per la tutela avviata fin dagli anni ’70 anche grazie alle campagne del Wwf. Oggi la popolazione di lupi in Francia è di circa 300 individui con 35 nuclei in 49 zone distinte.

Dopo decenni in cui gli abbattimenti erano accettati come strumento di limitazione dei danni, oggi anche la scienza sta tornando decisa verso la prevenzione. È di questo mese uno speciale della prestigiosa rivista Journal of Mammalogy dedicato alla revisione dei metodi letali e non letali, in cui si evidenzia con chiarezza che i metodi di prevenzione sono molto più efficaci di quelli letali per ridurre i danni causati dai predatori agli allevamenti, in ogni angolo del mondo (Bergstrom 2017), mentre le uccisioni si rivelano inefficaci o addirittura dannose nella maggior parte dei casi.

In Idaho negli Usa, ad esempio, i danni sono 3,5 volte minori in aree protette che adottano mezzi di prevenzione non letale rispetto a dove vengono praticati gli abbattimenti (Stone et al. 2017)
In un caso studio nell’80 per cento dei casi in cui è stata attivata la prevenzione i danni sono calati, mentre dove sono stati applicati gli abbattimenti nel 42 per cento dei casi non hanno ridotto i danni e nel 28 per cento li hanno accresciuti (Treves et al. 2016). Quando le popolazioni di predatori sono stabili e non sottoposte ad abbattimenti, i danni all’allevamento diminuiscono fino al 36 per cento (Imbert et al. 2016; Wallach et al. 2017), mentre in seguito ad abbattimenti selettivi possono aumentare anche del 6 per cento (Wielgus e Peebles 2014). Questi dati confermano studi precedenti (Chapron e Treves 2016) e fanno da contraltare ad esperienze fallimentari di prelievo intraprese ad esempio in Francia e Spagna, in cui non si sono ridotti né i danni né il bracconaggio.

La prevenzione, quindi, è la stella polare rispetto alla quale ci sono già risorse disponibili visto che in 12 Regioni ed una Provincia autonoma (Trento) sono state previste, nella Misura 4 dei rispettivi Psr (Programmi di Sviluppo Rurale) del secondo pilatro della Pac, risorse per investimenti nella prevenzione dei danni da fauna selvatica (con particolare riferimento al Lupo) con una disponibilità di spesa complessiva stimabile in oltre 6 milioni di euro. Le risorse effettive saranno stabilite dalle singole Regioni con la pubblicazione dei bandi relativi all’operazione specifica. Si tratta di risorse che vanno sfruttate fino all’ultimo centesimo e implementate per la convivenza armonica con una specie simbolo che oltre ad essere un pezzo del nostro capitale naturale rappresenta anche un elemento culturale fortissimo della nostra comunità, anche a livello europeo.

Inoltre, sono oggi già disponibili per tutti gli allevatori informazioni dettagliate e precise sugli strumenti e tecniche per la protezione del bestiame con una stima dei costi per i singoli investimenti (recinzioni elettrificate e cani da guardiania) sul valido quanto poco conosciuto sito www.protezionebestiame.it realizzato dal ministero dell’ambiente e Unione Zoologica Italiana in collaborazione con le maggiori associazioni agricole.

Esiste poi un problema di dati, perché quelli sui danni provocati dal lupo sono scarsi e poco integrati. In Emilia Romagna, ad esempio, nel 2012, si sono registrati meno danni da Canidi (lupo, cane e volpe insieme 150 mila euro) che da fagiano (160 mila euro), picchio (240 mila euro), storno (240 mila euro), cinghiale (310 mila euro) e lepre (350 mila euro) (Dati, Regione Emilia-Romagna).

In provincia di Grosseto, uno dei territori con il più alto livello di problematicità la percentuale di capi d’allevamento predati rappresenta lo 0.5 per cento del totale (dati: progetto LIFE MEDWOLF – Regione Toscana-Provincia Grosseto).

Per questa ragione il Wwf Italia rivolge un ulteriore appello al ministero dell’ambiente e alla Conferenza Stato-Regioni affinché “la possibilità di abbattere i lupi venga stralciata dal Piano di Gestione del Lupo in discussione. Tornare indietro di 40 anni nelle modalità di conservazione di questa specie simbolo non solo sarebbe una sconfitta naturale e culturale ma non farebbe altro che aggravare i problemi che si dice di voler affrontare”.

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