Savona. Quattro anni e nove mesi di reclusione per tentato omicidio. E’ la richiesta di condanna avanzata questa mattina dal pm Cristiana Buttiglione nei confronti del savonese Christian Odetti che, il 23 luglio del 2013, era finito in manette dopo una lite tra automobilisti degenerata in aggressione in via Genova a Savona.
Questa mattina, in aula, ha preso la parola anche il legale dell’imputato, l’avvocato Marco Ballabio, che ha chiesto l’assoluzione del suo assistito sostenendo che non sussistano i presupposti per contestare il tentato omicidio. Il difensore ha chiesto al Collegio del tribunale di derubricare il reato in lesioni personali e, di conseguenza, di assolvere Odetti per legittima difesa o, in alternativa, di considerare il criterio dell’eccesso colposo di legittima difesa con l’attenuante della provocazione. Ogni decisione è stata rinviata a febbraio quando ci saranno le repliche e il verdetto dei giudici.
Parte lesa nel procedimento è un trentenne albanese, Alfred B., assistito dall’avvocato Alessio Di Blasio, che quel giorno era stato colpito con un coltellino multiuso. Il ferito aveva denunciato di essere stato aggredito, ma alle sue parole erano state seccamente smentite dall’arrestato che aveva fornito una versione ben diversa dell’accaduto.
Secondo quanto accertato dagli inquirenti, la lite tra i due era scoppiata per un diverbio stradale e poi la situazione sarebbe degenerata. L’albanese, finito in ospedale con alcune ferite da taglio nella zona della spalla destra, aveva appunto raccontato ai poliziotti di essere stato brutalmente aggredito e colpito da Odetti, il quale però, già davanti al gip, aveva raccontato lo svolgimento dei fatti in maniera ben diversa. L’indagato aveva spiegato di aver agito per difesa tanto che aveva presentato una dettagliata denuncia nella quale descriveva quanto successo dal suo punto di vista.
Un racconto attraverso il quale Odetti – ovviamente secondo la sua versione – spiegava come l’albanese l’avesse letteralmente perseguitato ed inseguito fino a mettergli le mani addosso. Il giovane aveva confermato che la lite era iniziata in corso Mazzini: “L’auto che avevo dietro, una Bmw, ha iniziato a lampeggiarmi e suonarmi. Poco dopo, quando ero fermo al semaforo, mi ha affiancato e il ragazzo alla guida mi ha insultato dicendomi di svegliarmi se no ci avrebbe pensato lui. Io ho risposto dicendo di lasciarmi in pace, lui ha fatto il gesto di scendere dalla vettura, ma poi è scattato il verde e sono ripartito” aveva raccontato.
Da quel momento, sempre secondo Odetti, Alfred B. l’avrebbe seguito fino al parcheggio sopra l’ospedale San Paolo dove l’italiano si era visto costretto a fermare la sua Ford Fusion perché la Bmw gli avrebbe tagliato la strada. Da lì si sarebbe scatenata la violenza da parte dell’albanese: “Mi ha colpito con pugni a raffica e non voleva saperne di smettere. Poi quando ho cercato di scappare è salito sulla mia auto per togliere il freno a mano. Ho cercato di fermarlo e lui ha continuato a darmi pugni. Io avevo il coltellino multiuso in mano e l’ho punto sulla spalla per farlo desistere”.
Secondo Odetti, nonostante il colpo con la lama, il rivale aveva continuato a picchiarlo. “Tenevo il coltellino nella mano sinistra pur essendo destrorso e nel cercare di allontanarlo l’ho punto una seconda volta, ma senza la volontà di colpirlo”. Nel frattempo la sua Ford, parcheggiata in discesa e senza freno a mano, aveva finito per schiantarsi contro altre vetture ferme in sosta. Per interrompere l’aggressione era stato provvidenziale l’intervento di alcuni residenti che avevano separato i due: Alfred B. era fuggito minacciando l’altro (“prima o poi ti trovo e stavolta ti ammazzo”) per poi presentarsi al Pronto Soccorso per farsi medicare, mentre Odetti aveva allertato le forze dell’ordine.
Secondo la difesa di Odetti, in un primo momento, l’albanese non aveva detto di essere stato ferito durante un’aggressione, salvo poi ritrattare la versione una volta messo alle strette dalla polizia. A quel punto, sentita le versione di Alfred B., ritenuta credibile, i poliziotti avevano deciso di porre in stato di fermo l’italiano.